La seconda trilogia

il compimento e la fine
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La seconda trilogia
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La seconda trilogia

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Le precedenti parti di questo articolo sono visualizzabili in "Quando 6 (non) è uguale 3+3" e "La prima trilogia"

Il compimento

"..E io capisco che davvero è successo..".

Silenzio assordante per il troppo rumore. La speranza di guardare ma di non vedere.

Alla fine, Urania soccombe a se stessa.

Gli incipit dei num. 197 e 198 innalzano un muto inno alla tragedia, dove i pensieri di Nathan riacquistano narrativamente un senso dopo molto tempo. Non è facile parlare dell’infinitamente grande, quando tutto è talmente fuori scala, talmente sovrabbondante, da annichilire qualsiasi altra cosa, qualsiasi definizione di pleonasmo.
Alla fine, Urania soccombe a se stessa. Alla fine, il silenzio è l’unico sfogo al troppo rumore, dentro e fuori i pensieri.

Due incipit, si diceva. Due diverse prospettive iniziali. Due stili visivi, entrambi asserviti ad una necessità induttiva che, dal particolare della solita mano che emerge dalle macerie, di un veicolo mozzato a mezz’aria, dell’apatia degli occhi di un corvo, o di un doccione che si sfracella su un suolo che non esiste più, risalgono lentamente ad una visuale totalitaria che, nonostante tutti gli sforzi di prospettiva, mal si adatta al formato della pagina.

Gli sguardi di Nathan
Disegni di Di Clemente e Olivares

(c) 2007 SBE

Gli sguardi di Nathan<br>Disegni di Di Clemente e Olivares<br><i>(c) 2007 SBE</i>

I retini usati da Di Clemente restituiscono un risultato più "naïf" rispetto al tratto chiaro, ma non meno "dark", di Olivares. Nel primo caso, la forza bruta che si ribella a chi nello spazio volle "seguir virtute e canoscenza"; nel secondo, la prima elaborazione del lutto, con inquadrature più documentaristiche, di chi ha preso coscienza di una lacerazione profonda ed eterna, e combatte per non cedere ulteriormente al collasso della pazzia.

...Alla fine, Urania soccombe a se stessa...
Ma non se ne potrà mai parlare in maniera esauriente. Lo sappiamo noi lettori come lo sanno Di Clemente ed Olivares. E come lo sa lo stesso Vietti che, sempre secondo il manuale di sceneggiatura di cui in precedenza, agisce stavolta in maniera deduttiva, focalizzando l’attenzione solo su alcuni tra sopravvissuti e sopravviventi: Branko, che dà sfogo come mai prima alla sua potenza fisica nello svellere le lamiere del suo motoscafo ribaltato, per portare in salvo May e Kay. Elania Elmore, che si confronta con un’atmosfera di squarciata quotidianità, giocando il ruolo di madre-coraggio nell’accorrere in aiuto e difesa di suo figlio, spostando detriti ed offrendosi come scudo umano agli strali della (solita) banda di malviventi. Eppure solo l’intervento (ed il sempre più smascherato coinvolgimento personale) di Solomon Darver costituirà la via di uscita per il suo incubo.
Cornice e collante di tutto rimane ovviamente Nathan, prima nella sua disperata ma fruttuosa ricerca di Sara, e poi come aiuto e guida della piccola Alice, rimasta ferita dalla normalità della pazzia di un mondo delle meraviglie al contrario.

La città muore e l’Agenzia Alfa rimane additata come unica responsabile. Nonostante la possibilità di alzare gli occhi al cielo (num. 197, pag. 89) per contemplare lo spettacolo della flotta di Melpomene giunta in soccorso, i pensieri scorrono frenetici, come la gente che si affanna a ripopolare le strade, nello sforzo e nell’illusione di estirpare dai propri sensi quel cadavere che porta il nome della Musa dell’Astronomia e che - ironia del destino - squarcerà per sempre il velo di stelle toccato in sorte alla Città.

I pensieri scorrono frenetici, e a farne le spese è anche un epilogo stringato in cui si compie il destino di Nicole, rifugiata e contemporaneamente persa nell’altroquando delle braccia e dell’amore di un uomo.

Il destino di Nicole
NN 197

(c) 2007 SBE

Il destino di Nicole<br>NN 197<br><i>(c) 2007 SBE</i>

La fine

È il momento di calare tutti gli assi nella manica, e stavolta è lecito anche presentarsi al tavolo da gioco con un mazzo di quaranta carte tutte identiche (come fece Totò in uno dei suoi più grandi successi).

Si parte allora con panoramiche di forte impatto, che si avvicendano lungo l’immaginaria linea che unisce lo sguardo di Nathan a quello del giudice Morrigan, comandante in capo del corpo dei Proconsoli, mentre questi sorvolano tracotanti l’Alfa Building prima di entrare in Urania.
Proconsoli...chi erano costoro? Formiche corazzate venute alla ribalta per addomesticare una sindrome post-apocalittica, burocrati ottusi anche nell’interpretazione della vecchia regola del bastone e della carota, "fans" inconsapevoli, fuori luogo e fuori tempo, della Mega City One di Dredd e compari. Corazzati, appunto. Ma pur sempre formiche che, fintamente coraggiose, si immergono nella bocca addormentata di Urania, assoggettate a palazzi/denti che cadono perché non più sorretti da avvizzite gengive tecnologiche. Il tutto immerso in vignette verticali che esaltano lo slancio della tavola, grandangoli che richiamano in sottofondo un ritmo anapestico di attesa, pronto a cedere il posto ad un tappeto sonoro di archi e di vento quando compare il mistero più grande di tutti: la stella cometa attorniata da una moltitudine di Magi, messisi in cammino dopo aver ricevuto una chiamata che, alla luce di quello spettacolo, non può non trasmettere un fremito quasi messianico.

E il miracolo avviene.
Una mano di luce restituisce la vita ad un bambino e si manifesta così al Proconsole "dormiente".
Il miracolo e il dormiente, The miracle and the sleeper, come in Metropolis part.1, uno dei pezzi storici dei Dream Theater, che tra l’altro recita: I was told, if you dream of a next world, you’ll find yourself swimming in a lake of fire.
Il mondo del futuro. Il fuoco della distruzione.

The miracle and the sleeper
NN 198

(c) 2007 SBE

The miracle and the sleeper<br>NN 198<br><i>(c) 2007 SBE</i>

...il mistero più grande di tutti: la stella cometa attorniata da una moltitudine di Magi...
Distruzione. Come Delirio, Desiderio, Disperazione, Sogno, Destino. E Morte. Le sette personificazioni antropomorfe cantate nell’universo gaimaniano di "The Sandman" si radunano tutte nell’immenso teatro fuori e dentro la Città, fuori e dentro Urania.
Urania che decide, secondo disegni imperscrutabili ai più, chi accogliere nel proprio grembo abitato dagli occhi dei ratti. Urania che sceglie di ergersi ad altare sacrificale dell’estremo confronto tra Nathan e la sua nemesi Andy. Urania che seleziona i "suoi" buoni dai "suoi" cattivi, influenzando (forse inquinando) le azioni ed i pensieri, dividendo alcune persone ed unendone altre.

"..Urania! Immensa e gelida..essa è viva! Si è appena risvegliata dopo anni di sonno..e sembra pregustare l’ecatombe che porterà sulla Terra..io lo sento!..." (num.199, pag.43)

Con queste parole il grande burattinaio finisce di imbastire tutti i punti e dà inizio alla fine.
Ecco allora che si tornano a respirare per un attimo quelle atmosfere oniriche che impregnavano quasi fanciullescamente le pagine una quindicina di anni fa, quando l’eco dal futuro delle guerre contro i Tecnodroidi si faceva largo tra i sogni di Nathan, e la sagoma di Ann/Dakkar soffocava in gola le domande, assieme ai miasmi delle macerie. La sequenza in cui Nathan incontra in sogno Alice che gli indica l’accesso ad Urania (num.198) restituisce quel senso di vuoto silenzioso, venato di voci lontane, in cui è legittimo e necessario che un uomo si senta perso di fronte all’evidenza dell’infinito.
Ecco che le pagine centrali del num.199 segnano impietose ed efficaci la cronaca di uno di quei "prima" di cui si è avuto modo di parlare: una regolare ripartizione delle tavole, in cui i particolari si rincorrono secondo schemi ben precisi e giocano con i confini delle singole vignette, replicando un montaggio dal ritmo alternato, lento/veloce, lento/veloce, e restituendo in definitiva un effetto finale che ricorda da vicino molti dei capolavori di Frank Miller.
Ecco che, nel prologo del num.199, ancora una volta un filo invisibile si diparte, zoomando dalla corona scura attorno agli occhi di Nathan attraverso un efficace piano sequenza, per ridiscendere verso l’apparente solidità dello sguardo di Darver.
Ecco che lo stesso Darver abbatte (o rimane abbattuto da) l’ultimo e più difficile ostacolo, costituito dai pochi centimetri che allontanano le sue labbra da quelle di Elania Elmore.

Ecco che, finalmente, quell’abisso delle memorie che aveva iniziato a colmarsi con la morte di Ned Mace, si riapre nello squarcio degli occhi di Andy Havilland, cui la luce viene tagliata via dalla eclissi di rabbia di chi, un tempo, vinse se stesso e seppe guardarsi dentro.

Il fuoco della distruzione
Disegni di Olivares e D. Bastianoni

(c) 1994-2007 SBE

Il fuoco della distruzione<br>Disegni di Olivares e D. Bastianoni<br><i>(c) 1994-2007 SBE</i>

Continua in "Nathan, Andy e lo "Speculum Iustitiæ"



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