Il discepolo

Quando l'erba cattiva soffoca quella buona
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Il discepolo
Tex 621-622

Scheda IT-TX-621-622

Già in edicola con il Color Tex n.2, Pasquale Ruju firma anche questa storia doppia in tandem con il catalano Alfonso Font. Curiosamente, il primo albo può dirsi autoconclusivo, separato dal secondo da uno iato temporale di due anni. Lo svolgimento della trama ne risulta pertanto influenzato: il primo albo è giocato su due storie parallele che finiscono per intrecciarsi nelle ultime pagine, mentre il secondo parte dalle premesse del precedente e le sviluppa verso una prevedibile conclusione.

Il nostro giudizio è parimenti diviso.

Il primo albo è quasi perfetto

Il primo albo, nella sua apparente semplicità, è quasi perfetto. Ruju non usa effetti speciali, trame complesse, richiami storici o esagerati approfondimenti psicologici, ossia tutti quegli espedienti narrativi in voga nella narrazione a fumetti moderna, ma che su Tex vanno impiegati con estrema cautela per non correre il rischio di ottenere un risultato pasticciato e fuori bersaglio. Al contrario, si affida interamente alla potenza evocativa dell’ambientazione western, al carisma dei protagonisti (una coppia Tex e Carson in spolvero) e alla caratterizzazione dei comprimari. Potremmo dire che riprende uno stile glbonelliano, senza però tentare di scimmiottarlo goffamente ma, anzi, reinterpretandolo in chiave personale.

La furia dei Mescaleros
Tex 621, pag.38 - Disegno di Alfonso Font

(c) 2012 Sergio Bonelli Editore

La furia dei Mescaleros<br>Tex 621, pag.38 - Disegno di Alfonso Font<br><i>(c) 2012 Sergio Bonelli Editore</i>

Niente sottigliezze psicologiche, dunque, ma sentimenti semplici e forti quali l’amicizia virile, l’orgoglio, il riscatto, la vendetta. Ciò non significa che gli attori di questa vicenda siano macchiette tagliate con l’accetta. Abbiamo invece un trittico di villain azzeccati e ben differenziati (Domingo, sadico e crudele; Santos, senza scrupoli ma con un suo personale senso dell’onore; Makua, spietato e idealista sui generis), con il legame di amicizia e riconoscenza fra l’anziano pistolero e il giovane allievo a fare da filo conduttore.

I dialoghi, freschi e vivaci, fatti salvi qualche "beccaccione" e "gallinaccio" di troppo, e il ritmo scoppiettante rendono la lettura piacevole e avvincente, e anche episodi minori, come l’assalto alla fattoria dei coloni o il brutale assassinio del giovane amico di Makua, contribuiscono ad aumentare il pathos e a rappresentare un west brutale e credibile. Un west lontano sia da una malintesa visione edulcorata sia da atmosfere revisioniste, che mal si sposerebbero con l’universo texiano.

Appunto.. e Tex?

Ci sono almeno due modi per riflettere il suo carisma eroico nei personaggi che lo affiancano: l’ammirazione degli amici o il timore dei nemici. Chi ci segue abitualmente sa che preferiamo la seconda strada, specie quando la prima non è percorsa con la giusta misura. A una mitragliata di complimenti enfatici e fuori luogo preferiamo mille volte una banda di Mescaleros che se la fa sotto davanti all’imponente figura di Aquila della Notte stagliata contro il cielo, e se la scena può apparire di primo acchito forzata, l’autoironia che l’accompagna (con il commento preoccupato di Carson) riesce a renderla perfettamente accettabile.

Uomo o spirito?
Tex 621, pag.83 - Tavola di Alfonso Font

(c) 2012 Sergio Bonelli Editore

Uomo o spirito?<br>Tex 621, pag.83 - Tavola di Alfonso Font<br><i>(c) 2012 Sergio Bonelli Editore</i>
Nel secondo, qualcosa s'inceppa

Fin qui il primo albo. Nel secondo, qualcosa s’inceppa.

Forse Ruju ha voluto concentrare troppa roba in un solo albo; forse le premesse del primo erano troppo impegnative; forse il confronto con una prima parte di ottimo livello ha giocato a sfavore; forse tutte queste cose insieme e altro ancora, ma fatto sta che, anche se la storia complessivamente scorre e i personaggi continuano a funzionare, la tensione e il coinvolgimento non sono più quelli di prima.

Non c’è più l’empatia con il giovane mezzosangue in cerca di riscatto, né lo sdegno che ci agguanta la bocca dello stomaco quando Domingo, autentica incarnazione del Male, infilza crudelmente il giovane Cuchillo. Ruju è ancora attento alla successione degli eventi e non dimentica la prima missione di uno sceneggiatore, ossia quella di sorprendere e divertire il suo lettore, ma l’eccessiva compressione non permette di sviluppare adeguatamente personaggi e situazioni, a tutto scapito del coinvolgimento. Perfino la comparsata di Kit e Tiger durante l’attacco indiano alla cittadina di Coldflag, potenzialmente feconda d'interessanti sviluppi, resta confinata a mero omaggio, posto più per dovere di firma che per reali necessità narrative.

La resa dei conti finale avvalora la nostra impressione: confusionaria nella dinamica, affrettata come soluzione e inutilmente dilatata nella parte del duello. Quanto alla fine di Santos, se da un lato apprezziamo la soluzione "bonelliana" di affidare la Giustizia a una mano diversa da quella del protagonista, dall’altro non possiamo non restare quanto meno perplessi per il modo in cui avviene.

Il maestro e l'allievo
Tex 622, pag.43 - Tavola di Alfonso Font

(c) 2012 Sergio Bonelli Editore

Il maestro e l'allievo<br>Tex 622, pag.43 - Tavola di Alfonso Font<br><i>(c) 2012 Sergio Bonelli Editore</i>

Se finora non abbiamo parlato dei disegni un motivo c’è: non fa mai piacere criticare gli artisti, specialmente i grandi artisti come Font. Qui siamo lontani, non diciamo dal livello di Clarke & Kubrick o Il prigioniero delle stelle, ma pure da quello de Gli assassini. Lo stile di Font, in bilico fra il realistico e il caricaturale e sostanzialmente anti-eroico, non è mai stato pienamente adatto a rendere il carattere epico-avventuroso delle storie texiane, mentre sarebbe sicuramente più consono a evidenziarne il lato ironico. Peccato, però, che la maggior parte delle sceneggiature da lui illustrate fossero carenti sotto questo aspetto. Avremmo quindi già potuto attenderci una prova sotto tono, data la forte componente d’azione di questa storia, ma il risultato è anche al di sotto delle nostre magre aspettative. Molte pose appaiono artefatte e in certi primi piani Tex è quasi irriconoscibile. La sensazione generale è di scarsa cura, laddove la maestria di Font riemerge pienamente in alcune scene statiche e in alcune caratterizzazioni, come quella del vancleefiano Santos. Complessivamente, però, il risultato non è tale da valorizzare l'incolpevole sceneggiatura di Ruju e, anzi, finisce col penalizzarla.

In conclusione, non possiamo certo parlare di una brutta storia. Anzi, per certi versi si è trattato di una ventata d’aria fresca, una dimostrazione di come sia sempre possibile scrivere storie divertenti senza affidarsi a strani espedienti, semplicemente giocando con la forza innata dei protagonisti e degli antagonisti e comprimari che li affiancano. Però, il calo del secondo albo lascia l’amaro in bocca e non possiamo fare a meno di pensare che, probabilmente, qualche pagina in più non avrebbe guastato. Chissà, forse si sarà pensato che tre albi consecutivi fossero troppi per una storia del genere, ma alla luce dei fatti due si sono dimostrati pochi, con tutto quello che il secondo da solo avrebbe dovuto sviluppare, stanti le premesse del primo.

Lanciamo un piccolo suggerimento, che alle orecchie conservatrici della SBE sonerà come un’azzardata provocazione. Sarebbe stato così impensabile far uscire Mezzosangue come storia monoalbo, per proseguirla fra un anno/anno e mezzo con una doppia, magari con i quattro pards riuniti? Secondo noi sarebbe stato un interessante esperimento. Invece, registriamo con rammarico un’altra (probabile?) vittima della politica degli albi interi. Peccato.



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