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Ancora un minestrone, ma non lasciamoci ingannare dagli ingredienti: questa volta sono di ottima qualità
Gallina vecchia fa buon brodo
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Anello di congiunzione tra alcune delle tematiche storiche della serie e buona parte delle nuove linee guida della continuity, questa storia si assesta sul crocevia tra tradizione ed innovazione. Non a caso a scriverla è Alessandro Russo, uno sceneggiatore quasi esordiente per quanto riguarda Martin Mystère (finora aveva solo cosceneggiato due storie nei primi anni '90), il cui stile, tuttavia, ricorda da vicino quello di Castelli (sebbene, rispetto al BVZAlfredo, sfrutti assai meno la componente ironica insita nel personaggio di Martin). Tradizione innanzitutto. Russo dimostra di conoscere molto bene l'universo in cui si muove Martin, riuscendo così a scrivere una storia che, pur rimescolando per l'ennesima volta lo stesso mazzo, riesce ugualmente a ottenere risvolti originali e stimolanti. Molte le tematiche e i personaggi che tornano a riaffacciarsi sulle pagine della serie regolare: riecco così apparire gli aforismi e i filosofeggiamenti di Kut Humi, i malefici Antichi e le loro tenebrose litanie, le avventure di Adam e del suo biografo Korg, senza dimenticare gli eterni Uomini in nero. Proprio su questo ultimo punto si innesta la componente di innovazione. Riprendendo le fila di un discorso già accennato negli ultimi 3 anni, Russo esplicita con questa storia la spaccatura dell'organizzazione degli Uomini in nero in due tronconi: da una parte coloro che sono rimasti fedeli allo spirito tradizionale nato ai tempi della caduta di Atlantide, - spirito perfettamente incarnato dalla figura di Erickson, su cui torneremo - dall'altra coloro che hanno invece intrapreso la strada che porta alla valorizzazione del patrimonio di conoscenze a fini puramente personali. Sotto il profilo della sceneggiatura Russo, pur inciampando talvolta in facilonerie evitabili (l'agguato a Martin nelle prime pagine, ad esempio), si dimostra un autore talvolta molto raffinato.
Ci piace infine la sensazione di sconfitta provata da Martin alla fine della storia: personaggio tradizionalmente legato ad una ferrea volontà autoderministica, Martin soffre perchè si sente usato, sia, consapevolmente, dagli Uomini in nero, sia, inconsapevolmente, da Korg. Un Russo insomma davvero bravo, che, pur dovendo comprensibilmente ancora tarare pienamente il proprio stile alle caratteristiche della serie, si rivela un ottimo ricambio per le ormai stanche dita dello zio Alfredo.
Molto bene volti e mimiche, specie per quanto concerne Martin ed Erickson, due personaggi che l'autore sembra padroneggiare con grande autorità. Ma più in generale piace la recitazione di tutto il cast, fatto di comprimari dotati di una precisa e coerente identità grafica. Da segnalare anche una certa duttilità dimostrata nell'adozione di soluzioni di layout non banali: assai bella, ad esempio, pag.32 (sempre nel n.237). Delle tre copertine di Alessandrini, quella che preferiamo è la seconda, di notevole impatto, sebbene Java di fatto non indossi mai la casacca nera nel corso della storia.
Vedere anche la scheda della storia
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