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Occhio per occhio recensione di Vincenzo Oliva
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Dopo un capolavoro come "Il ladro di bisonti", Magico Vento n. 33, per Gianfranco Manfredi il rischio era, inevitabilmente, di deludere i lettori. Fa piacere constatare che pur non trovandoci in presenza di una storia straordinaria come quella citata, o come MV n.16 "La Grande Visione", tale rischio non ha avuto il minimo modo di realizzarsi. Il soggetto di Manfredi � ricchissimo, ridondante perfino, e non vi � dubbio che le 94 tavole gli risultino strette e che Antonio Segura debba compiere non poche acrobazie per sottrarsi al pericolo di una banalizzazione della storia e dei personaggi. La scelta, cos�, sar� quasi obbligata. Abbiamo perci� una fase iniziale, narrativamente distesa, nella quale siamo introdotti con agio nel cuore della vicenda ed i personaggi (specialmente il reverendo Hunger, autentico protagonista dell�albo) ci vengono presentati con minuzia attraverso la descrizione delle proprie azioni: Segura "spreca" ben sei tavole (pagg.21-23 e 25-27) per mostrarci il reverendo Hunger e la sua banda di fanatici in piena azione, cos� come la visione dell�orso e del coyote, centrale per l�innesco della vicenda, permette al lettore di partecipare del dramma di una giovane vita spezzata ingiustamente e del tradimento delle speranze di una giovinetta Pawnee, rapita da una banda di Comanches per essere venduta ad un lenone bianco.
Da pag.36 con l�arrivo di Poe e Magico Vento ad Hell�s Gate viene impressa una prima accelerazione agli eventi. E� qui che per la prima - e unica - volta il soggetto scricchiola. E� poco credibile, infatti, che Ned, appena arrivato in un paese infestato di tagliagole e - presumibilmente - di informatori delle fazioni in lotta, si fidi tranquillamente dei due tipi male in arnese incontrati fuori dal saloon di Duke, al punto di farne seduta stante i propri alleati confidando loro l�intenzione di ripulire il paese. Questa fase intermedia � la pi� debole anche dal lato della sceneggiatura: stereotipato il dialogo tra Ned e i suoi alleati di cui sopra, cos� come la sparatoria all�interno del saloon di Duke; un po� troppo compiaciuta alle pagg.51-53 la descrizione della distruzione del magazzino da parte del reverendo, qui pi� mefistofelico che fanatico, come realismo avrebbe voluto. Tuttavia Segura si riscatta tratteggiando in modo eccellente i personaggi - compreso lo stesso Hunger -, ma su questo mi soffermo pi� sotto.
Alla scelta obbligata di imprimere un ritmo sempre pi� elevato alla narrazione - fino alle concitate fasi finali dell�albo, dove questo si fa frenetico, per stemperarsi appena nel segmento terminale - si aggiunge quella ancor pi� stringente di rappresentare nel pi� breve spazio possibile - ma compiutamente - i personaggi. Ecco allora che la via scelta � quella dell�ellissi, i personaggi ci vengono taciuti ed a caratterizzarli sono le loro azioni, quel che viene omesso, il poco che viene - strategicamente - rivelato. Abituati alla sovrabbondanza di particolari ripetuti e spiegati fin nei minimi dettagli, comune a troppe storie bonelliane degli ultimi anni, non ci par vero di essere invitati ad una festa come questa, dove con la secchezza degli incisi, con la dinamicit� espressiva, con la seduttivit� dell�allusione veniamo spinti a partecipare attivamente alla costruzione dei personaggi. Centrale per la storia, la figura di Hunger � anche quella che pi� beneficia dell�architettura ellittica della propria caratterizzazione. Sin dalla sua prima apparizione, a pag.17, preceduto dal tono profetico dei suoi discorsi, egli si pone come erede diretto di quella tradizione di fanatismo e repressione proibizionista che i Puritani portarono con loro dall�Inghilterra sul Mayflower.
Al solito molto buona la prova di Ortiz che qui ricompone - almeno in parte - il fortunato sodalizio con Antonio Segura che nel tempo ha prodotto tanti splendidi personaggi (Burton&Cyb e Hombre per citarne due) e che il lettore bonelliano ha avuto modo di apprezzare per due delle migliori storie di Tex degli ultimi anni: il secondo maxi "Il cacciatore di fossili" ed il terzo maxi "Caccia all�oro". Ortiz � perfetto nel rappresentare una storia di (stra)ordinaria miseria umana e materiale: quei volti segnati dalle rughe, dalle traversie della vita, dall�odio e dal decadimento umano e spirituale escono naturalmente dalla sua matita, maestra di scuri, di neri pieni e violenti, quasi dolorosi nella capacit� di raffigurare le sofferenze umane, e basti soffermarsi anche distrattamente sulla figura minacciosa, incombente dell�orso nella visione di Magico Vento, sulla scena notturna della mancata impiccagione del seguace di Hunger sotto una pioggia fitta cui Ortiz non d� il minimo valore di agente catartico che questa spesso svolge, e che anzi accentua l�impressione di essere immersi in una vicenda di umanit� sporca nell�anima, incattivita da brutalit� gratuite, capace solo di sentimenti di odio e di sopraffazione. Gli sfondi sono ricchi, oscuri, presaghi della distruzione, purificatrice s�, ma anche barbarica nella sua violenza, che si abbatter� su Hell�s Gate: � un west spietato quello che Jos� Ortiz tratteggia con abilit� e partecipazione emotiva, dando agio al lettore di immergersi psicologicamente nella rappresentazione drammatica allestita dai due autori.
Egregio il lavoro di Ortiz anche con alcuni personaggi di contorno, per primo l�anziano ex militare privo di una gamba: espressivo, incisivo, sardonico; una raffigurazione da manuale e anche qualcosa di pi�: il personaggio non � una macchietta, ed Ortiz interpreta puntualmente il testo in questo senso. Dove invece l�artista manca il bersaglio, � in certi ritratti di Poe e Magico Vento. Troppo rigido in genere Ned (anche se in alcune occasioni Ortiz ha mano felice, si veda a pag.31 la quarta vignetta, o la seconda a pag.41), e in almeno una vignetta disegnato con un collo esageratamente lungo (la sesta a pag.42); fin troppo sofferta, malaticcia, l�espressione di Willy, a parte alcuni dettagli che paiono incongrui: il naso "a patata" nella terza vignetta a pag.8, o gli occhi eccessivamente spiritati nella sesta a pag.30. La prova complessiva di Ortiz resta comunque di ottimo livello! L�esordio di Antonio Segura ai testi come sceneggiatore, in supporto di un Manfredi che evidentemente cominciava ad avere difficolt� nel reggere un ritmo di scrittura cos� sostenuto (� semmai rimarchevole che egli abbia saputo abbinare quantit� e qualit� cos� a lungo!), � largamente positivo, e le sbavature che si riscontrano qua e l� - inevitabili in una prima prova come questa, unitamente alla sincronizzazione non sempre perfetta tra soggetto e sceneggiatura - lungi dal preoccupare, fanno invece ben sperare per il futuro quando l�autore spagnolo avr� preso maggiore confidenza con il personaggio e le sue strutture narrative, sia che egli prosegua la collaborazione solo in qualit� di sceneggiatore sia che abbia modo di scrivere soggetti autonomi, fornendo un nuovo punto di vista sul personaggio. Per altro, alcune di queste piccole imperfezioni sono dovute ad un difetto ormai comune alla gran parte delle testate bonelliane, e che anzi in questa storia gli autori hanno ben aggirato, nonostante in passato sia stata la fonte maggiore delle pi� evidenti falle nelle storie di Magico Vento (peccati veniali, del resto, nell�economia degli eccellenti albi sin qui presentati): la lunghezza fissa delle storie.
Tuttavia, nell�ambito di una bella storia, ben ideata, ben costruita, graficamente riuscita, questi sono in fondo dettagli secondari, ed il lettore pu� ben dirsi ancora una volta soddisfatto di Magico Vento. Davvero pregevole, infine, la copertina di Pasquale Frisenda, con Ned e una ragazza al centro, illuminati come fossero in palcoscenico, al centro dell�attenzione, assediati dalle oscure, minacciose figure presenti nel saloon, dalle quali si distacca, unico ad avere un volto, ad assumere connotati reali - come a ricordare che la minaccia reale � sempre quella portata dall�uomo e non quella portata dalle ombre - il reverendo Hunger. I colori sono ancora una volta cupi, la scena scura ed opprimente, appena ravvivata dai colori caldi della casacca di Ned e dell�abito e della pelle della donna. Un ultimo tocco per una storia di ottima fattura.
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