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Continuano le crisi esistenziali dell'Indagatore dell'incubo.
� la recherche de Dylan Dog
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Questa storia � molto interessante sul piano metanarrativo ma piuttosto debole a livello di
ritmo. Il tema centrale, caro a Paola Barbato, � quello della crisi di identit�;
la
struttura � identica ad un paio di albi di Dylan Dog molto recenti, della stessa autrice: "Il pifferaio magico" (n.210) e "La scelta" (Speciale 18). Tra l'interessante premessa ed il finale, la narrazione si riduce ad una stressante
coazione a ripetere che, svelato il proprio meccanismo, si rivela tanto pi� fiacca quanto sono numerose le pagine. Chiude l'albo la potente apparizione di Xabaras,
punto limite del "sogno" e chiave di volta narrativa. Ne "Il senza nome" Dylan si spoglia della propria identit�, cominciando una serie di lavori che si rivelano tutti, curiosamente, border line: mestieri che pirandellianamente danno sul nulla (l'attore e il bibliotecario), l'emissario della Morte (le sartine), il traghettatore di anime (dog-sitter e taxista) e il martire (il critico, l'unico che riesce a vedere). Alla fine ritorna punto e daccapo perch� non si pu� "sfuggire a se stessi" e bisogna tornare in edicola. Per usare una metafora, tra gli innumerevoli pezzi musicali che si possono suonare con un clarinetto, Dylan � in grado di riprodurre solo il "Trillo del diavolo" di Tartini.
Nel complesso una storia positiva: i dialoghi sono brillanti e qualche situazione � interessante. In particolar modo, si lascia segnalare la scena in cui Dylan spoglia il proprio appartamento dai mobili/suo passato: scopriamo la Trelkovski e Lord Wells, venuti ad aiutarlo, mentre lui (che sa gi� della loro presenza) si muove tra le stanze.
Ci� che � certo � che la brava Paola Barbato (e recentemente anche Tito Faraci nel n.217) si divertono a raccontarci un indagatore dell'incubo in crisi esistenziale: Dylan "rifiuta la sua vita", "diventa un altro", alla fine "ritorna nel personaggio". Cosa rester� di questo momento esistenziale? E' il segno di un progetto? Un semplice divertissement? Xabaras e la continuity dylandoghiana non sembrano ora pi� utilizzabili di quanto non lo fossero diversi anni fa: il tutto resta, praticamente, giusto un maestoso garbuglio psicanalitico. Il personaggio feticcio di Sclavi acquisisce una propria unitariet� nei ricordi grazie a Paola Barbato, per poi potersela di nuovo dimenticare (con Sclavi) o ricordarsela sempre (di nuovo con la Barbato); continua a non avere un'infanzia, a mentire a se stesso distinguendo Xabaras dal suo idealizzato padre e cose cos�. Giancarlo Alessandrini sfrutta bene il formato del Gigante e dimostra grande abilit� a tratteggiare i comprimari della serie, disegnando bellissimi primi piani (Bloch pag.25, Madame Trelkovski pag.26 e Wells a pag.27). Meno definita la fisionomia di Dylan Dog. Non gli assegnamo il massimo assoluto a causa di qualche incoerenza come l'aspetto di Wells, a pag.164 molto diverso da quello a pag.27; a pag.201 e 202 Dylan non convince. Bravissimo Angelo Stano: una copertina molto lucida, un disegno suggestivo che raccoglie uno degli episodi pi� simpatici della storia. Una lamentela accessoria: le copertine dei giganti raccolgono purtroppo molte ditate! ;-)
Per concludere: l'originalit� di fondo di Dylan viene ancora una volta
sottolineata da questa storia, piacevole ma non ottima.
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