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" L'ultimo squadrone"

In questa pagina:
TESTI
Claudio Nizzi
DISEGNI
Miguel Angel Repetto


Pagine correlate:

Cronaca di una sconfitta annunciata.

Omega
recensione di Fernando Congedo


Comprai il primo albo di Aquila della Notte in una calda giornata dell' agosto del 1986. Avevo nove anni e mezzo.
Oggi le mie spalle sono larghe un quarto di secolo: Tex è sempre lì, accanto a me nella stanza segreta costruita dalla schizofrenia lucida della fantasia.
Da troppo tempo, però, vi entra una luce strana, diversa da quella forte ed intensa che colorò tanti nostri incontri. Lui nega, dice che mi sbaglio, si sforza di apparire sicuro di sè, ma gli occhi lo tradiscono: due specchi su cui è davvero facile leggere una profonda malinconia, un dolore che affonda le radici nella orribile consapevolezza di star cambiando, di essere costretto ad abbandonare la strada mirabilmente tracciata da un grande uomo, da suo padre.
Ed è una lettura infinitamente triste...

Capolinea. Signori si scende. Il treno è fermo. In realtà lo è da tanto: il guaio è che ora non riesce a percorrere neppure l'illusione di muoversi sul solito binario.
Per molte lune si è fatto finta di niente: si è attraversata la mesa degli scheletri volendo non vedere il cadavere di un eroe dai capelli d'argento, con la fallace filosofia secondo cui importa solo vincere, con buona pace del bel gioco. Per vincere, alla fine, si è vinto. Ma a quale prezzo?

"Pronuncio con forza il mio j'accuse nei confronti di Claudio Nizzi..."
     

Tex esce da questa storia con le ossa rotte, perdente.
Pronuncio con forza il mio j'accuse nei confronti di Claudio Nizzi, che, dopo aver trasformato Kit Carson in una grigia macchietta in pensione, sta ultimando il massacro della personalità di un mito.
In centodieci pagine, situazioni allucinanti che nulla hanno a che vedere con un Tex riconoscibile solo per merito del caratteristico abbigliamento.

Ignoriamo che il ranger sia di continuo costretto ad un affannoso inseguimento, sorpreso con allarmante facilità da avversari e non. Accettiamo che egli non pretenda di riavere immediatamente le proprie armi appena messo piede nel campo di Maguas. Ma, di grazia, come si può sorvolare sul fatto che, finito il duello con Shako, se ne vada a discutere amabilmente col capo mescalero ancora disarmato? L'indiano ribelle non è certo il diavolo in persona, ma rimane un gran figlio di centomila puzzole!
Non basta. Ora viene il bello. Dopo la chiacchierata con Maguas, il quadro della situazione è chiaro: l'unico pericolo è Shako, in grado di sobillare gli altri capi clan dalla testa calda.
Un punto interrogativo gigante invade la mente: perchè, allora, Tex non lo cattura assicurando così alla giustizia uno spietato assassino? Avrebbe dato il buon esempio, disinnescando le altre mine vaganti pronte ad esplodere, avrebbe reso lieve la terra che dava riposo ai due coloni tedeschi trucidati e, soprattutto, avrebbe riscritto di proprio pugno il destino del tenente Parker e dei suoi uomini.
Niente di tutto ciò. Si limita a dire: "un aquila non si abbassa a prendere la vita di uno sciacallo!".
Lo sconforto mi avvolge ghignante...

(20k)
Lo squadrone distrutto
di Repetto (c) 2002 SBE

Il soggetto prevede la disfatta dello squadrone delle cinquanta giacche azzurre: non convince l'iter seguito. Era strettamente necessario trasformare Buffalo Baxter e gli scout in novellini pronti a cadere con scarpe e mocassini nella più banale delle trappole?
Nella testa del vecchio amico di Tex è all'opera una valente orchestra di campanelli d'allarme: troppi indiani nei paraggi, un luogo ideale per un agguato, un silenzio assordante. 1+1+1=3: non si scappa. Sic stantibus rebus, mi dico, qualcuno si prenderà la briga di risalire la gola per dare una salutare controllatina prima di attraversarla. No: fidando sul sensazionale fiuto di uno degli indiani al servizio dell'esercito, famoso per il motto: "no apaches... no pericolo..." [ :-( ], Buffalo Baxter pigia il pulsante dell'autodistruzione. La beffa che prende sotto braccio il danno: il massimo... Pathos: chi era costui?

Il nostro eroe giunge sul terreno dello scontro a partita finita, seguito dagli sguardi seccati degli avvoltoi: fa male constatare che l'immagine di un Tex che si precipita sparando sugli osceni uccelli pronti a banchettare appartenga ormai al glorioso archivio della dea memoria.
Sfruttando le imperscrutabili regole che governano un fumetto, riesce a segnare il punto dell'onore, uccidendo il "terribile" Shako per poi consegnarci uno scontatissimo, stereotipato finale. Lascio ad ogni lettore il piacere di sceneggiare l'ultima tavola evitando il percorso seguito da Nizzi.

Goal della bandiera, si, ma quanti passaggi prima di arrivare in porta! Aquila della Notte è ancora una volta gabbato dal nemico: la buona sorte ha voluto che questi avesse esclusivamente l'apparenza del lupo cattivo: non oso immaginare cosa sarebbe accaduto se ne avesse avuto anche le zanne e la ferocia.

"Questo Tex Willer non è che una brutta copia... Manca il soffio vitale, l'anima del vero Tex."
     

Questo Tex Willer non è che una brutta copia: pura forma priva dell' animus pugnandi, della multiforme sostanza, dell'istintività creativa dell'originale. Manca il soffio vitale, l'anima del vero Tex.

La creatura mostruosa si è ribellata al volere del suo creatore e lo tiene prigioniero.
Il sacro dogma del Tex-centrismo, impedendo il completo sviluppo degli altri personaggi ed, in particolare, degli avversari, danneggia gravemente lo stesso ranger: se il cast nel suo complesso non offre gli stimoli giusti, l'attore protagonista non riuscirà mai a tirar fuori tutto il proprio talento.
Risultato: un Tex calcolatore fino all'eccesso, facile all'errore, poco lucido. Un "cunctator" senza alcun fascino.

Nel deserto della sceneggiatura, solo una piccola oasi.
I dialoghi, bruttissimi, sono di una noia mortale: mai un sussulto, un'impennata, un moto d'orgoglio: cibi precotti, nauseanti. Il Nostro deve chiedere informazioni sul carattere di un militare? Bene: ecco il celebre cavallo di battaglia: "è il solito militare tutto d'un pezzo?". Quante volte l'abbiamo sentito galoppare? Tante, vero? Così tante che l'autore dev'essersi convinto che il rumore degli zoccoli abbia rimbecillito i lettori: solo così giustifico le tavole presenti in tutti gli albi scritti da Nizzi in cui a Tex è affidato il compito di spiegare anche l'evidenza. Pagina 47 docet.

L'oasi: la descrizione molto efficace della notte che precede la battaglia: i sogni, le speranze, le attese dei componenti l'ultimo squadrone. Poche pennellate, ma sufficienti a regalare emozioni autentiche. Aumenta, in tal modo, il rammarico per la scelta dello scrittore di rinchiudere se stesso ed Aquila della Notte in schemi assurdi. E' un caso che nella sequenza migliore non ci sia Tex? ;-)

Repetto si adegua senza difficoltà al monotono fluire della corrente. Inquadrature, dosaggio di luci ed ombre e soluzioni prospettiche sono ampiamente nella norma; le espressioni dei personaggi spesso esagerate, fuori luogo. Va riconosciuta al disegnatore argentino la capacità non comune di "trasmettere" col suo tratto nervoso la polvere, il sudore, il caldo dell'Arizona.

Assolutamente inaccettabili, invece, molti dei primi piani di Tex, così lontani dai canoni grafici della serie. Chi è l'alieno di pagina 44, vignetta 5? O di pagina 60, vignetta 3? Nessuno in casa Bonelli ha ritenuto di dover intervenire come ampiamente fatto in altre occasioni. Siamo sull'Almanacco, realtà ben diversa dal Tex Gigante: nessuno dimentichi, però, che i lettori meritano in ogni caso lo stesso rispetto!

Come G.L.Bonelli, amavo dire: Tex sono io.
Ho smesso.
 

 


 
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