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" Wild Bill"

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Il pistolero orbo
recensione di Francesco Manetti


TESTI
Sog. Gianfranco Manfredi
Sce. Stefano Lugano e Gianfranco Manfredi
   

Malgrado in quasi tutti gli albi che hanno preceduto questo "Wild Bill" siano presenti sparatorie, cavalcate nelle praterie e scontri fra indiani e giacche blu, sarebbe senz'altro riduttivo definire e classificare Magico Vento come serie western. Rielaborando temi e personaggi da feuilleton ottocentesco (ovvero introducendo, ad esempio, personaggi come Dick Carr e Rita), ponendo un'inedita attenzione alla cultura dei native americans, ricostruendo - sia pur, romanzescamente, mediante gli intrighi politico-affaristici di Hogan e della Volta Nera - la storia degli Stati Uniti d'America della fine del XIX secolo, Manfredi ci offre senz'altro qualcosa di pi� complesso di un semplice western; o, se vogliamo, ci offre una riformulazione di questo genere: un western ancora pi� attento, rispetto a quanto gi� fatto da alcuni registi cinematografici dalla fine degli anni '60 in poi, alla realt� storica, essendo fondanto su una vastissima documentazione, e nel quale ci� che accadeva nelle terre di frontiera viene legato a ci� che contemporaneamente accadeva nei grandi centri urbani dell'est.

""Wild Bill" � il primo western canonico della serie"
   
"Wild Bill" � invece il primo albo nel quale Manfredi scrive (con l'aiuto dell'esordiente Stefano Lugano) un western di stampo tradizionale. In albi come "Cielo di piombo" MV 12 e "La mano sinistra del diavolo" MV 19, nei quali avevano grande spazio sceriffi corrotti, duelli e saloon brulicanti di bari e cowboys, l'attenzione era posta, prevalentemente, sulla ricostruzione del passato di Ned; ne "I cancelli dell'Inferno" MV 34 e in "Acqua di fuoco" MV 42 alcune concessioni al soprannaturale (la morte del reverendo Hunger e l'iperbolica - e simbolica - capacit� di sopravvivenza di Sempre-in-piedi) erano estranee ai canonici elementi del western "classico". In "Wild Bill", al contrario, non c'� niente di diverso, n� nessun valore aggiunto, rispetto a ci� che pu� offrire, sia come trama che come ambientazioni che come personaggi, un western.

Al centro della storia � la figura del celebre Wild Bill Hickok, qui presentato come vittima, fisicamente, di un progressivo abbassamento della vista e, psicologicamente, di un senso di colpa per aver ucciso -sia pur per errore - Mike Williams, suo aiuto-sceriffo ad Abilene. Il soggetto � estremamente semplice: Hickok, dovendo affrontare una banda di texani decisa a fargli la pelle, � costretto suo malgrado a recuperare le forze fisiche e la lucidit� mentale, aiutato dai "buoni samaritani" Magico Vento e Poe, e a riprendere in mano la pistola.

Altrettanto semplice la sceneggiatura, sia per la linearit� della trama, sia per l'essenzialit� e la convenzionalit� dei dialoghi, non privi di cadute nella banalit� (vedi, ad esempio, frasi come "la cosa veramente difficile non � imparare a sparare, ma saperne fare a meno" detta da Wild Bill a fine albo a suggello di un percorso psicologico descritto in maniera decisamente approssimativa).

Magico Vento e Poe recitano da comprimari, rimanendo figure di secondo piano. Nessun componente della banda di texani spicca sugli altri per una qualsivoglia caratteristica, se non il suonatore di armonica a bocca, blanda "citazione" da "C'era una volta il West" di Sergio Leone. Ricompaiono gli abitanti di Glory, gi� visti ne "Il nemico sotto la pelle" MV 25, ancora una volta alle prese con un gruppo di malviventi che mette a ferro e fuoco la loro citt�; i personaggi restano per� macchiettistici (la battagliera Patricia e l'imbelle Wess) o stereotipati (il classico reduce senza un braccio, ma pieno d'orgoglio).



DISEGNI
Stefano Biglia    

L'albo � reso un po' meno mediocre dai disegni di Stefano Biglia. Malgrado manchi di personalit� (mi pare, ad esempio, di notare qua e l� un certo rifarsi allo stile di altri disegnatori della serie) e sia talvolta un po' incerto, il suo tratto � gradevole e ben leggibile. (Ancor pi� gradevole, per�, la copertina di Frisenda, pi� per la scelta dei colori che per l'immagine in se stessa, immagine priva di riscontro nella storia, dato che non avr� luogo alcun duello fra Magico Vento e Hickok.)

Mi ha invece lasciato un po' perplesso la fisionomia di Hickok, dato che, se non sbaglio, l'iconografia tradizionale raffigura questo personaggio con un viso allungato, non squadrato.



GLOBALE
 

Resta da parlare della curiosa somiglianza del soggetto di "Wild Bill" con quello di un vecchio numero di Ken Parker, "Il magnifico pistolero" KP 29 (sceneggiato da Alfredo Castelli su soggetto di Berardi), anch'esso incentrato sulla figura di Wild Bill Hickok nel periodo in cui questi, pur avendo problemi alla vista, era pi� che mai costretto ad incarnare il ruolo di imbattibile pistolero.

Una dichiarazione rilasciata da Manfredi sulla mailing list Ayaaaak esclude che si possa parlare di "plagio" (o, se preferite, di remake), dato che l'autore di Magico Vento afferma di non conoscere l'albo scritto da Berardi e Castelli. E' allora sorprendente constatare come, a partire da un medesimo spunto storico (Hickok ebbe effettivamente di disturbi della vista), due autori di talento abbiano ideato, indipendentemente l'uno dall'altro, una storia pressoch� uguale, persino in alcuni dettagli (penso, in particolare, alla scena nella quale Hickok uccide un serpente basandosi soltanto su quel che gli indica l'udito).
 

 


 
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