La Saga delle Guerre Indiane
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- La Saga delle Guerre Indiane
- Vi stupirò senza effetti speciali, di Vincenzo Oliva
- Comprimari e pedine, di Cristian Di Clemente
- Perché non mi è piaciuta la saga, di Giuseppe Pelosi
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- Frammenti indelebili, di Fernando Congedo
- Per chi non ama il western... di Martina Galea
- Uno, Nessuno, Centomila di Giorgio Loi
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Recensione
- La Grande Visione di Magico Vento
in attesa delle guerre indiane, cosa è successo sin qui
Scheda IT-MV-100
- Crepuscolo degli eroi, Il
il numero 100!
Scheda IT-MV-101
- Bandiera bianca
il capitolo finale del ciclo delle Black Hills
Scheda IT-MV-97
- Guerra di Toro Seduto, La
valutazione (6,6,5) 78%
Scheda IT-MV-98-99
- Morto il 25 giugno
il Little Big Horn visto da vicino
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Frammenti indelebili, di Fernando Congedo
Come una scheggia. Conficcata inesorabilmente nella memoria. Lì, immobile e pulsante rimarrà il racconto delle gesta degli uomini rossi d'America che al tramonto del secolo diciannovesimo lottarono contro la barbarie dei civilizzatori finché la speranza di rimanere liberi sulle terre loro assegnate dal Grande Spirito non deformò i propri connotati, rivelando il volto pallido e ossuto dell'utopia. Come voce d'anziano - mutata in fotogrammi da mani quasi sempre sapienti -, scorre la narrazione nelle vene di chi ascolta: e quei personaggi tragici e sublimi escono per sempre dalle pagine e, vestiti di Storia e Leggenda, calzati di fantasia, scolpiscono quel che avvenne in un simulacro che non vuole esser vero: solo straordinariamente originale.La voce d'anziano tace. Chiuso l'ultimo albo. Nella mente, simili a spuntoni di roccia affioranti dalla bassa marea, echeggiano l'infuriare della battaglia, gli spari, le urla, il sangue, risuonano le voci dei superstiti, basse e stanche, i passi nella neve dei Sioux, uomini, donne, bambini.
Frammenti indelebili. Lo sguardo infinitamente triste dello sciamano bianco dei Lakota di fronte alle fiamme che, alte, divorano la prateria. La saggezza, l'orgoglio e il coraggio dei figli delle
Frammenti. Indelebili.
Per chi non ama il western... di Martina Galea
A me non piace il western. Proprio non lo reggo. Mio papà mi ha sempre detto, ridendo, che Clint Eastwood ha due espressioni: col sigaro e senza. E io gli ho sempre creduto, e ho sempre associato Clint e il suo sigaro al western. Saloon. Indiani. Cavalli. Lazos. Western insomma. E a me il western non piace.Ben chiari in testa i miei gusti fumettistici, mi sono sempre guardata bene dal comprare
...siamo a febbraio 2006, ho letto l'intera saga, e sto continuando a comprare
western non è genere, è uno scenario in cui si può ambientare qualsiasi tipo di storia, una cornice che può ospitare di tutto.
Parole vere, testate: in uno scenario ben definito, storie e saghe che superano qualsiasi stereotipo. E lo spaghetti-western lo lasciamo a Clint, qui c'è ben altro.
Uno, Nessuno, Centomila di Giorgio Loi
Molti hanno giustamente parlato degli indiani, perchéDopo la Storia del West di D'Antonio pensavo che non ci fosse più nulla di significativo da aggiungere alla controversa figura di George Armstrong Custer, storica e leggendaria nel contempo. Perfino Berardi, pur dall'alto della sua indiscussa tecnica, ci raccontò un Custer totalmente negativo, in linea con il clima revisionistico del periodo, addirittura vile e disprezzato dai suoi avversari.
Così pensavo, e sbagliavo.
In questa “Madre delle guerre indiane” l’avventura di Custer trova il suo tragico epilogo, e Manfredi riesce a offrirci un punto di vista nuovo e appassionante nonostante sull’episodio sia stato detto e scritto di tutto. Come? Raccontandoci di un uomo, un uomo reale, fatto di complessità e contraddizioni, di smodate ambizioni e rigore morale, di lucida spietatezza e senso della giustizia, di vanità e ironia, di sventatezza e indubbio coraggio.
Custer osserva pensieroso il fratello Tom
Magico Vento n.99, pag.39, disegni di Ramella e Volante
(c) 2005 SBE
Chi si aspettava una tesi precotta, un giudizio storico e morale su Custer, una condanna politicamente corretta piegata all’odierna sensibilità filo-indiana, non troverà niente del genere. Troverà invece tanti elementi per poter formulare un proprio giudizio, ma non sarà facile.
In due parole: un capolavoro.Questo Custer lo si potrà difficilmente amare o ammirare, e lo si potrà forse legittimamente odiare, ma non si potrà fare a meno di rispettarlo e di considerarlo di gran lunga migliore di quei politicanti e affaristi che lo hanno mandato deliberatamente allo sbaraglio facendone un martire utile ai loro inconfessati maneggi. La sua stessa morte, peraltro non storicamente provata nella sua modalità, ha una sfumatura ben diversa dall’alone di viltà con la quale Berardi l’aveva circonfusa. Quel “non vi libererete mai di me” suona come una sentenza: voi mi avete sconfitto, ma con la mia morte io sentenzio la vostra fine. Così fu.
In due parole: un capolavoro.
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