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Il dramma messo in scena dalla compagnia Unicorno ricorda lo stile registico di Jerzy Grotowski, ideatore di un teatro povero, centrato sul corpo dell'attore
Il teatro povero di Grotowski Nel 1968, periodo di grandi fermenti e innovazioni, esce una raccolta di saggi intitolata Per un teatro povero (in Italia edito da Bulzoni Editore): il libro � una sorta di manifesto delle tecniche teatrali ideate da Jerzy Grotoswi (1933-1998), un regista polacco, direttore del Teatro-Laboratorio di Opole, in Polonia. Secondo Grotowski, lo spirito del teatro del suo tempo si � notevolmente impoverito, in quanto si � cercato di introdurre tecniche proprie del cinematografo e della televisione, per produrre maggiore spettacolarit� e attirare pi� pubblico. In realt� questa manovra si � rivelata un fallimento, perch� ha ridotto il teatro a mera brutta copia di altre due tipologie di spettacolo. Grotowski propone perci� di eliminare tutti quegli elementi non necessari per creare il teatro, lasciando gli unici due basilari: l'attore e lo spettatore. Lo spettatore � ovviamente un obbligo, perch� si pu� parlare di spettacolo solo se c'� qualcuno che guarda qualcosa (spettacolo, da spectare: guardare). Purtroppo, per�, il regista non pu� lavorare sul pubblico, non pu� costruirlo a suo piacimento. L'unico elemento completamente nelle mani del regista � l'attore, ed � su di lui che Grotowski concentra i suoi sforzi.
Il teatro di Grotoswki � quindi un teatro povero, perch� privo di tutti quegli accessori tipici del teatro ricco: luci, trucco, scenografia, effetti sonori, costumi...Qualsiasi forma di spettacolarit� viene creata solo ed esclusivamente dal corpo e dalla voce dell'attore. Nel Teatro-Laboratorio gli attori vengono sottoposti ad un vero e proprio allenamento, per poter arrivare ad una perfetta padronanza del proprio corpo e della propria mente: l'attore deve riuscire ad esprimere completamente le proprie sensazioni, senza che alcun altro impulso si inserisca nel processo.
(da Per un teatro povero, Bulzoni Editore) Senza analizzare troppo nel dettaglio le implicazioni quasi filosofiche delle teorie di Grotoswi (che mirava a plasmare l'uomo prima che l'attore), � interessante osservare le pure tecniche di allenamento e recitazione, che, in maniera molto schematica ed essenziale, la Miuchi propone all'interno della compagnia Unicorno.
Per Grotoswi, il corpo dell'attore � uno strumento dal quale bisogna rimuovere qualsiasi blocco, sia fisico, sia mentale. Bisogna quindi procedere attraverso una via negativa: nel momento in cui si sperimenta una data posizione o un dato gesto, bisogna cercare di togliere, eliminare, sfrondare tutti quegli altri elementi gestuali che non rendono il gesto puro e diretto. Grotowski allena gli attori alla respirazione, alla creazione di figure antropomorfe (a "gatto") e non (a "ponte"), per sciogliere il corpo, a saltare e a fare capriole, e cos� via. Uno degli esercizi consigliati dal regista � la fioritura ed appassimento del corpo: il corpo � un elemento vegetale, un fiore, oppure un albero, con rami e foglie, che deve muoversi di conseguenza. Questa stessa figura viene proposta dalla compagnia Unicorno, che rappresenta degli alberi spogli, e soprattutto dalla misteriosa Dea scarlatta, che � proprio un albero. La voce e la dizione, unita alla corretta respirazione, contribuiscono a creare suoni e rumori, senza alcun altro accessorio fonico esterno. Il viso � una delle parti del corpo maggiormente allenata, per poter creare con i muscoli facciali tutta una serie di espressioni, senza ricorrere a trucco o a maschere. Qui di seguito, alcune delle maschere facciali create dagli attori di Grotowski, con il solo aiusilio dei propri muscoli:
Tutte le immagini degli attori sono tratte da Per un teatro povero, Bulzoni Editore, 1993, Roma.
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