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Jonathan sa troppo su gli ultimi sviluppi del piano criminale del dottor Waterman. Anzi non sa niente, ma che importa?
L'uomo che (non) sapeva troppo
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Tra le numerose sottosaghe alternatesi sulle pagine di Jonathan Steele, quella riguardante le nereidi � stata sicuramente la meno interessante. Bersaglio mobile chiude la quadrilogia iniziata con il n.1 in modo tutto sommato piacevole, riannodando i fili lasciati in sospeso e guidando i personaggi al confronto definitivo.
L'esordio della storia, con la sequenza ambientata nel Perigord, � orchestrato egregiamente, un ottimo esempio di come andrebbe sceneggiata un'intensa scena d'azione. Pi� in generale, tutta la prima parte dell'albo � ottima: evidentemente Memola si trova perfettamente a suo agio con il tema della caccia all'uomo, che gli permette di alternare brevi ma efficaci squarci di azione a momenti in cui far valere la sua abilit� nei dialoghi. Con l'arrivo in Namibia, il plot prende una piega diversa e, nel complesso, il ritmo e l'interesse si sgonfiano parecchio. Tornano in scena il professor Waterman, i mutati marini e le nereidi, personaggi che confermano il loro scarso appeal. Ma, soprattutto, si ha l'impressione che la storia giri un po' a vuoto, con la trama che si riduce ad un canonico racconto di come Jonathan entri nella base, faccia un macello e risolva tutto. Tutto questo senza che n� Waterman n� le nereidi vengano minimamente approfonditi. Certo, troviamo sempre stimolanti e coraggiose tematiche come quella dell'eutanasia, che torna qui a far capolino sulle pagine della serie. Tuttavia, la scena in questione non pare ben integrata con il tono della narrazione, quasi che Memola volesse a tutti i costi inserire l'argomento, senza preoccuparsi troppo di contestualizzarlo adeguatamente. Sergio Ponchione conferma che il talento, anche da solista, c'� tutto. Molto bene i personaggi: la padronanza di Jonathan, in particolare, sembra ormai pressoch� totale. Le sequenze migliori sono quelle notturne, dove Ponchione gioca sapientemente con le ombre e con i tratteggi, ricreando effetti talvolta assai suggestivi (come nel confronto tra Jonathan e il divinatore).
Dopo alcune copertine davvero opache, Olivares realizza un ottimo lavoro, che coglie perfettamente lo spirito della prima parte della storia e ben si adatta al titolo di respiro jamesbondiano.
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