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Un ricordo di Franco Donatelli, disegnatore di Zagor, le cui ultime due storie saranno pubblicate sul prossimo Maxi Zagor n.3.
Franco Donatelli è sepolto nella foresta di Darkwood. Per chi ha letto e amato per anni e anni le sue storie di Zagor, era là che lui viveva, fra gli indiani pittoreschi che era bravissimo a caratterizzare e le cittadine di frontiera che popolava di personaggi vividi e credibili pur se accennati con pochi tratti, gli essenziali. E poiché Darkwood è un regno incantato dai mille volti, dove tutto può accadere e ogni possibile scenario dell'avventura è sempre a disposizione, la sua foresta era diversa da quella di Ferri, che pure l'aveva creata. Acquitrinosa, piena di liane e di vegetazione intricata quella del disegnatore ligure, più asciutta e rocciosa, e con meno alberi, pronta a trasformarsi in montagna e deserto quella di Donatelli. Allo stesso modo, diversa era la sua interpretazione di Zagor, e a ben pensarci singolarmente diversa. Sì, perché mentre il problema di tutti i disegnatori che si sono cimentati e si cimentano con l'atletica e dinamica figura dello Spirito con la Scure è che hanno dovuto fare i conti con il tratto impressionista ferriano, fatto di pennellate rapidi ed efficaci, cercando di adeguarsi a quella impostazione, Donatelli ha trovato invece fin da subito una sua strada personale. C'è un aneddoto, a questo proposito, e lo racconta Mauro Laurenti, oggi disegnatore zagoriano fra i più apprezzati ma anni fa attivo anche nel campo dei cartoni animati: incaricato, insieme a uno staff di animatori, di realizzare un filmato pilota per una serie di cartoon con Zagor protagonista (di cui furono realizzati spezzoni di pochi secondi e che poi non videro mai la luce), Laurenti e chi lavorava con lui si trovarono di fronte al problema di raffigurare lo Spirito con la Scure in maniera univoca. Cioè, fermare i tratti del suo volto e del suo corpo all'interno di una linea continua, quella che poi l'animazione deve coordinare nei movimenti, ma che non può essere resa con pennellate improvvise, tratteggi modulati, macchie impressioniste di nero e bianco; e soprattutto non può darsi in animazione che un volto non abbia proporzioni costanti e sia costruito secondo schemi precisi che ne consentano la rotazione. Insomma: non si poteva far riferimento a Ferri, grandissimo fumettista ma dotato di una tecnica che non può certo definirsi di "linea chiara". Laurenti e compagni non si persero d'animo: c'era un altro disegnatore zagoriano che poteva offrire loro ciò di cui necessitavano: Franco Donatelli. Il suo Zagor era lì, pronto per fare da modello, pulito e ben definito, con il volto delineato da linee guida costanti ed essenziali. Ed era uno Zagor classico, autorevole, "ufficiale" a tutti gli effetti, non improvvisato, ricostruito o travisato.
Dopo aver esordito sull'Audace con tavole di Furio Almirante, nell'immediato dopoguerra lo troviamo attivo per la Universo, per Nerbini, per la Alpe. Nel 1948 tornò alle Edizioni Audace per disegnare vari episodi della "Pattuglia dei Senza Paura", ma poi pubblicò anche Sitting Bull per Della Casa, Kansas Kid e Burma per Cremona Nova e soprattutto Pecos Bill per la Sepim di Torelli. Per lo stesso editore firmò inoltre le avventure di un insolito supereroe italiano, Radar. In seguito Donatelli tornò a collaborare con Bonelli, come copertinista del Piccolo Ranger: le sue cover per questo personaggio, realizzate con tecnica pittorica, meritano una menzione tutta particolare. "Quelle illustrazioni - racconta Decio Canzio - realizzate con una tecnica mista di tempera e acquerello, erano di grande suggestione e comunicavano al lettore un senso di gloriosa epicità". Del resto come copertinista Donatelli aveva una lunga esperienza: a partire dai Romanzi Western degli Anni Cinquanta (cover che allora firmava con lo pseudonimo di Frank Donat), agli "Albi Salgari" fino alle copertine per i libri per ragazzi della Mursia, della Cappelli, della Sonzogno, della Rizzoli e - in campo fumettistico - a quelle di Gordon e Maschera Nera per l'Editoriale Corno. E come illustratore Donatelli era conosciuto anche fuori dai confini nazionali: il periodico francese "Paris Jour" gli commissionava disegni a mezza tinta.
C'è da dire che nel particolarissimo universo dei più sfegatati fan dello Spirito con la Scure, Ferri è da sempre (a ragione) il disegnatore più amato, anche perché creatore grafico e copertinista della serie. En arké era Ferri, e non si discute. Perciò, Donatelli è sempre stato considerato quello che la spalla è nei confronti del comico, o ciò che Carson rappresenta accanto a Tex Willer. Ma immaginereste Aquila della Notte senza il fido Capelli d'Argento?
Ed effettivamente Donatelli aveva questa capacità di "sposare" le idee dello sceneggiatore, realizzando al meglio il pensiero dell'autore dei testi. Una grande dote, quella di capire subito ciò che lo sceneggiatore vuol fare: una dote che Donatelli dimostrava sempre, con ogni autore con il quale si trovava a lavorare, e non solamente con Toninelli. Tuttavia fu proprio con lo sceneggiatore senese che Donatelli lavorò quasi in esclusiva tra il 1982 e il 1991 (contrariamente a Ferri, che nello stesso periodo disegnò anche storie scritte da Castelli, Capone e Sclavi). Quando Toninelli abbandonò la Bonelli per dedicarsi a nuove esperienze in campo editoriale, Donatelli continuò a disegnare avventure zagoriane degli autori che lo sostituirono ai testi. Tra questi, anche il sottoscritto. E proprio io, che di Toninelli avevo raccolto le dichiarazioni nell'intervista citata più sopra, mi sono trovato a sperimentare di persona quanto fossero vere: Donatelli aveva effettivamente il dono di non tradire mai la sceneggiatura, ma di interpretarla, magicamente, proprio così come l'autore dei testi l'aveva immaginata. Ho avuto modo di conoscerlo di persona, e l'ho trovato una persona schiva, ma dotata di una estrema cordialità. Lavorando con lui nell'ultimo lustro della sua vita, ho sofferto per le notizie sul suo stato di salute che altalenava fra altri e bassi. Già una volta aveva dovuto interrompere una storia per diversi mesi a causa di una grave malattia, ma poi si era ripreso e anzi aveva continuato con maggior entusiasmo di prima, anche se con un ritmo di produzione più pacato che in precedenza. Addirittura, era tornato a disegnare ai livelli qualitativi dei suoi tempi migliori, dopo che per qualche tempo si era temuto per una involuzione del suo tratto. Quando è morto, a Milano, il 15 novembre 1995 all'età di settanta anni, stava lavorando ancora a una mia storia: uscirà postuma, completata da un altro disegnatore. La casa editrice ha ritenuto di dover pubblicare tutte fino all'ultima le tavole che Donatelli ha realizzato per i suoi lettori. "Franco Donatelli, secondo me, era un artigiano - ha detto di lui Graziano Frediani - nel senso più nobile e più antico del termine. Disegnava da sempre, con modestia e dedizione, mantenendo un ritmo produttivo costante e senza mai tradire uno standard qualitativo decisamente elevato". Donatelli lascia dunque un grande vuoto, sia per la sua umanità che per la sua professionalità. Ma ci lascia anche un'eredità: le mille e mille tavole che mostrano la magica Darkwood dove viveva e dove ci portava a vivere con lui. Nota: il presente articolo è stato precedentemente pubblicato in "Fumetto" n.19, Ed. A.N.A.F.I., Ottobre 1996, pp.12-13 |
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