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Il nostro indagatore del piffero ci ha rubato gli incubi!
"C'era una volta . . . "
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Paola Barbato si dimostra sempre pi� padrona della testata e dei suoi personaggi, ma soprattutto conferma le sue eccellenti doti di affabulatrice. La storia che crea non ha bisogno di scene horror splatter per inchiodare il lettore, anzi, procede in maniera quasi poetica e surreale, lasciando inquieti per due, sostanziali motivi. Il primo � dato dalla misteriosa figura che terrorizza Hamlin e che finisce per spaventare anche il lettore. Ed � con gradevole sorpresa che scopriamo la sua identit�, quel Xabaras apparso fugacemente per l'ultima volta nel n.200 e che potrebbe essere in procinto di tornare in azione.
Se la Barbato � diventata ormai la legittima erede del grande Sclavi, allora � possibile che quest'albo ponga le prime basi per un prossimo ritorno di Xabaras. Ma anche se fosse solo una semplice comparsata, in ogni caso l'apparizione di una figura cos� importante e decisiva non pu� che far piacere. Il secondo motivo che rende la storia inquietante � la possibilit� che Polly possa evocare di tutto, come istericamente ci ricorda Hamlin. E la Barbato � abile nel gestire le evocazioni, che ci sembrano scontate quando appaiono i ragni, ci sorprendono con le ombre, e ci rendono sempre pi� potenti e smaliziati, noi lettori insieme a Polly, che matura pian piano durante la vicenda. Il dominio delle Arpie, ma soprattutto quello di Hamlin rivelano tutta la potenza maligna del piffero, che viene per� bilanciata dal casuale furto degli incubi compiuto da Dylan. L'albo � un crescendo, che alterna scelte negative e positive di tono sempre pi� alto, per concludersi con l'onnipotenza pura: il dominio dei morti di Xabaras.
Le tinte cupe, ma quasi farsesche, della storia sono accompagnate da brevi incipit di fiabe: la fiaba � il regno del fantastico, dell'incertezza di un racconto in bilico tra l'onirico e il soprannaturale (Todorov docet), e l'albo si sviluppa come una sorta di fiaba nella fiaba, una serie di scatole cinesi che si incastrano perfettamente e si richiamano l'un l'altra. Sembra quasi che un narratore ulteriore stia raccontando la fiaba di Dylan, e con un pizzico di fantasia in pi�, potremmo pensare che qualcuno stia leggendo di noi mentre leggiamo di Dylan, in una specie di Storia infinita a fumetti.
La Barbato, di fatto, cambia in parte i ruoli, si diverte a trasformare Dylan a suo piacimento, propone un Groucho atipico, non inserisce Bloch, per� gioca con personaggi storici come Hamlin e Xabaras, e ironizza sul Dylan tombeur de femmes con una battuta sulla fredda bibliotecaria.
Piccatto realizza un ottimo lavoro: riesce a rendere estremamente espressivi tutti i volti, da un cinico Dylan ad un terrorizzato Hamlin, ma soprattutto riesce a trasportare il lettore all'interno del mondo della fiaba, sia nel nostro universo, sia (e soprattutto) nell'astruso mondo delle Arpie. Con un tratto ricco e preciso crea una Londra vitale e realistica, nella quale � facile addentrarsi per inseguire Polly: splendida, ad esempio, � la sequenze della fuga delle ombre. E con lo stesso tratto rapido e suggestivo d� vita alle tavole (poche, peccato!) che pi� affascinano, quelle dell'altra dimensione, dove la tempesta e i volti grifagni delle Arpie inquietano e seducono il lettore.
La cosa peggiore dell'albo �, purtroppo, la copertina di Angelo Stano, che presenta uno stuolo di morti viventi che non hanno nessuna relazione effettiva (se non nel finale) con il tono fiabesco della storia.
Complessivamente, un'ottima storia, che conferma le capacit� della Barbato e regala un Dylan leggermento diverso dai consueti canoni.
Vedere anche la scheda della storia
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