Gea, la ragazza che non salvò il mondo
una disamina della lunga ed innovativa serie di Luca Enoch
Articolo di O.Tamburis, A.Tripodi | | gea/


Gea, la ragazza che non salvò il mondo
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Recensione
- Happy (?) end (?)
Gea ci saluta... più o meno
Scheda IT-GE-18
- Casa dei canti, La
valutazione (6,6,6) 80%
La "scomoda" Gea
È prassi comune, a volte più una moda, puntare il dito verso il rapporto di identificazione/osmosi che si instaura tra un autore della cosiddetta "letteratura disegnata" (tanto per volerci mantenere su un tono aulico e compiaciuto) e la sua creatura di carta. Gli esempi si sprecano, anche volendo limitarci al panorama nostrano.Direttamente conseguente è poi la questione, spesso più speculativa che altro, relativa al rapporto che si viene a creare tra creatura di carta e "patrigno", subentrato in alternativa al (o al posto del) creatore vero e proprio. In questo caso è più lecito fare dei nomi, pur nel semplice recinto bonelliano: al di là dello scontato Nizzi per Tex, si può pensare a cosa abbia rappresentato Chiaverotti nel periodo di reale maturazione di Dylan Dog, o allattuale gestione-Vietti su Nathan Never, con il quale linossidabile archetipo "bladerunneriano" dellagente speciale, con annessi impermeabile e ciuffo al vento, ha ceduto spazio in favore di una fantapolitica più "moderna" e dichiaratamente cyberpunk.
Più sottile è poi unulteriore sottotraccia che allude a quellesigua stregua di "patrigni" che, senza la precisa volontà di contravvenire al decalogo del personaggio fissato ab origine, hanno sondato le sue pulsioni più ime, meramente umane, fagocitando dallinterno le impalcature delle convenzioni e provvedendo a riempire il vuoto rimasto con una sorgente amniotica che, pur lasciando inalterato il disegno di superficie, ne ha almeno nelle loro mani alterato colori e riflessi. Nulla è cambiato. Tutto è mutato. Il solo nome della Barbato può bastare (per ora).
...e come i cantautori, questi "autori completi" vanno interpretati, vanno coltivati, seguiti, ricusati e magari assolti e ritrovati, e vivaddio quando, anche nella morsa delletichetta di "fumetto popolare", sanno anchessi parlare per rime e celebrare lamore.
Ce ne sono sulla piazza di autori completi. Tavola e parole, inquadrature e dialoghi, soggetto e regia, estro stilistico e rispetto dei canoni. Discendenti dal medesimo ceppo dei cantautori, assolutamente svincolati questi ultimi dalla ricerca della rima a tutti i costi, vocati a cantare di terra e di lavoro, di guerre e di inezie, e finanche di amore.
E come i cantautori, questi "autori completi" vanno interpretati, vanno coltivati, seguiti, ricusati e magari assolti e ritrovati, e vivaddio quando, anche nella morsa delletichetta di "fumetto popolare", sanno anchessi parlare per rime (scompagnate) e celebrare lamore (balordo e sbilenco).
Luso di così numerose proposizioni concessive è un segno: il segno che, molto più che in passato, etichette di rigida distinzione non hanno ormai molta ragion dessere. Attualmente in via Buonarroti è un continuo spiegamento di fanfare per in nuovi traguardi raggiunti, per le innovazioni editoriali che vanno sotto il nome di "miniserie" e "romanzi grafici". Per le prime, nomi come Brad Barron (Faraci) e Demian (Ruju) dovrebbero fornire il modello concreto dellattuazione di tale nuova "strategia narrativa" (espressione che tenta di mettere insieme il buono e il cattivo dellapporto aziendale e dellopus artigianale che stanno dietro alle testate citate); per quanto riguarda le seconde, più che soffermarci su romanzi a fumetti o balenotteri one-shot, il riferimento va chiaramente a Volto Nascosto di Manfredi, il quale ha tenuto a sottolineare a più riprese come ogni numero della sua miniserie (non si scappa dalle etichette, è come una tautologia!) sia da intendersi come capitolo di unopera di più ampio respiro.
Allora le differenze tra le due tipologie di prodotto sono reali, o piuttosto, arrivati ad un certo livello di analisi, poco più che edulcorati sofismi? E questo solo perché il progetto editoriale parte da una logica di continuity volutamente serrata? Allora Gregory Hunter (Serra), se avesse goduto migliori fasti editoriali, avrebbe dovuto meritarsi un appellativo da "romanzo infinito", o qualcosa del genere? E meno male che non si è assistito al proliferare del termine "ibrido", che oggigiorno fa tanto avanguardia.
È probabile allora, anzi quasi scontato, che le sostanziose credenziali accumulate dallenochiano Luca (calembour voluto, dato il carattere delle avventure di Gea) come "autore completo" gli abbiano garantito una forte cifra di indipendenza stilistica, pur nel costipato sfavillio delleditoria popolare.
Un connubio che ha originato quel che normalmente si bolla come risultato forse troppo avanti per i tempi; questo però - e ne siamo ben consapevoli - lo diciamo solo per cercare una tardiva assoluzione ai nostri pregiudizi.
Lo diciamo chiamando immancabilmente in causa il senno di poi.
Lo diciamo ora che, a mente più fredda, siamo più propensi a realizzare come lordine meticoloso di una tela di scuola classica sia stato manipolato, disturbato, finanche incancrenito attraverso una digradazione paranoica (da intendersi quanto più possibile nellaccezione etimologica del termine, e di conseguenza nellestensione ad espressioni quali "παρανοίας έλειν τινα" , "accusare di qualcosa", Aristotele) che, nella rappresentazione di un oggetto, ne cela al contempo la rappresentazione di un altro del tutto differente; un percorso in cui lautore comunica un modo di pensare che procede per similitudini e associazioni, e che attraverso pretesti e coincidenze finisce con il rivelare le idee (e/o le ossessioni) che lo hanno guidato. Il fulmine della "tempesta" di Giorgione che carbonizza i placidi pastori che sognanti lo contemplano da lontano.
Ancora una volta, lo diciamo per spiegare almeno alcune delle ragioni che rendono così intensa questa "scomoda" Gea.
Gea, chi era costei?
Gea, il fumetto, la cui pubblicazione si è recentemente conclusa al diciottesimo numero, ancora più del personaggio, ha rappresentato una peculiare originalità nel panorama fumettistico non solo italiano ma anche, senza esagerare, internazionale.Innanzitutto per la periodicità. Una periodicità semestrale per un fumetto prodotto in formato popolare non era mai stata azzardata. Un rischio enorme dal punto di vista commerciale. Una tale periodicità alimentava le probabilità che il lettore si disaffezionasse facilmente del personaggio, addirittura se ne dimenticasse.
Sergio Bonelli aveva inteso correre il rischio perché aveva la massima fiducia nella capacità dellautore, soggettista, sceneggiatore e disegnatore di quelle storie che stavano prendendo il via, di creare un rapporto confidenziale con il suo lettore. Senza illudersi di riuscire a creare un caso editoriale (alla Dylan Dog, per intenderci) con conseguente successo commerciale, Bonelli però confidava nel fatto che Enoch avrebbe potuto contare su una schiera di fedelissimi che non lavrebbero tradito facilmente.
Ma chi era e cosa rappresentava Luca Enoch nel giugno del 1999 quando fu edito il
C'era una volta Sprayliz...
Enoch aveva già ottenuto una certa notorietà ideando la figura della teenager graffitara Sprayliz. Pubblicata per la prima volta sul n.14 del LIntrepido del 6 ottobre 1992, il personaggio aveva quindi avuto lonore di una testata tutta sua, edita, per 11 numeri, dalla casa editrice Star Comics. Nonostante successi di pubblico e di critica leditore, a causa di dissapori con lautore, decise di chiudere la testata appunto dopo 11 mesi di pubblicazioni.
Sprayliz si era presentata come una eccezione nel panorama fumettistico italiano. Il fumetto aveva
...omosessualità, pornografia, razzismo, droga: temi sicuramente non originali in assoluto nel panorama fumettistico italiano, ma che per la prima volta venivano tradotti, sino a diventare tema dominante, in un fumetto popolare e seriale.
trattato temi impegnati e importanti, a volte scabrosi, affrontando problematiche che andavano dallomosessualità alla pornografia, dal razzismo alla droga. Temi sicuramente non originali in assoluto nel panorama fumettistico italiano, ma che per la prima volta venivano tradotti, sino a diventare tema dominante, in un fumetto popolare e seriale.
I moduli grafici e narrativi erano piacevoli e accattivanti. Enoch era in possesso di un tratto gradevole ma nello stesso tempo dinamico e le storie erano divertenti. Per quanto gli argomenti trattati fossero particolarmente seri, le storie di solito scorrevano con ritmo veloce. Questo nonostante labitudine dellautore di indugiare, qualche volta di troppo, in verbosità saggistico-descrittive del tutto fuori luogo in un fumetto.
Sprayliz, il fumetto, sicuramente aveva avuto una gran presa sui giovani. Con la sua sensibilità, evidentemente, Luca Enoch era riuscito in qualche modo a interpretare fantasie, aspirazioni e vaghezze della generazione che era venuta dopo quella che si era suicidata o arresa, nel momento in cui gli ideali di cambiamento erano divenuti insensata violenza. La graziosa graffitara interpretava tutti gli esponenti di quella nuova generazione, che era contro il sistema, ma si nascondeva senza apparire, lottava nelle retrovie, per non rimanere ancora una volta oppressa e schiacciata da una macchina oramai globale che si era mostrata così forte da apparire come un invincibile Moloch.
Nessun saggio o testo letterario aveva parlato o rappresentato quei giovani in maniera così brillante come lo aveva fatto Luca Enoch.
Sergio Bonelli era evidentemente rimasto positivamente colpito dal personaggio di Luca Enoch, tanto che, proprio nella consueta presentazione del
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