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" L'incubo in cornice"

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Avete in casa un quadro che si anima, che non si lascia toccare, né staccare dal muro, né tanto meno distruggere e sul quale è raffigurata l'immagine di un killer dallo sguardo mefistofelico? Beh, forse è il caso di chiamare...

Magico Vento, l'indagatore dell'incubo
recensione di Francesco Manetti



TESTI
Sog. e Sce. Gianfranco Manfredi    

Quando si è uno sciamano in grado di affrontare e sconfiggere demoni e mostri, è inevitabile essere chiamati da amici, conoscenti e amici degli amici che si trovino alle prese con qualche manifestazione del soprannaturale. In "Whopi" (MV n.5), Magico Vento veniva chiamato dal maggiore Eccles per contrastare lo spirito della Donna Bisonte. In questo albo, egli corre invece in soccorso di un amico di Ronnie Leonard, il direttore del "Morning Star" (vedi l'epilogo de "Il figlio del serpente", MV n.7), per togliere la maledizione ad un quadro raffigurante un pistolero giustiziato sulla forca alcuni anni prima...

In che cosa consiste la differenza rispetto a quanto accade nella maggior parte delle storie di Dylan Dog? Nel fatto che Magico Vento non si fa pagare il corrispettivo in dollari di 50 sterline al giorno più le spese, non si porta a letto le proprie clienti (almeno per ora) e soprattutto nel fatto che egli, una volta accertata la presenza del soprannaturale, risolve inevitabilmente i "casi" ricorrendo alle proprie capacità di stregone Sioux.

Lasciando pur perdere queste (fastidiose) somiglianze con quanto possiamo trovare tutti i mesi negli albi della serie ideata da Tiziano Sclavi, che cosa ci offre, in ogni caso, questa storia? Sino almeno a metà albo, Manfredi riesce a creare un'ottima suspence: efficacemente inquietante il personaggio di Top, così come il mistero che circonda il suo ritratto; intriganti le figure della domestica dal dolce visino, del maggiordomo ben poco rispettoso dell'etichetta, del ricco uomo d'affari legato da una promessa di matrimonio ad una delle prostitute del bordello di Madame Blanche. Gli ingredienti per far scaturire qualcosa di avvincente ci sarebbero.

Subito dopo il colloquio di Magico Vento col vecchio giudice Halifax, però, il racconto ha una brusca caduta. I personaggi non vengono affatto sviluppati, o si risolvono comunque in schematismi risaputi e poco avvincenti: la ragazzina timida e taciturna nasconde incontrollabili tumulti interiori; il maggiordomo è semplicemente un vecchio porco; Top, personificazione del male allo stato puro, è privo della sia pur minima sfaccettatura (unico tratto caratterizzante: la trottola e nulla più). I dialoghi tramite i quali Magico Vento e Poe cercano di trovare una spiegazione al soprannaturale si fanno sempre più verbosi (e noiosi, in quanto ripetitivi). La storia perde ritmo e il modo col quale Manfredi fa sì che Magico Vento e Poe si liberino di Top è decisamente privo di inventiva.

Interessante l'inquadratura dall'alto nell'ultima vignetta di pag.62. Di buon effetto anche l'incipit, falsamente in medias res. Forse sarebbe stato meglio, però, strutturare questa sequenza iniziale su tre tavole, in modo da prolungare la suspence: così com'è, infatti, non appena si volta la prima pagina si capisce subito, gettando inevitabilmente un'occhiata sulla terza pagina, che quello che stiamo osservando non è altro che un incubo di Magico Vento.



DISEGNI
Goran Parlov    

Primo albo di Magico Vento realizzato graficamente da Goran Parlov, già disegnatore di alcuni numeri di Nick Raider (serie alla quale era approdato dopo un breve e travagliato debutto su Ken Parker) e di un Tex gigante (TX g11). Un disegnatore di indiscutibile talento, ma che in questo caso mi pare, a dire il vero, non del tutto convincente.

Molto apprezzabile il suo stile asciutto e dinamico, la capacità di rendere espressivo un volto o una scena con pochi tratti di matita. Non sempre, però, la sinteticità del segno si rivela efficace. Nelle ultimissime pagine, ad esempio, i primi piani di Poe (prima vignetta di pag.94) e di Magico Vento (terza vignetta di pag.96) mi sembrano sgraziati, così come non viene reso granché bene, sul volto di Mildred, il tumulto interiore della ragazza (mentre, al contrario, Parlov aveva saputo rendere perfettamente, nella prima parte dell'albo, il suo apparente candore, come dimostrato dall'ultima vignetta di pag.67). Abbastanza mal riusciti, inoltre, i tentativi di raffigurare il rossore (per timidezza o per collera) sulle guance della ragazza.



GLOBALE
 

Un numero abbastanza mediocre, nel complesso. Uno di quei numeri che non mettono certo voglia, al lettore occasionale, di continuare a comprare altri numeri della stessa serie. Del resto il punto di forza di Magico Vento consiste, a mio avviso (come ho già detto nella recensione a "Windigo", MV n.8), nell'esplorazione dei miti e delle tradizioni indiane e, per altri versi, nel "realismo" della rappresentazione, inteso sia dal punto di vista della credibilità psicologica dei personaggi e delle loro azioni (Poe, a mio avviso, è uno dei personaggi più a tutto tondo fra le attuali produzioni bonelliane), sia dal punto di vista dell'attenzione alla concretezza della realtà (le mosche che svolazzano nel n.1, la donna che vomita, nel n.9, per reazione al racconto delle efferatezze commesse da Derek...). Ma di tutto questo non c'è molta traccia in questo albo...

Si può notare e apprezzare, comunque, l'attenzione con la quale Manfredi costruisce un universo coerente attorno a Magico Vento, stabilendo al tempo stesso un certo grado di continuity fra i vari albi (a prescindere dalla sottotrama rappresentata dalla rivalità di Magico Vento e Poe nei confronti di Hogan). A pag.9, ad esempio, Poe accenna al maggiore Ellis (visto in "Whopi"). A pag.95 del n.7 veniva invece citato il bordello di Madame Blanche, che ci viene mostrato soltanto in questo numero.
 

 


 
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