L’urlo di Long Wei lascia interdetta Milano
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Scheda IT-Longw-1
- Drago, Il
valutazione (4,5,6) 72%
Scheda IT-Longw-2
- Ombra, L'
valutazione (4,5,5) 66%
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La narrazione è piacevolmente asciutta, volta a stemperare lelemento noir con situazioni più "leggere"; è però da precisare che la percentuale di ironia, se così vogliamo chiamarla, non va addotta alla location italiana:
Il concetto di "bonellide" è superato, nuove dignità si aggiungono a solide realtà, il tutto all'interno di una continuità, ma stavolta senza rinnovamento, perché è di fumetto italiano che stiamo parlando.
Capitolo grafico
Parlare di due numeri scritti dal medesimo sceneggiatore è un conto, più ostico è mettere sullo stesso piano, o in una medesima trattazione, due tratti necessariamente differenti, con il rischio di cercare di liquidarli entrambi con qualche aggettivo ad effetto, giusto per compiacere le velleità dei due numeri. Per questo principale motivo si ritiene più proficuo concentrarsi sulle soluzioni grafiche da entrambi adottate, al servizio del più generale tono della storia.
Laccento principale va ovviamente posto sulle scene di lotta o scontro, nelle quali Long Wei fa mostra della sua perizia nelle arti marziali, introducendo il lettore a tutta una serie di tecniche che, seppure ricorderanno Kenshiro in più di una vignetta, sono costantemente ricondotte e riconducibili a quanto espresso poc'anzi. Leffetto è inevitabilmente una macerazione della gabbia propriamente detta, in favore di una maggiore plasticità degli spazi che trova una dimensione di profondità maggiore, e si protende verso il lettore con un felice misto di naturalezza e vigore. Da menzionare anche alcuni siparietti, in cui la medesima vignetta viene riprodotta con pochissimi o nulli cambiamenti, e lascia il compito di gestire la velocità dazione allo scambio di battute (o all'assenza delle stesse, come spesse volte è possibile vedere sul Rat-Man di Leo Ortolani).
Interessante è poi la scelta di tagliare in tre strisce orizzontali lintero blocco di due pagine: una soluzione che locchio non percepisce di primo acchito, ma di cui finisce per apprezzare la stereoscopia così indotta, immaginando un susseguirsi di sequenze con lenti movimenti di camera ad abbracciare lintero set in piano americano, prima di zigzagare sui primi piani degli attori. Queste ed altre scelte grafiche testimoniano molto più di altri elementi un ostentato debito nei confronti di un certo genere di cinema (da intendersi più come riferimento a specifici registi, che come omaggio generalista ad una certa tipologia di movies), che gli autori di storie su carta sfidano in genere con risultati altalenanti, ma certo consci di osare per trascendere la pur falsa staticità del medium fumetto. Va sempre ricordato che per far esplodere lintero pianeta può bastare sia una tavola, sia uno sproposito di CGI.
Le conclusioni sono difficili da trarre, anche perché si è solo all'inizio della stagione narrativa. Le premesse sono state ampiamente descritte dal team creativo da molto prima che il numero uno arrivasse in edicola, e finora è innegabile affermare che sono state mantenute. Il giudizio positivo si sostanzia quindi nella sua dignità di progetto complesso e multidimensionale, senza la necessità di fare confronti con chi è venuto prima. Come già detto altrove il concetto di "bonellide" è superato, nuove dignità si aggiungono a solide realtà, il tutto all'interno di una continuità, ma stavolta senza rinnovamento, perché è di fumetto italiano che stiamo parlando, ed in qualunque sua forma è espressione di quell'alto artigianato che non decade pur se commisurato al nume tutelare della cosiddetta alta professionalità.
Long Wey 1-2, testi di Diego Cajelli, disegni di Luca Genovese, Gianluca Maconi, editoriale Aurea, 98 pag., bianco e nero, brossurato, giugno-luglio 2013, 3,00 cad.