
La Squadra... - Disegno di Devescovi. (c) 2003 SBE |
La parola, ora, al recensore, cominciando dai punti di forza di questo lavoro. Sicuramente positiva la caratterizzazione dei personaggi, sia dei protagonisti "fissi" (Martin, Java e Diana, anche se quest'ultima ha un semplice cameo...), sia dei comprimari. Tra questi spiccano, a mio parere, il sempre più vivo Erickson e Khelon, il Maestro di Celaphas di quest'anno (il precedente, ricordate?, lo abbiamo conosciuto nel Gigante dello scorso anno). A proposito di quest'ultimo vorrei aggiungere che finalmente abbiamo un villain di ottimo livello (dopo tante scartine comparse ultimamente, specie nella Serie Regolare), cinico e determinato quanto basta per rappresentare un serio pericolo per il Detective dell'Impossibile. Tornando ad Erickson, il personaggio acquista spessore ogni volta che compare e si avvia a diventare una sorta di alter ego in nero di Martin. Un vero avventuriero, ma anche un profondo conoscitore delle tematiche tipiche di MM, un sincero seguace della filosofia originale (quella narrata da Korg in MM G3) degli Uomini in Nero ed, infine, un uomo determinato e, all'occasione, spietato ma in possesso di una solida coscienza morale.
Maya, l'ESPer degli UiN, è sufficientemente mysteriosa, e le perplessità espresse (nel pensiero) da Martin quando si trova ad osservarla non visto anticipano, secondo me, la possibilità di nuovi incontri "chiarificatori", ed il personaggio indubbiamente si presta a nuovi sviluppi. Alessia Zambonin si mantiene coerente con il carattere delineato nei primi incontri tra lei e Mystère, ricevendo ulteriore spessore dal penchant da lei mostrato per Erickson (foriero, forse, di una sua affiliazione agli UiN?..). Molto umani, infine, il suo entusiasmo per l'avventura intrapresa, le sue paure nel corso della stessa e la preoccupazione per Martin, segno di una sincera amicizia. Sul fronte dei cattivi, una menzione merita sicuramente Rossetti, perfetta incarnazione del tirapiedi zelante che non ha capito completamente con cosa, o con chi, ha a che fare.
Altro punto di forza di questa storia è la sua completa e totale coerenza con le tematiche tipiche di MM, per cui abbiamo una corposa componente documentaristico-divulgativa, una avventurosa e una mysteriosa, amalgamate in un contesto il più possibile realistico e contemporaneo. Credo siano queste le caratteristiche più ricercate dagli aficionados del BVZM, ed è importante ritrovarle in tutte le avventure del nostro eroe.
Ed ora le dolenti note... Il disegno è, a mio parere, il punto debole maggiormente evidente in questo lavoro, pur non rappresentandone il maggiore limite. Intendiamoci, Devescovi ha fatto un buon lavoro, abbastanza preciso sui personaggi (un po' troppe variazioni nelle rappresentazioni dei volti...), molto preciso sulle scenografie, comprese le rappresentazioni architettoniche (per le, a volte gravi, imprecisioni vedere la scheda.), ma non ha neanche tentato di sfruttare le possibilità offerte dal peculiare formato del Gigante. In pagine così grandi non avrebbero certo guastato dei "tradimenti" dell'impaginazione "classica" a riquadri in favore di immagini a tutta pagina che avrebbero consentito un impatto visivo certamente maggiore. Devescovi, però, decide di camminare sul sicuro e realizza un prodotto dignitoso ma non certo memorabile, nel quale una grave caduta (quasi un tonfo...) di qualità è rappresentato dai demoni di Khemtar, dall'aspetto talmente inoffensivo da sfiorare il ridicolo e decisamente troppo antropomorfi per essere creature di un'altra dimensione.
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Khelon
Disegno di Devescovi. (c) 2003 SBE
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Si scriveva, sopra, di come uno dei punti di forza di questa storia risiedesse nell'aderenza alla continuity mysteriana... Ebbene, anche se potrà sembrare paradossale, in questo si evidenzia anche un limite di questo albo. Lo sviluppo di queste tematiche risulta qui quasi pedante, ripetitivo e un po' noioso, per raggiungere anche vette di improbailità nella sequenza della fuga dei nostri eroi da Khemtar (è possibile che in mezzo ad una carneficina di tale portata solo loro se la cavino senza danni, neanche uno strappo nella camicia?..). Troppi pericoli scampati per un soffio e troppi inseguimenti a cui si sfugge fortunosamente rendono il prodotto meno valido di quanto avrebbe potuto essere. Martin sembra tornato indietro di venti anni (non anagraficamente... Anzi, l'avanzare della sua età è sempre gradevolmente sottolineato.) e affronta tutta la vicenda da un punto di vista quasi esclusivamente muscolare, riservando alla sola notte in bianco sui testi in latino la dimostrazione del suo status di erudito e ricercatore. I limiti più pesanti della sceneggiatura si mostrano in particolare (spero non se ne abbia a male...) nella parte scritta da Vietti, nella quale qualsiasi traccia di ironia e spessore dei personaggi si rerefà fino a scomparire lasciando spazio soltanto ad una sequenza interminabile di fughe e inseguimenti fino ad un finale decisamente "tirato via" nel quale i nostri protagonisti non affrontano nessuno dei pur notevoli pericoli nei quali si trovano per approdare indenni, quasi come un personaggio di videogame protetto da un cheat di invulnerabilità, al "lieto fine aperto" (nel senso che molti sono gli sviluppi futuri ipotizzabili, a partire dal misterioso affetto mostrato dal Direttore Generale degli Uomini in Nero per Martin...) del ritorno a casa.
In conclusione, insomma, un colpo a salve, che non toglie e non aggiunge nulla alla vita di Martin Mystère (tradendo in parte il da sempre dichiarato intento degli Albi Giganti di "mettere ordine" nelle vicende passate del Detective dell'Impossibile), ma che lascia ai lettori che volessero impegnarsi in riletture ravvicinate nel tempo il dubbio di aver speso dei soldi che avrebbero potuto essere investiti in letture (di fumetti) più meritevoli.