Nathan, Andy e lo "Speculum Iustitiæ"

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Nathan, Andy e lo "Speculum Iustitiæ"
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Nathan, Andy e lo "Speculum Iustitiæ"

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Le precedenti parti di questo articolo sono visualizzabili negli articoli "Quando 6 (non) è uguale 3+3", "La prima trilogia" e "La seconda trilogia"

Una manciata di vignette amare, poi tutto finisce. E qualcos’altro inizia.

È qui che sopraggiunge la stanchezza, quei pochi metri che distano dal traguardo, nei quali spendere le ultime energie se le si è sapute ben dosare lungo il cammino.
E' qui che la sensazione di "chiudere il cerchio" può abbagliare e confondere. Forse quel cerchio non si chiuderà mai, perché trasformatosi in una spirale. O forse il punto iniziale è già stato superato da tempo, e ci si sta doppiando inutilmente.
D’altronde è ugualmente vero che un cerchio inizia da qualsiasi punto, per cui tutto è vero e tutto è falso. Come due specchi posti l’uno di fronte all’altro, capaci di moltiplicare indefinitamente qualunque cosa si frapponga tra di essi (anche il vuoto): uno spazio finito che diviene infinito, percorribile ad libitum come in un nastro di Möbius.
È tra due specchi che si contano le orme dei passi della vita di Nathan Never, già fermatosi una volta per guardarsi in uno di essi, così da cadere nell’abisso delle memorie, riuscendo solo con enorme sforzo a distaccare lo sguardo dagli innumerevoli sé che additavano lui che in realtà additava loro, forse in cerca di quell’unicorno che ancora oggi non siamo sicuri sia riuscito a trovare.

Nondimeno, nel suo vasto parterre di esperienze, Nathan ha avuto anche la ventura di "incontrarsi dal vivo", muovendosi al margine di realtà parallele (cfr. i num. 100 e 120), sperimentando ben più di una volta la concreta singolarità dell’incontro/scontro tra se stesso e se stesso, dove non esistono punti o dimensioni di riferimento. Anche qui, dunque, tutto è vero e tutto è falso.

Num.199, pag.23
Disegni di Olivares

(c) 2007 SBE

Num.199, pag.23<br>Disegni di Olivares<br><i>(c) 2007 SBE</i>

...tutto è vero, e tutto è falso...

Gli specchi però sanno essere attraenti, ammiccano all’uomo con riflessi di riflessi, dietro cui si celano promesse foderate di rame o alluminio e fissate al vetro per elettrolisi. Può allora capitare di cedere alla tentazione e fermarsi di nuovo a guardare... ma cos’è che appare veramente? Il proprio io distorto come al luna park? La propria nemesi deformata a richiamare gli spigoli del passato che diventano curve nella memoria? L’abisso di memorie del passato, o del futuro?
Chi vede Nathan? Andy? Un viatico verso la giustizia eterna? La "solita" distorsione spazio-temporale?
Ancora una volta, tutto è vero e tutto è falso.

Il tema del doppio

Come è stato detto in passato, siamo all’interno di "...un articolato gioco di specchi, che si manifesterà nella sua forma più esteriore nella struttura stessa dell’intero arco narrativo...".
Alle già analizzate dualità tra la Città e Sub City, e tra il mondo ideale di Nicole e il suo rimanervi intrappolata, se ne affiancano altre. Difficilmente infatti sarà sfuggito agli occhi più attenti un preciso parallelismo tra Never e Winter: entrambi raffigurati con espressione contrita sulle lapidi delle loro mogli; entrambi (seppur per diverse ragioni) autoesiliatisi per evitare secondo loro di causare danni peggiori al mondo; entrambi richiamati in un modo o nell’altro all’ordine; entrambi costretti a fronteggiare una violenza cieca, e chiamati ad un giudizio di dolore (verso un monstrum accanitosi verso di essi) e pietà (per non cadere preda del baratro dell’autocommiserazione).
Se però al senso di colpa di Nathan fu concesso un tempo di assumere proporzioni letteralmente bibliche, adesso bastano poche sue parole per impedire ad un detective newyorchese degli anni ’50, per di più ESPer, di riprendere la propria parabola autodistruttiva, complice anche un nuovo sentimento che diacronicamente prende forma al bagliore di un sole nascente visto da un molo.
È allo stesso modo interessante notare come prenda poi forma il confronto indiretto tra il varco spazio-temporale che mette in comunione New York e la Città Est, ed il varco attraverso il quale Urania ricompare da un "nessun dove" che Nathan aveva avuto modo di raggiungere poco prima dello svolgersi degli eventi della saga. In entrambi i casi uno sbalanco verso l’ignoto, ignotum per ignotius, orchestrato al fine di riavvolgere ancora una volta i gomitoli narrativi che l’avidità di sapere di ogni lettore aveva srotolato, senza sapere poi come annodare le estremità spezzate.
Non che i nodi fatti dal dio di quart’ordine siano necessariamente quelli più giusti o saggi in assoluto, tant’è vero che qualche filo si ostina a rimanere isolato (come l’anomalia che fa brevemente la sua comparsa a pag.59 del num.199).

Sembra a questo punto che il pantagruelico antipasto annunciato a suo tempo sia giunto a conclusione, ed inconsciamente si alza l’invocazione della scena madre. L’ultimo livello, il più tosto, la catarsi di ogni aspettativa. Quello per il quale esistono due soli modi per poterne fare un’analisi, una riflessione, ma più di ogni altra cosa, per poterne ricavare un messaggio che accomuni il sentire di chi scrive e di chi legge (ivi compreso, in prima fila, lo scrivente stesso).

Num.199, pag.68
Disegni di Olivares

(c) 2007 SBE

Num.199, pag.68<br>Disegni di Olivares<br><i>(c) 2007 SBE</i>

Num.199, pag.76
Disegni di Olivares

(c) 2007 SBE

Num.199, pag.76<br>Disegni di Olivares<br><i>(c) 2007 SBE</i>

Una manciata di vignette amare, SOLO una manciata di vignette amare.
Poi tutto finisce.

Difficile è stata la scelta di puntare su una cronaca minimalista per un evento di tale portata, ma facciamoci caso: Vietti per primo ha intelligentemente optato per una soluzione non dissimile.

...il lettore è sgomento e intimamente liberato nell’assistere all’UOMO Nathan che, assieme ad Andy, spara in testa al PERSONAGGIO Nathan...
Facciamoci strada per ora dalla pag.68 alla pag.78 del num.199. Immaginiamo la completa assenza di suoni. Il commento sonoro suggerito qua e là nel corso di questa lunga analisi viene adesso a cadere. L’esempio più calzante è quello di No Country for Old Men, dove lo storytelling incede in maniera prepotentemente asciutta, priva - ma non privata - di sostegno musicale. Tra Nathan e Andy l’azione parte con il minimo di convenevoli, inaspettata ma totalmente naturale. Le inquadrature sono istantanee di sudiciume umano, che si spoglia del suo guscio di millenni di evoluzione e sputa finanche addosso al lettore, sgomento e intimamente liberato nell’assistere all’UOMO Nathan che, assieme ad Andy, spara in testa al PERSONAGGIO Nathan.
Per carità, nessuna ostentazione psicanalitica (che comunque è stata tentata laddove ritenuta ragionevolmente necessaria nell’economia di una serie: è il più volte citato caso di Paola Barbato per Dylan Dog), anche perché tocca allo stesso Andy, bastardo per definizione, riconoscere in Nathan un altro bastardo, nel momento in cui se lo trova di fronte. Ed è in questo che Andy riscopre la sua dimensione iniziale, quella che d’altronde gli è sempre stata più confacente: una rapida entrata ed una rapida uscita, ed in mezzo un pugno allo stomaco di fraseggi ad effetto e provocazioni senza diritto di replica.

Quel che conta alla fine è che Nathan uccide Andy.

Num.199, pag.78
Disegni di Olivares

(c) 2007 SBE

Num.199, pag.78<br>Disegni di Olivares<br><i>(c) 2007 SBE</i>

Le dinamiche narrative di origine oltreoceanica sono poi quelle che ci guidano dalla pag.79 alla pag.85. Andy torna alla vita come un Lazzaro strafottente ed impunito: il suo sepolcro si apre e lui lo lascia dileggiando la folla assiepatavi attorno, lasciando che il coupe de theatre abbia luogo attraverso la presenza e le parole di Luke.
Ma l’attenzione generale ha anch’essa voltato le spalle alla scena, nonostante l’implicito spessore di una sequenza che vede Nathan nuovamente messo di fronte al bivio del rimorso, di un nuovo abisso delle memorie: di fronte cioè alla possibilità di voltarsi nuovamente ad incrociare lo sguardo dagli innumerevoli sé che additeranno lui che in realtà additerà loro.
In appendice, l’apparente ritrovata velocità di crociera narrativa, filtrata attraverso il νόστος (ritorno, in greco) dell’eroe alla sua piccola Itaca fatta di sguardi evitati e fiori su una tomba, ma soprattutto di mezze bugie e mezze verità. Dall’altro lato, l’outro (l’esatto opposto dell’intro, in gergo tecnico) che premia solo chi sa attendere dopo gli interminabili titoli di coda, e che ci conferma che, dopo una manciata di vignette amare, qualcos’altro inizia.

Ha tutto ciò la dignità di uno speculum iustitiæ?
Chi scrive non si abbarbica alla ricerca di una risposta predefinita da offrire a chi legge: la negazione (forzata) del rimorso è necessariamente giustizia? In questo non si avanza quindi nessuna riserva neanche allo stesso Vietti (e a tutta l’èquipe neveriana che ha contribuito a mettere in piedi questa nuova saga in 6 parti, o forse 3+3).

...il sangue stesso che imbratta il corpo di Nathan ci ripropone la più antica delle domande: dove è il bene e dove è il male?...
Parimenti, non si avanzano complimenti sovrabbondanti ai disegnatori, proprio perchè dalle viscere di Sub City, al sacrificio di Urania fino alla corte dei miracoli, sono stati in grado di introdurci a pagine, ad eventi, ad umanità dolenti, di fronte alle quali è il sangue stesso che imbratta il corpo di Nathan a riproporci la più antica delle domande: dove è il bene e dove è il male?

Allora sì che tutto è vero e tutto è falso. Gli intenti di questa saga. Le nostre reazioni a caldo. La capacità degli autori di instillarci queste reazioni. Le reazioni degli stessi autori, una volta di fronte al risultato finale. E così via, risalendo all’infinito.

Num.199, pag.82
Disegni di Olivares

(c) 2007 SBE

Num.199, pag.82<br>Disegni di Olivares<br><i>(c) 2007 SBE</i>

Infine, non è necessaria una chiosa magniloquente. Ringraziamenti e riconoscenze all’ottima prova di "artigianato narrativo" che si insinua nell’hard SF, ma il suono è quello dell’applauso di una mano sola. L’altra mano è al di là dello specchio.
Ad ognuno la scelta, se tendere o meno il braccio verso l’altra faccia di Möbius.

Fine

Quando la città muore - Nathan Never nn.194-199, di Stefano Vietti (testi), Paolo di Clemente (disegni nn.194-197) e Giancarlo Olivares (disegni nn.198-199)
Luglio-Dicembre 2007, mensile - Sergio Bonelli editore


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