La morte del Maestro Vathek o dell'uomo Vathek?

la fine di uno dei più insidiosi avversari di Harlan
Recensione di C.A.Rossi |   | dampyr/

La morte del Maestro Vathek o dell'uomo Vathek?
Dampyr 88-90

La morte del Maestro Vathek o dell'uomo Vathek?

Scheda IT-DP-88-90

Non è certo facile riassumere in qualche riga quella che è, fino ad oggi, la storia più lunga di Dampyr. Se si volesse considerare solo l'epilogo, questa storia mette la parola fine su uno dei Maestri della Notte più insidiosi che Harlan abbia affrontato, Vathek.
Ma sarebbe un pò riduttivo, e non terrebbe conto di tutti gli aspetti anche psicologici della storia. Una saga, quella di Vathek come Emiro Immortale, emulo fumettistico del ben più noto Califfo Vathek di Beckford, che relega Harlan, Tesla e Kurjak ad un ruolo di comprimari, a cui si aggiungono bene o male quasi tutti i coprotagonisti umani, l'archeologo Matthew Shady, la bella Samantha King, con qualche eccezione, come lo sfortunato ma coraggioso e tenace Prof. Lagu o il vecchio combattente di stampo greeniano (nel senso di Graham Greene) John Cameron: la verità è che questa storia vede Vathek e i suoi non-morti come grandiosi protagonisti.

Una degna uscita di scena

È inutile negarlo: forse conscio di uccidere uno dei Maestri più carismatici e a cui forse si è più legato, Boselli ha voluto regalare a Vathek un'uscita degna di lui. Il colpo di scena di collegare lo spietato guerrafondaio Vathek dei precedenti albi a un personaggio dotato di un'aura romantica come l'Emiro Immortale è certamente interessante, e contribuisce anche a creare intorno a lui un retroterra che lo ha caratterizzato molto più in profondità: al di là di questo, Boselli ha regalato con questo espediente una certa quale umanità a Vathek.

Visioni del Paradiso
disegni di Stefano Andreucci

(c) 2007 SBE

Visioni del Paradiso<br>disegni di Stefano Andreucci<br><i>(c) 2007 SBE</i>
Finora, infatti, sembrava fare parte di quei Maestri che relegano ai loro servi umani e non-morti tutti i compiti spiacevoli, mostrandosi solo quando è necessario. Anche se forse vale la pena ricordare che, diversamente da altri, Vathek ha sempre affrontato Harlan di persona. Ma un dettaglio a volte marginale che permette di cogliere l'umanità di un Maestro, se si può ovviamente parlare di umanità, è il rapporto che lo lega ai suoi non-morti. In questi tre albi, Vathek dimostra un sentimento che si avvicina all'amore per due donne, la bella regina Nawidemak e Charmaine Kirby. Ciò che anima Vathek alla ricerca dello scontro con Harlan non è mero opportunismo, ma odio perchè Harlan gli ha tolto ciò che gli era a suo modo caro. Ancora più emblematico è lo strano rapporto che lo lega a Morlok, un personaggio dall'apparenza insignificante, ma a cui Vathek dimostra qualcosa che molto si avvicina all'amicizia; non a caso, lo stesso Morlok nota come più di una volta, nel corso della vicenda, Vathek lo chiami proprio “amico”. E ancora Morlok stesso si chiede se questo non sia segno di una debolezza nel grande conquistatore che lui sinceramente ammira.
E infatti questo sembra il grande tema di questi tre ottimi albi: l'umanità che Vathek sembra aver assorbito da millenni di contatto con gli uomini, è proprio quella che alla fine lo condanna. L'umanità del suo sentimento di odio profondo verso Harlan, derivata dall'amore per due donne, è ciò che sembra ineluttabilmente spingerlo a cercare la fine.
Vathek è sempre stato diverso da molti suoi "colleghi"...capace a modo suo di rispettare i suoi non-morti, non un'accozzaglia di carogne, ma soldati con un senso dell'onore.
Vathek è sempre stato diverso da molti suoi "colleghi": crudele, ambizioso, arrogante, ma capace a modo suo di rispettare i suoi non-morti, non un'accozzaglia di carogne, ma soldati con un senso dell'onore. Soldati che lo rispettano prima di tutto perchè sceglie di combattere con loro come una guida dal profondo carisma, si vedano ad esempio le motivazioni che adduce Morlok alla domanda di Vathek se egli sarebbe felice di perdere il suo Maestro e padrone. O anche, già visto in tutte le storie in cui era già comparso Vathek, il suo amore per la musica degli anni '20-'30, qui filtrata attraverso Edith Piaf e Carlos Gardel.

Alla fine della fiera, proprio per la magnificenza della figura di Vathek, Harlan e gli altri perdono spessore: a parte Tesla, che ha modo di percorrere una strada interessante incontrando il perplesso Prof. Lagu, e anche un mostro dalla genesi piuttosto curiosa, gli altri si limitano a sparare quando ne hanno la possibilità, senza mostrare nulla di particolare.

Personaggi sul viale del tramonto

In mezzo ad una selva di personaggi umani piuttosto piatti, il soldato in pensione John Cameron la fa da leone: un personaggio che sembra uscito da un romanzo di Graham Greene, come "Il nocciolo della questione". Un relitto di un'altra epoca, perfetto esempio delle reliquie del colonialismo, ma con un suo senso dell'onore e una sua simpatia: anche lui destinato a morire come Vathek, un Maestro vecchio stile, al confronto con la malvagità subdola di un Lord Marsden.
E non è certo una caso che a morire siano loro due: e.g. Vathek non smette di rimpiangere il mondo di una volta, lamentandosi della bruttezza della musica odierna al confronto con la sua musica amata, un segno del fatto che persino l'immortale non riesce a stare al passo con i tempi che non capisce.

Malgrado la consistente parte di azione, peraltro ben costruita, come sempre in Dampyr, la storia si concentra di più su personaggi sul viale del tramonto
Ecco, malgrado la consistente parte di azione, peraltro ben costruita, come sempre in Dampyr, la storia si concentra di più su personaggi sul viale del tramonto: a ben pensare, da quanti albi ad Harlan e soci non capitava di dover affrontare un Maestro in una caccia così serrata, in cui hanno dovuto combattere contro assatanati predoni Janjaweed, regine millenarie e mostri quasi immortali? In generale, una storia “old style”, dal sapore delle battaglie fra crociati e mussulmani, fra i nazionalisti arabi guidati dal Colonnello Lawrence e i turchi, delle colonie della vecchia Europa prima della Seconda Guerra Mondiale: una storia ben congegnata, e con una sceenggiatura all'altezza del compito, in cui l'azione è ben alternata con dei lunghi flashback sui trascorsi di Vathek e sul suo rapporto con i suoi servi e con dei momenti di tregua (ma non di pace) in cui i due eserciti si leccano le ferite in attesa dello scontro finale.

E come dimenticare, infine, il fascino di quell'Africa quasi orientale, da Mille e una Notte, a cui fa da epitome la fantastica, ma illusoria, oasi di Zerzura, dimora dell'Emiro Immortale, e la scelta di Vathek di mostrarsi nel finale come il leggendario uccello gigantesco delle storie di Sindbad, il mostruoso Roc?

L'oasi perduta
disegni di Stefano Andreucci

(c) 2007 SBE

L'oasi perduta<br>disegni di Stefano Andreucci<br><i>(c) 2007 SBE</i>
Per tirare le somme, un'ottima storia, diluita in tre albi, certo non leggera, ma che non perde mai fascino, ricca com'è di sfaccettature di ogni genere. E da ultimo, un plauso anche alle parole chiare con cui l'autore condanna quell'amore un po’ ipocrita verso i fratelli sfortunati africani, che sembra sempre nascondere attraverso uno sguardo benigno quella condiscendenza tipica di un certo colonialismo verso gli africani: condiscendenza che oggi si annida soprattutto fra quei cantanti che vogliono farsi belli di fronte alla massa, sempre attenta a gesti tanto roboanti quanto vuoti, o fra quei politici che, come stigmatizzato da Samatha King (unico, per il momento, guizzo di vitalità di un personaggio che speriamo in un futuro si possa redimere), la percepiscono sempre dalle comodità di un albergo di lusso.
E perchè no, conviene anche ricordare come Vathek non sia del tutto inesperto nelle vicende umane attuali come passate, quando non esita ad usare la religione come strumento per convincere i predoni Janjaweed, auto-proclamatisi eredi del profeta Maometto, a sacrificarsi per lui in una guerra senza speranza contro Harlan, usando quegli artifici tanto tristemente noti per essere anche le motivazioni che spingono oggigiorno terroristi palestinesi, iracheni, libanesi, siriani e quant'altro a immolarsi in vista di un ipotetico paradiso terrestre, come spingeva i combattenti del fantastico Emiro Immortale, ma anche di storici condottieri cristiani e musulmani nel Medioevo.

Qualche parola sui disegni: Stefano Andreucci non ha certo bisogno di presentazioni, e con questi tre albi si dimostra come uno dei migliori fra i disegnatori di Dampyr. Non c'è nulla da eccepire sul suo colossale lavoro. Le ambientazioni e i paesaggi sono realistici e ben costruiti; regala soprattutto a Vathek una grande caratterizzazione grafica, cosi' come alla bella Nawidemak e al mostruoso Apedemak, senza dimenticare lo splendore di Zerzura e la grandezza del Roc. In definitiva, un plauso a Boselli per una splendida epopea, un giusto epitaffio al grandioso Vathek, e ad Andreucci per averla resa con la dovuta magnificenza.

La sovrana dei Regni Neri, La pattuglia del deserto, L'oasi perduta. Dampyr n.88,89,90, Sergio Bonelli Editore, 294 pagg, brossurato b/n, luglio, agosto, settemre 2007

Vedere anche...

Scheda IT-DP-88-90