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" L'isola misteriosa"


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Intervento di Memola

Questo mese facciamo la conoscenza con il nuovo eroe della "scuderia" Bonelli, ma � una conoscenza che ci lascia un po' freddini...

Un inizio del "cribbio"!
recensione di Luigi Ferrini



TESTI
Sog. e Sce. Federico Memola    

Giudicare il primo numero di una serie per dare un giudizio sull'intera serie � non solo azzardato ma proprio concettualmente sbagliato. Ci� non toglie che fin dall'esordio appaiano chiarissimi gli intenti programmatici che l'autore, Federico Memola, intende seguire nel proseguimento della serie. Cerchiamo perci� di affrontare, qui di seguito, un'analisi il pi� possibile rigorosa del prodotto che ci troviamo tra le mani.

A cominciare dal nome: Jonathan Steele � il classico nome da eroe di telefilm avventurosi dei primi anni '80 (pensate a Jonathan Power, per esempio), e questo � sicuramente un fattore voluto: il fumetto che abbiamo tra le mani sar� prima di tutto un classico fumetto d'avventura. Del resto, in tal senso � paradigmatico pure il titolo del primo episodio, preso pari pari da quella che � per definizione LA letteratura avventurosa.

Riguardo al protagonista, possiamo dirci contenti almeno per quanto riguarda un aspetto: Jonathan non ha nessun punto di contatto con Dylan Dog. Salvo, volendo, la sua qualifica di investigatore privato, che comunque non � certo un'esclusiva dell'Indagatore dell'Incubo. Non ci sono amici ispettori, assistenti deficienti, incubi su cui indagare, retorica sentimentale; Jonathan va persino in bianco con le ragazze (in tutte le ultime serie uscite, notatelo, c'� almeno uno di questi fattori).

A questo si aggiunge tutta una serie di argomenti e tematiche delle quali in casa Bonelli non si � sicuramente fatto un abuso. Si parla di magia e di mitologia greca; si intuisce che si parler� di fantascienza e di spionaggio, che ci saranno azione, gags, retroscena sentimentali e una certa libert� (non eccessiva, fortunatamente) in termini di nudo. Anche le "citazioni" sembrano essere in qualche misura diverse da quelle presenti sugli altri albi Bonelli: si rifanno pi� all'immaginario degli anni '80 che non a quello degli anni '70. Il riferimento ai manga, inoltre, sembrerebbe doversi rivelare una costante della serie.

Peccato che in questo primo numero non ci sia davvero niente di tutto questo.

Questo numero uno sembra una "demo" della serie, che ci dice: "Se comprerete anche i prossimi albi, vedrete davvero tutto ci� che vi abbiamo accennato in questo numero". Ci� non stupisce, se si conoscono alcuni dei retroscena che hanno portato alla nascita della serie: il primo numero sarebbe dovuto essere un altro, ma poi le solite pressanti ragioni editoriali hanno fatto optare per questa scelta. Anche se questa affermazione sembra un po' una scusa (era stata usata anche per il primo numero di Nathan Never e per il primo di Brendon), non possiamo che accettarla e dare fiducia alla serie per un altro po'.

Perch� sicuramente, ed entriamo finalmente nel merito dell'albo, la nostra fiducia non sembra essere meritata da questo primo episodio. Il soggetto � indubbiamente fiacco: probabilmente si � tentato di scrivere una storia "avventurosa" in senso classico, che non rendesse troppo traumatico l'approccio per i lettori. L'intreccio e le tematiche sono effettivamente oltremodo scontate e facilmente intuibili nel loro svolgimento fin dalle prime pagine. Ci� non toglie che non ci sia alcun tipo di incoerenza o faciloneria narrativa (a parte alcuni particolari, che per� sono errori di sceneggiatura, e che trovate nella scheda della storia), n� "buchi" di sorta.

La sceneggiatura, dal canto suo, presenta almeno due grossi difetti. Il primo sta nella banalit� dei dialoghi che, ben lungi dalla retorica di Brendon, si dimostrano comunque banali e artefatti, assolutamente poco spontanei.

Il, secondo difetto, ben pi� grave, sta nei repentini cambi di ritmo narrativo, che rendono l'idea di un "patchwork", di un montaggio raffazzonato. Si alternano infatti lunghe sequenze didascaliche a scene puramente di azione, scene "manga-like" a sequenze di impianto pi� classico, con il risultato di contribuire all'idea di cui parlavamo prima, quella della "demo" di testata. Del resto, non � sicuramente una scelta felice quella di presentarci l'universo in cui si muover� Jonathan attraverso una lunga serie di didascalie iniziali. Probabilmente, il modo pi� facile, ma anche quello narrativamente meno coinvolgente e interessante. Da questo mancato coinvolgimento iniziale, scaturisce un mancato coinvolgimento di tipo generale e passa la voglia di comprare il secondo numero.

A questo si aggiungono altri problemi, che evidenzieremo di seguito, commentando i disegni.



DISEGNI
Gino Vercelli    

Gino Vercelli, che non sar� uno dei disegnatori della serie, e che quindi si limita a comparire in questo numero uno, non � del tutto a suo agio in questa ambientazione. Il risultato non � cos� eclatante: la resa delle creature magiche non � eccezionale, cos� come la caratterizzazione grafica dei personaggi.

In compenso, molte sono le cose da notare:

Le "splash-page". In pi� di una occasione le tavole si articolano su due pagine. Sebbene in alcuni casi sembrino pi� dei tentativi di "allungare" un brodo piuttosto insipido, l'intento � lodevole ma poco efficace. Soprattutto per colpa della rilegatura bonelliana, che impedisce di vedere correttamente il bordo interno delle tavole.

Il taglio delle vignette in stile manga. Le pagine 56-57 sono un valido esempio, peraltro ben realizzato, del layout "nipponico" delle tavole. La domanda che sorge spontanea � per�: perch� introdurre un layout pi� libero solo in alcune piccole parti dell'albo? Paura di sconvolgere il lettore?

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Le contaminazioni nipponiche, dalla pagina 56 - disegni di Vercelli - (c) 1999 SBE

Sempre il riferimento al manga si pu� trovare nell'utilizzo intensivo delle linee cinetiche dello sfondo. Tradotto in parole povere, non sono gli oggetti in movimento a essere sfocati rispetto allo sfondo, ma viceversa: � lo sfondo che si muovo dietro agli oggetti, che risultano fermi. E' questo un tipico codice grafico giapponese che pian piano si sta affermano anche in occidente.

Peccato che qui se ne abusi un po', per descrivere anche alcune situazioni effettivamente statiche, come a stimolare un effetto "drammatico" che comunque poteva essere risolto in altri modi (un esempio � la sequenza "statica" delle pagg.58-59).



GLOBALE
 

Qualche parola, per finire, sull'impostazione grafica e sulle rubriche. La copertina (di un bel viola che ci rivela quanto in Bonelli non ci siano persone superstiziose) pur se ben disegnata, non � particolarmente d'impatto. E' molto simile a quella del primo numero di Nick Raider, e ci presenta, come consuetudine quasi sempre rispettata, il protagonista a figura intera e con la sua arma in mano. Un mostro, inoltre, compare minaccioso; in genere, nei vari "numeri uno" bonelliani, del mostro si vede solo un artiglio che emerge dal basso della tavola. Qui ci stacchiamo dalla tradizione (ma nella copertina del prossimo numero la tradizione verr� prestamente recuperata!), ma in compenso del drago che svolazza non si trova nessuna traccia dentro l'albo. Per il resto, il logo del personaggio � un po' anonimo e poco d'impatto. Anche la colorazione non regge il confronto con le splendide copertine di Brendon o di Julia. La costola invece � molto bella ed elegante, di un colore, il verde, che � statisticamente il meno utilizzato nelle costole degli albi Bonelli.

Per quanto riguarda le rubriche, probabilmente � presto per pronunciarsi, dato che met� dello spazio � occupato dalla consueta presentazione dell'albo; in compenso la posta non sembra particolarmente dominata dall'idiozia, come accade in altre testate, e questo ci fa sicuramente piacere.

Il voto globale � stato lievemente abbassato, perch� una storia del genere tradisce molte aspettative e non avrebbe dovuto essere proposta come primo numero della serie.

 

 


 
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