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" Shado"

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Un racconto fuori continuity in cui finzione e realtà si mescolano e in cui niente è come appare; Magico Vento, che è un personaggio dei fumetti, diventa personaggio di racconti d’appendice, protagonista di avventure che non si ricorda di aver vissuto, ma che derivano proprio dal suo passato...

Pulp Fiction!
recensione di Robert Short



TESTI
Sog. e Sce. Gianfranco Manfredi    

Sì, davvero narrazione pulp, molto pulp... e pure fiction, molto fiction... Con la solita accurata documentazione storica, Manfredi ci ricorda che nel lontano West, privi come erano della Bonelli, la lettura d’evasione più coinvolgente che ci potesse essere erano le dime novels, novelle pubblicate a fascicoli, su carta da poco prezzo, con contenuto avventuroso e immaginario ma ispirate alle figure storiche del west. Ed ecco dunque che Poe scrive, dietro pseudonimo, le avventure di Shado, rivisitazione di Magico Vento. Si ispira ovviamente al passato di Ned, solo che quella che crede una storia finita, in realtà non lo è: alla finzione letteraria di Poe si accavalla la finzione “reale”: Titus Paine non è morto veramente, le cose non sono andate come sembra, la sua morte fu una messainscena, e c’è chi ancora lo cerca per vendicarsi...

Basta questo per capire quale intrigante originalità offra la trama, che avvince e avvolge i fatti in una nebbia mistificante che solo il finale dirada. E comunque la finzione è talmente verosimile che Ned stesso sembra crederci, dato che nell’ultima battuta si autonomina “Shado”...

"La trama avvince per l'intrigante originalità e avvolge i fatti in una nebbia mistificante che solo il finale dirada."    

La sceneggiatura è molto buona: si alternano il racconto di Poe, la “realtà”, il passato di Ned, raccontato da Virgil e ricordato da Ned stesso. Sarebbe facile perdersi, in questo gioco di prospettive, in questo accavallarsi dei piani del racconto, ma la struttura regge in splendido equilibrio formale, e il lettore non può se non goderne. Anche i brani del racconto di Poe-Short, benché slegati dalla trama principale, sono coinvolgenti e ricchi di pathos narrativo, come nella scena del saloon, in cui uno Shado visionario si libera di nemici dal volto di animale come solo lui sa fare. Epico. L’unica domanda che resta al lettore è: “Shado tornerà?”. Come con le ciliegie: appena finite, subito ne vuoi ancora...



DISEGNI
Ivo Milazzo    

Ivo Milazzo non è un disegnatore. Ivo Milazzo è lo sguardo di Dio sul mondo. Con un tratto estremamente sintetico, che sfocia nell’informale, egli rappresenta tutto quello che c’è da rappresentare: visi espressivi, che parlano da soli, in una gamma di sentimenti addirittura esagerata; paesaggi che sono in realtà ritratti dell’anima, in un impressionismo fumettistico che non ha uguali; inquadrature che mettono in prospettiva l’universo, che squadrano il mondo, che mettono costantemente la parte in relazione al tutto, realizzando il paradosso di una prospettiva esaustiva; e, soprattutto, dettagli, come se fosse il cinema di Sergio Leone, come se fosse anatomia della visione, come se fosse poesia.

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Shado, like a bridge over troubled water..., disegno di Milazzo
(c) 1999 SBE

Che tecnica. E allora perché non dargli 7, nella valutazione? Chi siamo noi per negare che questa prova sia perfetta? Già, chi siamo? Si poteva pure dare, il 7, ma non l’abbiamo dato per un impressione, sicuramente soggettiva, e quindi come tale da interpretare: grande tecnica; troppa tecnica. La prova, che sfiora la perfezione, sembra però un po’ fredda, ha forse più mestiere che anima, manca il desiderio di disegnare col ventre, dalle viscere, come qualcosa che nasce da dentro. Ci stiamo morsicando le dita per non citare quell’altro fumetto che Milazzo disegnava così bene, e non vogliamo citarlo per non rimanere sempre ancorati al passato, per non recitare la solita parte dei nostalgici inconsolabili; non vogliamo dire che quello sì, che aveva l’anima, anche perché sarebbe fare un torto ad una prova maiuscola, finanche più convincente delle recenti produzioni di Milazzo per la Bonelli: Milazzo è grande sempre, sia quando disegna il Texone che quando si cimenta con Magico Vento. L’impressione che abbiamo, come di distacco, verrà sicuramente smentita dalle prossime prove del maestro di Tortona, quando egli stesso avrà preso più dimestichezza con le tematiche della serie, con il personaggio, con la scrittura di Manfredi.


GLOBALE
 

Questa è la penultima copertina di Andrea Venturi per Magico Vento: il disegnatore non ce la fa più. Gli impegni sulla serie regolare di Tex non gli consentono di svolgere come vorrebbe il ruolo di copertinista, ed egli stesso ha chiesto più volte di venire sollevato dal gravoso incarico. Naturalmente si può ben capire come il disegno di una storia completa possa essere più gratificante di quello di una copertina, e dunque bisogna comprendere la scelta di Venturi. Ciononostante, ci mancherà. Questa copertina, nello specifico, riprende pari pari un’immagine dal fumetto stesso, quindi Venturi “omaggia” Milazzo; ma non parliamo di scelta comoda, non proviamo neanche a pensare che si tratti di una scorciatoia o di chissà quale impasse creativo: misurarsi con Milazzo è sempre impresa da far tremare le vene e i polsi... E il risultato è affascinante: questa è una delle copertine più belle di tutta la serie, nella sua sinteticità: un Ned spietato, dagli occhi di ghiaccio, abbacinante, fascinoso. Sì, questa avrebbe dovuto essere la copertina del primo numero... Assumiamola invece come il lascito di Venturi, testimonianza di una piena maturazione artistica: la copertina attira, affascina, incuriosisce. In altre parole, svolge in maniera compiuta il suo ruolo di luogo anaforico, anticipatore dei contenuti del racconto.
 

 


 
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