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" Le Terminatrici"

TESTI
Mauro Boselli
DISEGNI
Majo

Supramonte, 1905

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recensione di Guido Del Duca

Nella recente recensione de 'La carica dei bisonti' (MV 92), Vincenzo Oliva parla della 'difficolt� di essere semplici', relativamente ad un episodio improntato alla linearit� come cifra stilistica principale.
Mi riallaccio a queste considerazioni perch�, leggendo 'Le Terminatrici', ci si rende conto di essere alle prese con una storia dalle caratteristiche diametralmente opposte.

Questo, sia ben chiaro, non � un giudizio di merito, una storia pu� essere bella o brutta a prescindere dalla semplicit� con cui viene raccontata. E' per� un dato di fatto: le sceneggiature boselliane di Dampyr sono perennemente improntate al sommarsi di piani, di personaggi, di vicende (anche quando, come in questo caso, la storia non lo richiede) che finiscono per soffocare la vicenda e diminuire il piacere della lettura.

"Una faida familiare viene raccontata attraverso superstizioni, magie e delitti che attraversano i decenni"    
Lo scopo di Mauro Boselli, enunciato gi� nella rubrica della posta, � quello di raccontare alcune tradizioni dell'antico carnevale sardo, molto pi� grottesco e macabro rispetto ai carnevali che conosciamo, e alla figura delle 'accabbadoras', donne, o forse streghe, che ponevano termine alle sofferenze dei malati. Una storia fuori continuity quindi, utile per mostrare aspetti caratteristici di una terra affascinante e per approfondire i personaggi, anche quelli principali. E all'inizio � proprio cos�. La vicenda si svolge su due piani temporali, e non � una novit�, e scorre in maniera lineare. Tra le pieghe di una sanguinosa faida, fanno capolino tradizioni e superstizioni. C'� la famiglia Sanna, osteggiata dai banditi e vittima di riti magici. C'� una faida conclusasi tragicamente durante il carnevale di Genna, nel 1905. E poi c'� l'ultimo discendente dei Sanna, un antropologo che ai giorni nostri decide di rinverdire le tradizioni. C'� Sophie Mutter che, stanca di aspettare Harlan 'ripiega' su Sanna. Ci sono i volti tipici della Sardegna che popolano le vignette. Poi per� entra in scena quella macchinosit� a cui si accennava all'inizio, lo sceneggiatore lavora per addizione, aggiunge particolari, complica la vicenda e i dialoghi non migliorano la situazione. Nel corso della vicenda i personaggi sono colti quasi unicamente nell'atto di parlare, di scambiarsi informazioni, di spiegare cos'� successo. L'abbondanza di elementi fa s� che niente possa essere approfondito a dovere: non il carattere di Angelo Sanna, n� il rapporto tra Sophie e Harlan, che viene liquidato con le poche battute di Milius. Il tentativo dell'autore di dare alla vicenda un aspetto 'circolare', con il primo carnevale moderno che si ricollega all'ultimo carnevale antico, si arena in un finale lunghissimo, composto da tre momenti distinti che spezzano la tensione e rappresentano la pecca maggiore di questa storia.

La cosa migliore sono invece i disegni di Majo, pressoch� perfetto nel ritrarre la Sardegna attraverso panorami, angoli, volti segnati dal tempo, a volte simili a incisioni, altre volte a fotografie d'epoca. Si nota, rispetto alle prove precedenti, un tentativo di caratterizzare con maggiore personalit� i volti, di enfatizzare le espressioni, di spiegare con pochi tratti la personalit� dei personaggi, supplendo in qualche modo alla sceneggiatura.
Il pregio riconosciuto di Majo � senz'altro quello di riuscire a creare un'atmosfera inconfondibile, con una estrema continuit� a cui va aggiunta, con questo albo, la capacit� di interpretare la storia anche al di l� del testo (si veda, ad esempio, la rappresentazione 'inquieta' di Sophie Mutter, che dice molto di pi� delle parole).

(100k)
Supramonte, 1905
disegni di Majo (c) 2005 SBE

'Le Terminatrici si inserisce in quel filone di storie dal soggetto affascinante e ricco, che per� rischia perennemente di trasformarsi in una sorta di trattato di etnologia. E purtroppo la bellezza di un fumetto non si pu� misurare dalla quantit� di informazioni che contiene o dal lavoro di ricerca (sicuramente corposo) che ha alle spalle.

Ancora una volta, la copertina di Enea Riboldi si segnala per una buona idea sviluppata in maniera poco riuscita. Il Bathileios sortisce il suo effetto, riesce ad attirare l'attenzione, ma la colorazione troppo accesa, la luminosit� 'artificiale' e la mancanza di profondit� della scena rendono il risultato finale piuttosto deludente.

Vedi anche la scheda della storia.
 

 


 
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