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articolo di Mauro Dollari |
In occasione della pubblicazione del secondo attesissimo numero di Ghost in the Shell, la Star Comics provvede a richiamare all'appello i numerosi fans dell'acclamato Masamune Shirow (nome reale Masanori Ota), proponendo due edizioni di lusso rispettivamente delle due parti di questo eccellente fumetto. A dir la verità, si apprezza maggiormente la volontà di racchiudere la prima opera in un unico volume (era già stata pubblicata nei primi numeri di Kappa Magazine a partire dal lontano 1992), piuttosto che l'intento di offrire ai lettori la possibilità di leggere le due parti una di seguito all'altra. Tale considerazione nasce dal fatto che a creare quel legame che caratterizza il titolo del fumetto, non vi sia assolutamente nulla se non, appunto, il titolo stesso.
Tale versione preliminare, comprendente quattro episodi aventi i rispettivi titoli di Fat Cat (1991), Drive Slave (1992), Mines of Mind (1995) e Lost Past (1996), sarebbe andata perduta nel dimenticatoio, se nel 2003 Kodansha non avesse deciso di ristamparla per tutti coloro che non ebbero la fortuna di acquistare a suo tempo i numeri di Young Magazine contenenti le quattro storie. Il tutto è andato poi a comporre un set, completo di cdrom, dal titolo "Ghost in the Shell 1.5: Human Error Processor". Qui compaiono ancora i colleghi di Motoko Kusanagi e la famosa Nona Sezione. E' inoltre possibile leggere, per chi conosce il giapponese, un'interessante intervista all'autore a proposito di tale primordiale versione.
Motoko Kusanagi come l'avevamo vista in "GITS 1" non esiste più e al suo posto vi è un essere la cui esistenza non è relegata ad un singolo corpo (organico o inorganico che sia), ma al contemporaneo collegamento di più cyborg sparsi per il mondo e connessi tramite un'elaborata infrastruttura neuroreticolare. Un'idea estremamente originale e che si fonda sul concetto che nel futuro le interconnessioni fra corpi (in)organici e macchine vada ben aldilà delle più rosee prospettive di un certo Bill Gates. Dalla sua fusione con il Marionettista infatti, Motoko Kusanagi ha terminato di esistere e la sua essenza è divenuta parte integrante di un universo alternativo a quello dell'umana coscienza. Un cyborg non è più un uomo: ne conserva i tratti somatici, le esperienze sensoriali, un cervello ed un midollo, ma si proietta verso un cosmo estraneo e tutto da esplorare, da edificare e movimentare. E il ruolo di Motoko Aramaki, l'evoluzione di un personaggio ormai dimenticato nelle ultime pagine del primo volume, è quello di un moderno Buddha in tale universo inesplorato. Ne consegue che l'impressione iniziale è che un obbiettivo, un'entità o qualcosa di stupefacente si stia muovendo nella rete e vada a stimolare sia il mondo dell'elettronica sia quello più mistico della spiritualità, rappresentato in questo frangente dalla medium Tamaki Tamai. In realtà, ciò che sta per accadere è un evento sorprendente, tragico nella sua inevitabilità, ma necessario al prosiego della vita sulla terra. E' la fine della concezione umana dell'esistenza, come unica forma di vita dotata di ideali spirituali. Da qui la creazione speculare dell'albero triforcato, che determina l'esigenza, da parte delle anime elettroniche, di dotarsi di una sorta di religione, come quella degli umani.
Forse sarebbe troppo elevare questo secondo volume a moderno Kojiki (la cronaca degli avvenimenti antichi della mitologia giapponese) della religione cyborg, ma a tutti gli effetti i richiami di Shirow ad alcuni elementi tipici delle leggende giapponesi non lasciano dubbio alcuno su questa intenzione.
Si potrebbe tuttavia obiettare che, visti gli attuali standard di comunicazione nella rete internet e considerate le massicce moli di informazioni che attraversano i cablaggi e l'etere in ogni istante della giornata, ciò che Shirow rappresenta potrebbe essere appena un infinitesimo di quanto realmente viaggi nelle autostrade digitali: tempeste di bit, virus, barriere protettive, canali, diramazioni e chi più ne ha, più ne metta. E' però ovvio che a questo punto la realizzazione grafica di un simile mondo sarebbe stata davvero difficoltosa, se non addirittura impossibile. Pertanto è da ammirare lo sforzo dell'autore di voler offrire contemporaneamente una visione altamente tecnologica e semplificata di questa mistica rivelazione, incentrata prettamente sulla figura di colei che, per destino o per volontà, si ritrova coinvolta nella genesi di una nuova religione.
E tutte si muovono su fondali interamente (o quasi) realizzati in grafica 3D, secondo una fusione tra computer grafica e disegno manuale abbastanza gradevole e ben riuscita. Rispetto ad artisti quali ad esempio Marco Patrito, Shirow è sporco, reale, vivo. Unico neo (e non da poco), nonostante gli sforzi della Star Comics di portare ai lettori un'opera di tal genere ad un prezzo il più possibile accessibile, purtroppo abbiamo a che fare con una pubblicazione abbastanza scadente, in cui i colori e le ambientazioni risultano notevolmente alterati dalla stampa piuttosto scura e confusa. Nulla a che vedere con l'edizione americana della Darkhorse, caratterizzata da immagini nitide e ben più definite. E se tanto mi dà tanto, sarebbe lecito dubitare anche di una traduzione non propriamente all'altezza... Un consiglio per tutti, che forse aiuterebbe a godere meglio della trama cervellotica: mentre leggete quest'ultima storia di Shirow, evitate le note a margine (anche se alcune volte utili e curiosamente divertenti); spezzano la lettura e rallentano un ritmo già faticoso da inseguire.
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