Never say (only one) Never
le solite 3 storie inedite e complete
Recensione di O.Tamburis | | nathannever/
Never say (only one) Never
Scheda IT-NN-m7a
- Rivolta a Redsand
valutazione (3,3,3) 43%
Scheda IT-NN-m7b
- Yeti!
valutazione (1,2,2) 19%
Scheda IT-NN-m7c
- Profilo criminale
valutazione (4,4,6) 70%
La sensazione di avere a che fare con storie di seconda scelta è, come al solito, immediata e quasi tattile, contemporanea allo stesso atto dacquisto; forse è proprio per questo che nel redazionale si sono messe le classiche mani avanti, dichiarando che le tre storie in questione erano sicuramente destinate in origine a diventare altrettanti numeri mensili, ma che la programmazione di medio/lungo termine, ormai incentrata sullimminente "Guerra dei Mondi", ha reso necessario individuare altri canali di distribuzione per lavori altrimenti di difficile collocazione in edicola. Ad ogni modo, superando il giudizio della prima lettura, penso che ciò sia vero (o almeno verosimile) solo per una delle tre storie, come si renderà maggiormente chiaro in seguito.
Chiediamoci allora (in maniera assolutamente oziosa) quale sia il valore aggiunto che abbiamo ricavato comprando questo Maxi. Di certo, non la copertina di De Angelis (che appunto, tanto per cominciare, ne ha disegnata una sola in luogo di tre), la quale tra laltro ci presenta lennesimo Nathan Never con contorno di Città Ovest, in una posa (sia quella di Nathan che della Città) bolsa quasi in maniera imbarazzante. Lasciando per un attimo da parte il giudizio che può esprimere un lettore di vecchia data, anche nei confronti del mai troppo citato lettore occasionale una copertina del genere non si presenta davvero come una "catchy cover" (tanto per scadere nello slang da azienda), anzi a dirla tutta la pioggia che cade sembra avere come effetto principale quello di annacquare ogni riferimento (anchesso trito e ritrito) a "
All'oziosa ricerca del valore aggiunto del Maxi
Continuiamo quindi, sempre oziosamente, a cercare questo fantomatico valore aggiunto nelle singole storie proposte.La "Rivolta a Redsand" appartiene allampio filone delle storie in cui Nathan agisce sotto copertura, e nello specifico al sottoinsieme delle storie di ambientazione carceraria, presentando però un inizio "in medias res" come elemento distintivo; al di là però di questo, lepisodio presenta poco in termini di originalità, pur concedendosi alcuni passaggi "sofferti", per quanto funzionali alla risoluzione dellintera vicenda.
Rigamonti sta prendendo progressivamente la mano con situazioni e personaggi delluniverso neveriano, attraverso una serie di storie dallimpianto sicuramente robusto, perseguendo soggetti rodati e "sicuri" che, se da un lato mettono alla prova la sua capacità di adeguarsi alle molteplici peculiarità di un background narrativo di respiro oramai ventennale, dallaltro però ne pongono in risalto una certa povertà stilistica in termini di ricerca del nuovo, cosa che invece proprio in autori giovani (per la testata) si richiederebbe soprattutto nelle prime prove. Sui disegni di Resinanti, poi, aleggia un continuo senso di "smarrimento" di alcune tra le sue cifre stilistiche che ne avevano mostrato il potenziale anni addietro (il ricordo va a "La strage", o "La città del vizio"), e che ora sembrano essersi arrese ad una maggiore ricerca di chiarezza nel tratto. Il risultato è, se vogliamo, un tratto più comunicativo, ma certo meno "viscerale" rispetto a prima.
Passiamo oltre. "Nathan vs. labominevole uomo delle nevi" è la classica confutazione di quanto dichiarato in sede di redazionale. Già dal titolo si intuisce che una storia come questa - per di più con quel titolo! - non avrebbe mai potuto vedere la luce nella serie regolare. Dispiace vedere un Casini dalla resa così asimmetrica e incostante, a ben vedere molto simile a quella vista in "Assassinio sul TB 961" sul Maxi n.2 del 2006, tra laltro sempre su testi di Stefano Piani, quasi a pensare che le due storie siano state disegnate nello stesso periodo (è comunque doveroso riportare che Casini ha detto che questa è la sua prima storia disegnata interamente in digitale) .
Senza voler fare (troppe) pulci, ciò che rimane è un soggetto sconclusionato, che presenta diverse incongruenze a livello di sceneggiatura, la quale in generale non riesce a produrre una visione dinsieme dotata di sufficiente coerenza interna (un esempio su tutti: il coinvolgimento e lentrata in scena di Nathan, che costui spiega con un pretesto che verrà poi scoperto, ma senza che venga fornita in seguito una spiegazione più chiara). Relegare lo Yeti allavvilente ruolo di "Mostro nellombra" è uningiustizia non da poco, seconda solo al fatto di averne voluto forzare la presenza in un contesto sì popolato da non pochi esseri sovrannaturali, ma mai in maniera così deludente ed artificiosa. A ciò si aggiunge, ultimo ma non ultimo, una gestione davvero poco equilibrata dei personaggi e delle loro dinamiche di relazione, presentando in più di un caso delle situazioni di "detto/non detto", non si sa se e quanto involontarie, che sortiscono nel lettore un subdolo effetto di confusione, con tanti saluti a Hergè e Tintin.
Fortunatamente la bilancia ha due piatti (o tre, come in questo caso), così che il primo (o i primi due) possa ritrovarsi nuovamente a mezzaria dopo essere rovinato a terra sotto il peso di un giudizio adeguatamente greve. A mezzaria, però, si badi: non è detto quindi che la controparte riesca da sola a riequilibrare il tutto come nelle jpeg da oroscopo. Ecco, se intorno alla metà del mese fosse uscita in edicola la terza storia "a solo", lì il concetto di valore aggiunto avrebbe avuto senso. Se proprio si volesse trovare un difetto marchiano, probabilmente starebbe nel titolo, che così è talmente convenzionale da risultare inadatto. Dimenticandosene, invece, si ha modo di leggere una storia anchessa dallimpianto solido e "rodato", ma con un forte sottotesto misto di malinconia e di inquietudine che smussa eventuali appesantimenti (come potrebbe apparire la riproposizione di alcuni comportamenti di Elias Klein) in favore di una riflessione sul malessere delluomo.
Questo punto, unitamente alla collaborazione tra Nathan ed un comprimario esterno, coinvolto a diverso titolo nella vicenda, richiama storie come "La cognizione del dolore", dove anche il semplice e limitato ricorso alle didascalie di pensiero ricongiunge il lettore con una delle anime più intime dellagente Alfa, ossia quellabisso dei ricordi con il quale egli ingaggia continuamente un gioco di sfida, nellimpossibile speranza che quello distolga per primo lo sguardo. Anche se non lunica, è questa la dimensione di Nathan attraverso la quale gli autori hanno meglio saputo rendere al lettore la sofferta maturazione del personaggio, ad in questo il giovane autore Perniola mostra di aver voluto e saputo osare in quella ricerca del nuovo che, in questo stesso Maxi, è mancata a Rigamonti.
Menzione donore va infine fatta per i disegni di Calcaterra che, anche grazie alle chine di Oskar, hanno saputo proporre al meglio quel senso di "legame" con il passato prima menzionato, vuoi per un "senso di nero" che non era infrequente ai tempi del primo affresco delluniverso neveriano, vuoi per alcune inquadrature dello stesso Nathan che, almeno per chi scrive, continuano fortunatamente ad evocare echi castelliniani, richiamando alla mente in maniera naturale anche quelle basette a punta, tolte le quali il look del personaggio ha perso non poco della sua iniziale caratterizzazione.
Da Dylan Dog a Nathan Never, dunque, attraverso lespediente del Maxi: un risultato editoriale che anche stavolta riesce solo a metà (o meglio, per un terzo), e che offre anche stavolta spago per lamentarci per più di una serie di ragioni.
Sarà anche vero che "chi sa, fa, chi non sa, insegna, e chi non sa neanche insegnare, fa il critico", ma è altrettanto vero che chi sa una cosa, poi sa anche spiegarla. In questo caso, chi sa leggere una storia, perché "vuole" davvero leggerla, oltre la sola dimensione di intrattenimento, non può non rendersi conto della dolorosa discrepanza che una cattiva storia ingenera nel vissuto di un eroe di carta, ed il tentativo di spiegarla è volto a nullaltro se non a lenire il dispiacere per quella impalpabile consapevolezza di aver perso un appuntamento, semplice o importante finchè si vuole, con chi fortunatamente non muore (o almeno non dovrebbe).
"La morte è per gli stupidi" diceva
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