  
Sì, davvero narrazione pulp, molto pulp... e pure fiction,
molto fiction... Con la solita accurata documentazione storica,
Manfredi ci ricorda che nel lontano West, privi come erano della
Bonelli, la lettura devasione più coinvolgente che ci potesse
essere erano le dime novels, novelle pubblicate a fascicoli, su
carta da poco prezzo, con contenuto avventuroso e immaginario ma ispirate
alle figure storiche del west. Ed ecco dunque che Poe scrive, dietro
pseudonimo, le avventure di Shado, rivisitazione di Magico Vento. Si
ispira ovviamente al passato di Ned, solo che quella che crede una
storia finita, in realtà non lo è: alla finzione letteraria di
Poe si accavalla la finzione reale: Titus Paine non
è morto veramente, le cose non sono andate come sembra, la sua morte
fu una messainscena, e cè chi ancora lo cerca per vendicarsi...
Basta questo per capire quale intrigante originalità offra la
trama, che avvince e avvolge i fatti in una nebbia mistificante che solo il
finale dirada. E comunque la finzione è talmente verosimile che Ned
stesso sembra crederci, dato che nellultima battuta si autonomina
Shado...
"La trama avvince per l'intrigante originalità e avvolge i fatti in
una nebbia mistificante che solo il finale dirada."
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La sceneggiatura è molto buona: si alternano il racconto di Poe, la
realtà, il passato di Ned, raccontato da Virgil e
ricordato da Ned stesso. Sarebbe facile perdersi, in questo gioco di
prospettive, in questo accavallarsi dei piani del racconto, ma la struttura
regge in splendido equilibrio formale, e il lettore non può se non
goderne. Anche i brani del racconto di Poe-Short, benché slegati dalla
trama principale, sono coinvolgenti e ricchi di pathos narrativo, come
nella scena del saloon, in cui uno Shado visionario si libera di nemici dal
volto di animale come solo lui sa fare. Epico. Lunica domanda che
resta al lettore è: Shado tornerà?. Come con le
ciliegie: appena finite, subito ne vuoi ancora...
  
Ivo Milazzo non è un disegnatore. Ivo Milazzo è lo sguardo
di Dio sul mondo. Con un tratto estremamente sintetico, che sfocia
nellinformale, egli rappresenta tutto quello che cè da
rappresentare: visi espressivi, che parlano da soli, in una gamma di
sentimenti addirittura esagerata; paesaggi che sono in realtà
ritratti dellanima, in un impressionismo fumettistico che non ha
uguali; inquadrature che mettono in prospettiva luniverso, che
squadrano il mondo, che mettono costantemente la parte in relazione al
tutto, realizzando il paradosso di una prospettiva esaustiva; e,
soprattutto, dettagli, come se fosse il cinema di Sergio Leone, come
se fosse anatomia della visione, come se fosse poesia.

Shado, like a bridge over troubled water..., disegno di Milazzo
(c) 1999 SBE
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Che tecnica. E allora perché non dargli 7, nella valutazione? Chi
siamo noi per negare che questa prova sia perfetta? Già, chi siamo? Si
poteva pure dare, il 7, ma non labbiamo dato per un impressione,
sicuramente soggettiva, e quindi come tale da interpretare: grande tecnica;
troppa tecnica. La prova, che sfiora la perfezione, sembra però
un po fredda, ha forse più mestiere che anima, manca il
desiderio di disegnare col ventre, dalle viscere, come qualcosa che nasce
da dentro. Ci stiamo morsicando le dita per non citare quellaltro
fumetto che Milazzo disegnava così bene, e non vogliamo citarlo per
non rimanere sempre ancorati al passato, per non recitare la solita parte
dei nostalgici inconsolabili; non vogliamo dire che quello sì, che
aveva lanima, anche perché sarebbe fare un torto ad una prova
maiuscola, finanche più convincente delle recenti produzioni di
Milazzo per la Bonelli: Milazzo è grande sempre, sia quando disegna il
Texone che quando si cimenta con Magico Vento. Limpressione
che abbiamo, come di distacco, verrà sicuramente smentita dalle
prossime prove del maestro di Tortona, quando egli stesso avrà preso
più dimestichezza con le tematiche della serie, con il personaggio,
con la scrittura di Manfredi.
  

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Questa è la penultima copertina di Andrea Venturi per Magico
Vento: il disegnatore non ce la fa più. Gli impegni sulla serie
regolare di Tex non gli consentono di svolgere come vorrebbe il
ruolo di copertinista, ed egli stesso ha chiesto più volte di venire
sollevato dal gravoso incarico. Naturalmente si può ben capire come il
disegno di una storia completa possa essere più gratificante di quello
di una copertina, e dunque bisogna comprendere la scelta di Venturi.
Ciononostante, ci mancherà. Questa copertina, nello specifico,
riprende pari pari unimmagine dal fumetto stesso, quindi Venturi
omaggia Milazzo; ma non parliamo di scelta comoda, non proviamo
neanche a pensare che si tratti di una scorciatoia o di chissà quale
impasse creativo: misurarsi con Milazzo è sempre impresa da far
tremare le vene e i polsi... E il risultato è affascinante: questa
è una delle copertine più belle di tutta la serie, nella sua
sinteticità: un Ned spietato, dagli occhi di ghiaccio, abbacinante,
fascinoso. Sì, questa avrebbe dovuto essere la copertina del primo
numero... Assumiamola invece come il lascito di Venturi, testimonianza di
una piena maturazione artistica: la copertina attira, affascina,
incuriosisce. In altre parole, svolge in maniera compiuta il suo ruolo di
luogo anaforico, anticipatore dei contenuti del racconto.
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