

Scheda IT-TX-600
- Demoni del nord, I
valutazione (5,6,6) 80%
Può suonare singolare sentir parlare di "esordio" riferendosi a
Boselli affronta l'impresa con le armi che più gli sono congeniali, ossia coralità, ritmo, mistero, azione e cura dei comprimari. Il risultato? Tanto vale dirlo subito: ottimo.
Perché "impresa"? Perché non era facile condensare nell'angusto spazio di 110 pagine una vicenda che desse spazio adeguato, oltre che ai quattro pards (come tradizione impone per i multipli di cento), anche a
la linearità non impedisce alla storia di essere divertente e sorprendente
Ovviamente a qualcosa si doveva rinunciare. La trama è decisamente più lineare della media boselliana ma, lungi dall'essere un difetto, risulta perfettamente bilanciata nella lunghezza di un singolo albo. Soprattutto, la linearità non impedisce alla storia di essere divertente e sorprendente al punto giusto, riuscendo a stupire con una successione di colpi di scena, fino alle ultimissime pagine.
Per il resto, tutto fila liscio. I quattro pards hanno ciascuno il giusto risalto, e se forse il più penalizzato in questo caso risulta essere Brandon, la cui natura di uomo d'azione veste sempre meno agevolmente i galloni di colonnello, lo consideriamo senz'altro un peccato veniale. L'azione abbonda senza essere scontata, dando modo a protagonisti e antagonisti di mostrare di che pasta sono fatti, grazie a scene serrate che ne esaltano le rispettive abilità. Era da tanto che non si vedevano avversari così pittoreschi e inquietanti, capaci di mettere in seria difficoltà i nostri eroi (per propri meriti e non per altrui demeriti, sia chiaro) con il solo ausilio di primitive armi bianche. E non possiamo tacere di un
Coralità, si diceva, come ingrediente essenziale di una storia che, a dispetto dell'angusto spazio a sua disposizione, riesce a essere epica. Poche pennellate sono sufficienti per dar vita a personaggi azzeccati come il già citato dottor Stevenson, i trapper
Trovateci un altro capace di raccontare l'avventura con la stessa efficacia di Giovanni Ticci e forse -forse- riparleremo dei suoi difetti
Rivalità tribali, crudeli riti ancestrali, fortini assediati, agguati nella nebbia, un pizzico di magia e una forte componente drammatica: non si può dire che Boselli si sia risparmiato, ma come sarebbe stato il risultato finale senza l'apporto dei disegni di Giovanni Ticci? L'artista senese rappresenta per noi un autentico rebus. Nonostante l'età non più verde e l'inevitabile decadimento che affligge qualsiasi artista, nessuno escluso, il suo dinamismo, la sua perfetta interpretazione dell'ambiente e dell'azione o, per farla più semplice, la sua splendida capacità di narrare sono ancora intatte e continuano a sorprendere. Grazie anche all'apporto del colore, che riesce a compensare certi eccessi di stilizzazione, specie nei paesaggi, il risultato è una perfetta rappresentazione delle atmosfere cariche ora di brumosa tensione, ora di travolgente azione, sempre perfettamente sintonizzate con la sceneggiatura. E pazienza per qualche rara espressione facciale poco riuscita o per un paio, giusto un paio di prospettive non troppo convincenti. Trovateci un altro capace di raccontare l'avventura con la stessa efficacia di Giovanni Ticci e forse -forse- riparleremo dei suoi difetti, ma sia chiaro che la nostra è un'affermazione spudoratamente retorica!
Il secentesimo numero di Tex va pertanto a collocarsi a buon diritto sul podio dove già risiedono i numeri cento e duecento. A chi assegnare le rispettive medaglie è un compito che volentieri lasciamo ai lettori, con la consapevolezza che, quale che sia la classifica finale, siamo comunque di fronte a tre gran belle storie.
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