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" Moosbrugger l'assassino"

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Viaggio nella fragilit� delle certezze umane: Ambrosini ne "Moosbrugger, l'assassino" va a colpire il grande tab� dell'uomo occidentale, il "sacro io". Una sacralit� che diventa facilmente precariet� nell'incrociare gli occhi di un folle... per il timore di perdersi dentro.

Io, Moosbrugger
recensione di Sabrina Mancosu



TESTI
Sog. e Sce. Carlo Ambrosini    

Quanto � labile il confine che separa la normalit� dell'uomo, che sceglie e dispone di s� e per s�, dall'anormalit� dell'uomo che si perde nel buio della propria mente? Quanti i passi che li allontanano? Forse c'� una grande distanza tra l'uno e l'altro se li si considera come poli estremi di un ipotetico segmento ma � pur vero che la misura varia se si osservano anche gli altri punti compresi nell'intervallo. � il grigio il colore che fa pi� paura, le varie sfumature che pu� assumere, l'indeterminatezza che diffonde�

Colore che (nei termini espressi sopra) ben s'addice a Franz Moosbrugger e Kaspar Klainz� due attori per un unico ruolo: quello di Christian Moosbrugger, ne "L'uomo senza qualit�", di Robert Musil.

Del folle omicida sessuale, Ambrosini conserva, in entrambi i personaggi, speculari e complementari, il vissuto e gran parte delle battute ma gli toglie consistenza privandoli di un loro volto. Non vedremo mai la faccia di Moosbrugger e solo nelle ultime pagine sar� dato scoprire quella di Klainz, molto simile a quella di Napoleone. La scelta, ovviamente, non � casuale e ottiene, in prima istanza, di spostare l'attenzione del lettore sulla realt� vissuta dai personaggi, su quel loro essere a met�: n� completamente sani, n� completamente malati� con lunga e sottile perifrasi, "persone dalla ridotta capacit� d'intendere e volere".

(12k)
Crede di essere Moosbrugger!
n.32, pag.54
disegni di Del Vecchio(c) SBE 2002
   
 

Ci� che rimane, nonostante tutte le informazioni che il dottor Pfeiffer e la dottoressa Besson ci offrono su Klainz e a prescindere da quello che l'albergatore ginevrino apprende su Moosbrugger rivivendone i tormenti, � quel loro essere, per dirla con Napoleone, un paesaggio in rovina, un posto situato dietro l'uscio di casa, appena oltre la soglia�accedervi � semplicissimo per chiunque.

Affermazione questa che, non casualmente, arriva quasi alla fine dell'albo quando Ambrosini ci concede, infine, di scoprire il vero valore di questi personaggi verso cui non si � riusciti, nel corso della narrazione, a provare compassione ma dai quali, piuttosto, ci si � difesi cercando una misura, una distanza, capace di rassicurare. Come lo scrutare di Napoleone il volto del cadavere di Klainz, ai suoi piedi, e lo scoprire, con sollievo, che non � il suo. Sollievo che gli impedisce di cogliere il dato pi� importante: il fatto che Klainz/Moosbrugger, in realt�, rappresenta una delle infinite "possibilit�" dell'uomo, di ogni uomo, al di l� della propria volont�. E che solo il caso o la fortuna, spesso, evita, ad ognuno di noi, lo specchiarsi in quel volto.

Solo in parte, comunque, la pur valida e interessante reinterpretazione del personaggio di Musil sostiene un albo che lamenta, in alcune parti, un'aderenza troppo stretta alla fonte letteraria e segna, in altre, il passo nel momento in cui se ne scosta.

La seduta psichiatrica nel corso della quale si tiene la perizia su Klainz, ad esempio, con il disquisire dei periti che si esibiscono nelle loro unilaterali certezze, svela fin troppo esplicitamente la fedelt� allo schema di Musil che si proponeva, nella medesima seduta, di ironizzare sull'affannoso e vano tentativo, promosso dagli stessi personaggi, di incasellare il, paradossalmente, lucido demente ciascuno nelle categorie di competenza e secondo le proprie specifiche verit�. Nell'economia della storia la sequenza di cui si parla, suggestiva ma che non aggiunge niente di nuovo, appare funzionale alla narrazione solo nella misura in cui offre il pretesto per lo sviluppo successivo con l'uccisione dei periti e la fuga di Klainz.

Ed � proprio l'ultima parte dell'albo, dove Ambrosini abbandona qualsiasi riferimento letterario, quella che ci convince meno di tutte, giocata com'� sul filo di un'ambiguit� che finisce per infastidire. A partire dall'essere-non essere Freidenthal il Cardinale. Un colpo di scena che lascia pi� che altro perplessi. E l'amaro in bocca nel vedere il maldestro tentativo di uccidere Napoleone, bloccato dalla tempestiva comparsa della polizia, di un personaggio la cui statura ci aveva abituati a ben altro agire. Un'apparizione che pi� che altro delude e rischia di incidere ulteriormente, come � gi� stato da tempo segnalato, in negativo sul fascino ma soprattutto sulla credibilit� dell'avversario per antonomasia del Nostro.

Sotto tono, inoltre, c'� parsa tanto la recitazione di Napoleone, pi� infastidito che, a dire di Lucrezia, ossessionato da Franz Moosbrugger, quanto la presenza di Katia Besson. L'interesse della psichiatra per Kaspar Klainz � coerente, sicuramente, con la passione per il lavoro che ha, fin dal suo primo apparire (6 "La profezia del merlo"), caratterizzato questo personaggio e ben si presta all'accostamento, che ne fa Ambrosini, con la Clarisse di Musil, evidente, in particolar modo, nelle sequenze della perizia psichiatrica. Tuttavia, troppo palese appare la sua funzione di contorno e di "colore", ed esplicito il suo essere strumentale alla conclusione della vicenda.


DISEGNI
Pasquale Del Vecchio    

Non si discute l'eleganza, la chiarezza, la precisione del tratto di Del Vecchio, tanto meno il suo saper interpretare al meglio il nostro Napoleone e i personaggi che gli ruotano abitualmente intorno, in questo caso l'ispettore Dumas e il viceispettore Boulet. Eppure� la sensazione � che il disegnatore proprio non abbia amato "Moosbrugger, l'assassino".

Non � improbabile che un peso determinante l'abbiano giocato vari elementi tra cui la stretta aderenza al testo letterario, di cui si � gi� parlato, che pare aver imposto scelte vincolate anche in sede grafica (si pensi alla seduta psichiatrica o alla vicenda di Moosbrugger proiettata nella dimensione onirica); il ruotare dell'albo, in gran parte, intorno a personaggi "sterili" quali i periti del caso Klainz; infine l'aver proposto protagonisti senza volto, Moosbrugger e Klainz, opzione legittima e funzionale ai fini della narrazione ma, senza dubbio, penalizzante graficamente.

Va, in ogni caso, segnalata la notevole freddezza espressiva di gran parte dei personaggi pur nelle interessanti caratterizzazioni proposte. Piacevole, ad esempio, il forte contrasto tra il diretto (e acuto), bonario medico di campagna e il dottor Freidenthal, il cui aspetto distinto, lo sguardo glaciale e penetrante si dimostrano decisamente evocativi dell'ambiguo ruolo interpretato.

(12k)
Un personaggio piccolo, piccolo...
n.32, pag.27
disegni di Del Vecchio(c) SBE 2002
   
 

� nel dar vita ad alcuni personaggi femminili che, comunque, Del Vecchio riesce a restituire un'anima a "Moosbrugger, l'assassino". Come la vittima quindicenne di cui non pu� non colpire la gioiosa voglia di vivere. Uno sguardo malizioso dalle mille promesse in un corpo precocemente maturo e sfacciatamente esibito e offerto: Karin Schild, in realt�, non � niente pi� di una sciocca e avventata ragazzina eccessivamente sicura di s� eppure riesce ad incantare nella molteplicit� di espressioni e atteggiamenti assunti nel giro di poche sequenze. O come l'internata. Un personaggio piccolo, piccolo ma� c'� rimasto nel cuore quel volto di donna, dal corpo quasi appesantito e sgraziato nella posa giocosa, alterato in una maschera idiota (pag.22, vignetta 3). Maschera che cela una bellezza delicata, dolce e fragile svelata in pochi istanti di apparente lucidit� e nei quali, protesa, gli occhi imploranti e la fronte corrugata nello sforzo di capire (pag.27, vignetta 5), la giovane si ritaglia un frammento di umanit�.


GLOBALE
 

Nel complesso un albo dal quale ci si allontana con facilit� e senza troppi ripensamenti. Rimangono, s�, alcune suggestioni ma l'impressione finale � che Ambrosini sia rimasto intrappolato nella rete che Musil ha tessuto creando il personaggio di Moosbrugger.

Gradevole, nel suo non essere immediata, la copertina che contiene interessanti riferimenti alla vicenda raccontata e alle sue fonti. La ferita sulla donna uccisa, rappresentata nel quadro, richiama, la doppia coltellata al petto inferta da Christian Moosbrugger ad Hedwig, la giovane prostituta ne "L'uomo senza qualit�". Nell'assassino in giacca blu c'� parso di leggere un velato rimando al "Self portrait in Blue Jacket" (1950) di Max Beckmann che Ambrosini omaggia con una mostra all'interno dell'albo. La posizione difensiva assunta da Napoleone esprime la consapevolezza di un pericolo da cui difendersi che si attende frontale mentre incombe, alle spalle, il pugnale insanguinato dell'assassino cui pare doversi ricondurre non solo la ferita sulla donna ma anche quella su Napoleone. E' il Cardinale che all'insaputa di Napoleone e a tradimento attenta alla sua vita? O si vuole evidenziare l'incapacit� del Nostro di capire quale sia e da dove provenga, per lui, la vera minaccia?
 

 


 
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