Caro Sergio ti scrivo

Tex, non solo Tex, fortissimamente Tex: con la scusa del sessantennale.
Recensione di  |   | tex/

Caro Sergio ti scrivo
 

Recensione

Scheda IT-TX-575

Carissimo Sergio,

quantunque non ci conosciamo mi permetto di usare questa formula confidenziale perché a me sembra di conoscerti davvero dopo migliaia di albi e tanti anni passati con i tuoi personaggi - tuoi come editore e come autore: avevo undici anni quando comprai in edicola il numero uno di Mister No e già da tempo leggevo Tex, Zagor e Comandante Mark. Già, Mister No. Ti voglio un gran bene nonostante la pervicacia - agonia senza fine! - con la quale hai portato al suicidio editoriale il personaggio più moderno che avevi (moderno in potenza, è chiaro: lo spettro degli ultimi sette, otto anni aveva in comune con Mister No solo il logo della testata).

Ma non è di Jerry Drake che ti voglio parlare, non è per Jerry che ti scrivo. E' la prima volta che ti scrivo; tu fai l'editore, io sono un lettore: il rapporto sano tra noi è che tu pubblichi, e io compro se le tue proposte sono valide, lascio in edicola se non lo sono. Mi accorgo che nell'ultimo decennio e qualcosa lascio sempre più spesso in edicola (e magari recupero sulle bancarelle). Però ti voglio bene lo stesso, anche se stai assistendo nell'inerzia alla consunzione del personaggio che per me è come un fratello spirituale, Martin Mystère: l'avrai visto anche tu che da anni Morales tiene il fortino da solo, nonostante gli argomenti per una testata come MM siano tali da garantire secoli e secoli - secoli alla lettera - di storie sempre fresche (ma Morales è uno contro venti, per fare una citazione).

Ma non è del professore di Washington Mews che ti voglio parlare, non è per lui che ti scrivo.

Ti scrivo per Tex. Tex, il nostro monumento, il personaggio principe del fumetto italiano. Lo so, è un personaggio ingombrante, e sicuramente è uno sporco lavoro dover fare l'editore di Tex, ma il fiammifero è toccato a te e devi gestirlo, Sergio.

Ti scrivo per Tex in occasione della pubblicazione dell'albo celebrativo per il sessantennale, ecco. Perché Tex è il fratello maggiore e dovrebbe proteggere i fratelli minori dal fare i suoi stessi errori.

Perché Tex è il fratello maggiore e dovrebbe proteggere i fratelli minori dal fare i suoi stessi errori.

Lilyth

(c) 1948-2008 Sergio Bonelli Editore

Lilyth<br><i>(c) 1948-2008 Sergio Bonelli Editore</i>

E che attesa per quest'albo, da fremere. Io ti voglio bene, Sergio, e per celebrare l'evento tu cosa mi dai? Un albo a colori e Claudio Nizzi. Che belli i colori! Come nell'edizione di Repubblica! Che belli quei colori che appiattiscono alla grande il meraviglioso bianco e nero di un maestro del bianco e nero come Civitelli; che belli i colori su quel western texiano che è la quintessenza del disegno in bianco e nero. Del resto sarebbe bellissimo anche se colorassero tutti i vecchi film di Charlot, non credi? Ma Civitelli è comunque e sempre una sicurezza, e io ti voglio bene perché continui a darcelo. A colori. Anche Claudio Nizzi è una certezza. Di granito. Gli amici mi dicevano: compralo, vedrai che non ci sono nizzate. Le nizzate: non credo che troverai il termine sul Devoto-Oli, carissimo Sergio, ma l'appassionato di Tex potrà sempre spiegartelo: sono il complesso di quei meccanismi, trovate, stilemi e caratterizzazioni attraverso i quali l'Autore ha trasformato radicalmente la creazione di tuo padre. Umanizzazione e modernizzazione del personaggio. Tex mutato nella propria parodia, a mezzo dello strumento principe del ridicolo: un personaggio illuminato di una profonda umanità - dalla quale derivava lo straripare del suo successo - vòlto in macchietta priva di spessore. E' una soluzione di arditezza, forza e innovatività: non v'è dubbio. Se Tex sopravvive a tutto questo, lo si potrà far danzare in tutù (anche se dopo i balletti con la Legione Straniera in Messico la novità risulterebbe depotenziata).

Come...

(c) 1948-2008 Sergio Bonelli Editore

Come...<br><i>(c) 1948-2008 Sergio Bonelli Editore</i>

Ma sto divagando, perdonami. Torno all'albo in questione. Lo compro infine (perché mi alleghi "Il massacro di Goldena" di Gianluigi Bonelli; poi caspita, dopo aver messo mano a Mefisto Nizzi si confronta con l'altro pilastro della mitologia texiana: come mancare di toccare con mano la sua versione di Lilyth?), e lo leggo. Mi si riscalda il cuore, perché come dicevo Claudio Nizzi rappresenta una certezza. Di granito. Oddio, gli amici non avevano torto del tutto, l'albo non è un tripudio di nizzate. Ve ne è soltanto una - bella corposa - in centodieci pagine: praticamente una vacanza completa. Ma per tutto il resto Nizzi non tradisce.

... si fonda...

(c) 1948-2008 Sergio Bonelli Editore

... si fonda...<br><i>(c) 1948-2008 Sergio Bonelli Editore</i>

In centodieci pagine, infatti, non vi è praticamente sapore di Tex. Ed è da rimarcare lo sforzo e la difficoltà di tale realizzazione da parte dell'Autore - inevitabili - perché ciò avvenga nell'economia di una storia che mette in campo uno dei personaggi più amati - e meno visti - della saga, e insolitamente movimentata per gli standard di Claudio Nizzi: pistolettate, botte e bagarre varie non mancano. Mancano di procurare un bagliore di emozione pur minuscolo. Come altrove, lo stile di scrittura e dei dialoghi dell'Autore proietta un'ombra di torpore su ogni fatto e discorso: prolissità, ridondanze, ovvietà che lasciano senza parole, frasi involute e dal sentore di burocrazia e muffa che ingiallisce noiose carte da museo: è quello stile "moderno", "articolato" e umanizzante, opposto all'antico, così diretto, colorito, potente e che mozzava il fiato che fu di Tex.

... un mito.

(c) 1948-2008 Sergio Bonelli Editore

... un mito.<br><i>(c) 1948-2008 Sergio Bonelli Editore</i>

Stile moderno che manca di suscitare la parvenza di un sentimento anche nella scena madre che vede Lilyth al capezzale del suo vecchio maestro morente, Fra' Venancio: in determinate situazioni esistono silenzi che assordano, si dice: ovvero che risvegliano il turbinare delle emozioni, o il dolore acuto della perdita; qui il silenzio è vacuità e assenza. Ho notato la sottigliezza, Sergio: quella era la scena più importante dell'albo sotto il profilo emotivo, ed è sterilizzata a puntino, caso mai i lettori rischiassero di sussultare per delle emozioni forti. Nel sopore di sparatorie deprivate di ogni ansia, trascorre quasi inavvertita anche la nizzata di cui ti dicevo. Cuervo Malo ha rapito Lilyth, e la usa per tendere una trappola a Tex. Il nostro eroe (cioè il fesso "umanissimo" di questi anni, dico) arriva bel bello vicino all'amata moglie, poi ha tutto il tempo di svegliarla (svegliarla!), slegarla e toglierle il bavaglio per permetterle di avvertirlo dell'imboscata prima che l'apache si metta a fare il tiro al piccione - piccione in tutti i sensi. Come sai, Sergio, uno dei capisaldi della poetica nizziana è che Tex, da sé, è incapace di guardarsi i piedi, ma può sempre contare su avversari molto più babbei e inetti di lui. E l'ultimo della galleria è Cuervo Malo (è una raffinatezza, Sergio: con quel nome nessuno potrebbe anche solo immaginare che NON si tratti del personaggio negativo. Però, se posso, consiglierei per il futuro una nota a pie' di pagina, i lettori non familiari con la lingua spagnola potrebbero non rendersi conto che Cuervo Malo sta per Corvo Cattivo, e potrebbero pensare che non si tratti del personaggio negativo della storia).

Ci fa?

(c) 2008 Sergio Bonelli Editore

Ci fa?<br><i>(c) 2008 Sergio Bonelli Editore</i>

Però, Sergio, c'è Lilyth. C'è Lilyth! Se in una storia c'è Lilyth non può che essere una grande storia, no? Come una storia con Mefisto non può essere che grande. Ma in generale, quale storia con Tex potrebbe non esserlo, se Tex dà del satanasso a Kit Carson e Carson ingolla bistecche e patatine? Immagino la commozione di tutti i vecchi lettori di Tex, quanto saranno stati felici di rivedere il personaggio della moglie somministrato tanto parcamente da tuo padre, e ancor più in seguito. Io, te lo confesso, ho fatto una certa fatica a rendermi conto che ci fosse. E' vero che tuo padre ce l'aveva fatta vedere così poco da non farci sapere praticamente nulla di lei: salva Tex, muore nella storia forse più commovente della saga, lasciando che la sua assenza abbia tanta potenza da riempire di sé l'immaginazione dei lettori. Ora, un'intera storia dove è protagonista, dove quella potenza compressa e inespressa a livello esplicito può dispiegarsi. Chi fosse Lilyth, è tutto da scoprire: Bonelli senior ha nascosto la donna sotto la maschera della moglie morta giovanissima, della madre che attende il suo uomo; mostrandola - sfrenandola - in un solo lampo di energia, vigore e impulsività: il salvataggio di Tex. Il disvelamento dell'assertività della ragazza Navajo. Il momento che nella sua brevità - per la sua brevità - fonda il mito. Da lì doveva partire la costruzione della donna e del personaggio, della sua personalità. Ciò che, con puntualità, manca.

Oppure ci fa?

(c) 2008 Sergio Bonelli Editore

Oppure ci fa?<br><i>(c) 2008 Sergio Bonelli Editore</i>

Mi è capitato di leggere che il comportamento di Lilyth in questa storia sarebbe schizofrenico: una volta è un'amazzone capace di uccidere, un'altra è una cerbiatta ingentilita di timidezza e remissività. In realtà, Sergio, il suo comportamento è impronta di compiutezza e coerenza. In questa storia, Lilyth è un'appendice priva di autonomia. Se Tex le dice di sparare, ella spara e uccide; se le dice di nascondersi in stanza del vecchio frate morente, ella vi si rifugia; all'apparire circondato dai suoi scherani del tizio che l'ha giurata a Tex, ella chiede se si sia in pericolo. Sbalza in rilievo dalla pagina, vibra ed esplode la personalità della madre di Piccolo Falco (avrà ripreso da questa Lilyth il Kit Willer che Nizzi ci ha abituati a vedere?). L'intero albo è un tributo sincero alla vividezza del personaggio. Alla costruzione del personaggio, del suo spessore umano, del suo calore di innamorata, della sua partecipazione emotiva di discepola.

Per sottrazione.

Ammiro la coerenza di questa scelta narrativa. La caparbietà di questa scelta. La sua pertinacia. Questa Lilyth è coerente con tutti gli altri personaggi, come tratteggiati da Nizzi. Kit Willer, lo scavezzacollo il cui acume e brillantezza erano mitigate solo dalla sfrontatezza e da una quale avventatezza giovanili è infatti un soprammobile: imbarazza: di lui non ci si può disfare, ma con lui non si sa cosa fare; Tiger Jack, grande guerriero Navajo, un vero fratello per Aquila della Notte, è oggi un mero esecutore di ordini (quando non si affaccia per chiedere: "Tex, sei tu?"); Kit Carson, quintessenza dell'esperienza, della saggezza, dell'ironia, dell'amicizia, l'uomo che è per Tex molto più del compagno di avventure, molto più dell'amico fraterno, che è l'autentico specchio della sua essenza morale e narrativa, è oggi un buffone senile, privato di pensiero autonomo, inetto all'azione individuale: una macchietta triste che non suscita il sorriso, e che il suo pard tratta come la pezza da piedi (o la mignatta, il rompicoglioni per essere chiari) che è; Mefisto, diabolico arcimago con le stimmate della malvagità dell'Inferno, icona del male assoluto, archetipo non perfettibile del Nemico, è divenuto un povero rimbambito che ordisce nel retrobottega dei saloon trame di faciloneria e sconclusionatezza; Yama, il suo non meno diabolico e ben più laido e repellente figliolo è ora un caso psichiatrico di depressione. Ma del resto, basterebbe il lavoro compiuto su Tex: il più sperimentato ed esperto frontierman è un omarino incapace di interpretare e comprendere la realtà che lo circonda a meno che qualcuno non gli fornisca ogni informazione, o che un nemico più babbeo di lui fallisca il colpo per completa inettitudine; l'uomo di coraggio, la cui generosità per quanto mai disgiunta dalla saggezza della giusta prudenza lo faceva lanciare contro il nemico soverchiante al salvataggio del debole, è un vigliacchetto, un pavido che irride l'avversario umiliato, che lascia uomini svenuti a esplodere in aria o che si interroga se sia il caso di correre in aiuto di una ragazzetta prigioniera dei banditi; l'uomo di giustizia, sprezzatore dei furbeschi cavilli della legge è oggi un legalitario ipersensibile ai regolamenti e uno sbirraccio ottuso dalla magnificenza della sua stolidità. E ora Lilyth, a concludere la revisione di Nizzi, come fosse il Cullinan apposto a una tiara di diamanti puri. Perché, Sergio, non resta più altro. Vero?!

Ti voglio bene, Sergio. Ma me lo rendi difficile!

Ed era bene, un tempo, quel che finiva bene.

(c) 2008 Sergio Bonelli Editore

Ed era bene, un tempo, quel che finiva bene.<br><i>(c) 2008 Sergio Bonelli Editore</i>



Vedere anche...

Recensione

Scheda IT-TX-575