Tu Maxi is megl che uan

sald... ehm, incubi di fine inverno per Dylan
Recensione di  |   | dylandog/

Tu Maxi is megl che uan
Maxi Dylan Dog 14

Scheda IT-DD-m14a

Scheda IT-DD-m15b

Scheda IT-DD-m15c

Il "parco auto" in casa Dylan Dog si arricchisce ulteriormente (ed incredibilmente), offrendo un nuovo Maxi, che si pone da contraltare a quello "canonico" estivo e disegnato dall'inossidabile duo Montanari & Grassani.
Come già ampiamente reclamizzato, la peculiarità di questo nuovo balenottero è che le tre storie che lo compongono saranno disegnate di volta in volta da uno dei disegnatori "storici" della testata, e questo aspetto varrebbe a conferirgli l'ambita onoreficenza di "Maxi d'Autore" (ovviamente con il dovuto rispetto per i Montanari & Grassani di cui sopra!).

La prima storia di questo maxi Dylan Dog è un curioso incrocio tra "Cabin Fever", qualche linea di Preacher (nello specifico, in relazione alle origini di Proinsias/Cassidy) e ovviamente il tipico schema de "il mostro della settimana". Spoilerando senza riserve, Dylan si perde nelle Highlands, fa conoscenza con un gruppo di ragazzi che quasi gli sfasciano la macchina, ed insieme a questi apre il classico pentolone mantenuto accuratamente chiuso dalla comunità di indigeni... nello specifico, una ragazza morsa da piccola da un lupo mannaro (forse non americano, di certo non a Londra!) e che ha iniziato manifestare le medesime attitudini, tanto che i parenti sono costretti "in quei giorni" (di luna piena) a rinchiuderla in gabbia per evitare il peggio, ma soprattutto perchè non hanno cuore di ucciderla.

Peccato che il modo di fare di uno dei ragazzi faccia sì che la comunità si chiuda a riccio intorno al proprio segreto, dando così tipicamente l'impressione di essere "i cattivi", ma il cui buon cuore viene alla fine svelato con un proditorio ribaltone finale! Detto questo, poco o nulla più: i testi si trascinano senza mai realmente spiccare il volo, e Dylan appare ingessato ai limiti dell'inorridimento del lettore, anche dal punto di vista grafico... come si suol dire, Roi è bravo ma non va bene per questa storia, alla quale avrebbe giovato un tratto più crudo e terreno, inteso come più calato nella tensione del confronto tra cacciatori e prede (dove finti, dove veri).

Questo primo tentativo di "Maxi d'autore" registra più punti deboli che prove a suo favore

Nella seconda storia, Ruju cerca di instillare degli sprazzi di follia, delle atmosfere allucinate che però alla fine si risolvono con uno spiegone che fa tanto Barbato dei primi tempi, e che lascia il lettore con un "embè?" grande come una casa. Ad un certo punto, forse più per i disegni che per altro, sembra di assistere ad una riproposizione del mitico "L'ultimo uomo sulla Terra" di sclaviana memoria ma, come dicevo, il confronto è assolutamente impari!

Roi cerca di prodursi in atmosfere oniriche, con il ricorso a quelle deformazioni prospettiche tipiche del più ispirato Casertano, ma per l'appunto proprio a quest'ultimo sarebbe stato forse opportuno affidare la storia: l'eccessivo ricorso di Roi al bianco è come se spogliasse ancora di più la storia.

Infine, nella terza storia, Mignacco trasporta Dylan e Groucho nel paese delle fiabe, e forse solo lasciandosi andare ad un sentire fanciullesco la storia acquista crediti, nel senso che la sua mancanza di chissà quali grosse aspirazioni offre un onesto/modesto intrattenimento, che però va colto solo se la si affronta con pensiero leggero, magari per ingannare un tragitto in treno.

Quale giudizio finale è dunque possibile? Sarà l'abitudine a Montanari & Grassani, con il loro tipico tratto così elementare e diretto e la consolante divisione netta tra bianchi e neri, ma questo primo tentativo di "Maxi d'autore" registra più punti deboli che prove a suo favore. Tra l'altro, il fatto che due storie su tre abbiano un'ambientazione praticamente identica sottrae parte di quel senso di "varietà" che ad una pubblicazione del genere viene chiesto quasi come requisito principale, essendo un contenitore su cui si concentrano molte aspettative, e soprattutto pensando al fatto che la quasi totalità dei lettori è portato a leggere le storie tutte di fila.

L'overdose di un fumetto andrebbe soggetta ad educazione da parte del lettore; l'overdose di Dylan è un caso più specifico; l'overdose di un singolo disegnatore su Dylan lo è ancora di più: sono questi tutti paletti che, ad esempio, ed in linea teorica, il Dylan Dog Color Fest cerca di perseguire, privilegiando colorazione ed alternanza di autori. Porre il Maxi come contraltare "negativo" non è sicuro quanto possa giovare alla testata, la quale continua a prodursi in una moltiplicazione di storie ed uscite, aggiungendo autori ad autori, ma rischiando in questo modo di sottrarre valore al personaggio "in toto", suddividendone il potenziale in mille rivoli che non è ben chiaro se, alla fine dei loro diseguali percorsi, giungano perfino allo stesso mare.



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