Natura morta con pistole
l'esordio di Jan Dix non lascia il segno
Recensione di G.Del Duca | | bonelli/


Natura morta con pistole
Scheda IT-JNDX-1
- Morte di un pittore
valutazione (2,2,3) 30%
Invece è un numero 1 a tutti gli effetti, e questo caos (non si sa quanto voluto) non aiuta. Anche se il caos è uno dei temi della storia, non riuscire a capire cosa aspettarsi dai personaggi e in generale dalla serie non è un buon segno. Eppure è quello che accade.
Quello che Dix non è
Per spiegare cosa è questo primo numero di Jan Dix, occorre procedere per sottrazione, e spiegare prima quello che non è.Non è un giallo o un poliziesco, perché pur parlando di un mistero e di un delitto l'aspetto investigativo rimane sullo sfondo, e lo svelamento della verità non è l'aspetto chiave della vicenda.
L'ambientazione nel mondo dell'arte è, a giudicare dal primo numero, piuttosto pretestuosa, nel senso che la professione del protagonista (consulente e collezionista d'arte, anche se con contorni piuttosto vaghi) non è essenziale ai fini dello svolgimento della storia. E al di là dello spunto di partenza, lo stesso mondo dell'arte è tutt'altro che centrale nella vicenda, e sarebbe perfettamente sostituibile con un altro contesto. Una scelta che desta qualche perplessità, soprattutto in un momento in cui letteratura e cinema - sull'onda del successo de
Gli aspetti filosofici, che a volte in Napoleone (soprattutto grazie al riuscito personaggio del
L'approfondimento psicologico è un altro tasto dolente: i personaggi del "caso di puntata" sono tutti degli stereotipi, e nonostante il cospicuo numero di pagine a disposizione il loro sviluppo è pressochè nullo. Le cose non vanno molto meglio per i protagonisti della serie, per cui occorrerà un discorso a parte.
Le sequenze del sogno di Dix sono senza dubbio l'elemento di maggiore interesse di questa storia, e la speranza è quella di vederle sviluppate adeguatamente in futuroInfine, anche l'aspetto onirico e metafisico è marginale. Le sequenze del sogno di Dix, che aprono e intervallano l'albo, sono senza dubbio la parte più riuscita e l'elemento di maggiore interesse di questa storia, e la speranza è quella di vederle sviluppate adeguatamente in futuro.
Purtroppo, nella soluzione dell'enigma viene ripetutamente sgombrato il campo da ogni possibile spiegazione soprannaturale, che pure avrebbe fornito una chiave di lettura intrigante, anche non originalissima, e avrebbe conferito maggior interesse alla storia.
E non basta certo aver inserito personaggi grotteschi ma assolutamente fini a se stessi (il Barone nano, il collezionista avido dai tratti lombrosiani o il fantasma di Vermeer) per conferire fascino alla storia
Un po' di tutto, un po' di niente
Quel che rimane è una storia imperfetta, ma non come un dipinto grezzo di cui bisogna indovinare la bellezza senza rifarsi ai canoni consueti, quanto come una tela su cui l'artista ha provato diverse soluzioni senza avere bene idea di dove andare a parare.
Da un soggetto confusamente interessante seppur non originale - un falsario che riproduce così perfettamente Vermeer da poter essere una sua reincarnazione, e che dà involontariamente il via a un piano criminoso - si poteva trarre infatti una storia di ben altra caratura, a patto di scegliere con chiarezza una strada e una chiave di lettura, e andare fino in fondo. Proprio quello che non è stato fatto.
Oltre alle perplessità sul modo in cui la vicenda viene imbastita, e sul senso e sul messaggio che voleva comunicare, ciò che colpisce maggiormente sono i problemi di ritmo della sceneggiatura. L'alternarsi di piani temporali è più un virtuosismo che non una necessità narrativa, e lo spazio che poteva essere utilmente impiegato per l'approfondimento dei personaggi viene invece impiegato in lungaggini che uccidono il ritmo della storia.
Ambrosini dimostra notevoli difficoltà soprattutto nel gestire il numero di pagine, 132 invece delle consuete 98. La vicenda vera e propria si conclude a pagina 100, la spiegazione si protrae fino a pagina 117 (anche in questo caso, non per necessità narrative), e le 13 pagine finali sono un mero riempitivo che creano l'aspettativa, puntualmente vanificata, che stia per succedere qualcosa che rovesci completamente la (deludente) conclusione della vicenda.
Napoleone, ovvero si stava meglio quando si stava peggio
Il paragone con Napoleone è inevitabile. Verrebbe da dire che Jan Dix assomiglia a Napoleone nel modo sbagliatoE' inevitabile fare paragoni con Napoleone, visto che l'autore e buona parte dello staff provengono da quella testata. Jan Dix assomiglia a Napoleone? Sì e no, e verrebbe da dire che gli assomiglia nel modo sbagliato..
Questo primo numero riprende infatti senza troppe variazioni il canovaccio che ha caratterizzato la gran parte della produzione più recente di Napoleone, con la trama poliziesca che si sviluppa su una struttura noir dai contorni piuttosto rigidi.
Anche gli altri personaggi sembrano ricalcare i protagonisti di Napoleone, ma ne sono copie sbiadite. Ovviamente un solo albo non può bastare per comprendere tutti i protagonisti, ma è sufficiente per dire che, in questo caso, la loro funzione è superflua quando non fastidiosa proprio per il voler ricreare un clima, quello "napoleonico", che qui è fuori luogo.
Il giudice
La "corte dei miracoli" dei giudice Hillman è infine una sorta di replica del mondo degli spiritelli di Napoleone. Sorvolando sull'uso non proprio brillante che ne viene fatto in questo primo numero, è evidente che ciò che rappresentava un'idea eccellente in un certo contesto non è garanzia di successo in altre circostanze.
"Morte di un pittore", Jan Dix n.1, testi e disegni di Carlo Ambrosini, 132 pg. b/n, brossurato, Sergio Bonelli Editore, bimestrale, in edicola da maggio 2008, 3,5
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