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" Angeli caduti
dal cielo "


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"...la creatura che ebbe il bel sembiante."
Inferno, XXXIV, 18, Dante

Angeli caduti dal cielo
recensione di Sabrina Mancosu



TESTI
Sog. e Sce. Luca Enoch    

Invisibili. Tali sono le entità intrusive che Enoch raccoglie intorno all'ambiguo Mortimer, splendido personaggio volutamente irrisolto - scaltro imbonitore o buon padre di famiglia? - fin quasi alla fine della narrazione. Invisibili nonostante il loro dignitoso e rassegnato esibire una "diversità" inaccettabile nel suo proporsi come reale. E che, paradossalmente, per essere ignorata deve mostrarsi, diventare attrazione solleticando la curiosità morbosa, crudele non meno che scettica, di chi in essa trova conferma della propria "normalità".

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Zek tritone per necessità
disegni di L.Enoch (c) 2003 SBE

Il "dietro le quinte" del carrozzone della Freak Parade è uno "spettacolo" per pochi, per chi accetta di confrontarsi, varcando confini arbitrari e, in realtà, indefiniti, con la "quotidianità" del Diverso scoprendo che le differenze non di rado sono sfumate (sfumano) e - a volerlo - impercettibili: uno stesso dolore di fronte al mistero della morte, uno stesso gioioso stupore davanti ad una nuova vita. E al curioso lettore, che osserva da sotto il lembo del tendone che Enoch tiene sollevato, non rimane che fare proprio il tono spesso beffardo dell'autore ma altresì chinare il capo di fronte ai silenziosi drammi che si consumano all'interno di una comunità di… non-esistenze.

Non è senza ironia, - riteniamo - che Enoch affida alle cure proprio di questi "ultimi tra gli ultimi" l'acerbo, e inconsapevole, Figlio del tuono, icona vivente di una superiore perfezione segnata dallo stigma della dannazione eterna. Colui che appare essere il prescelto per un rito destinato a portare la distruzione, e non la salvezza, sulla Terra.

Tuttavia l'autore gioca a carte scoperte come rivela una cover a dir poco spettacolare che introduce degnamente il personaggio anticipandone, nell'aspetto e nella posa, tutta la contraddittoria duplicità. E Angelo/ Ahriman interpreta ottimamente, nel corso della narrazione, l'impegnativo ruolo affidatogli che non si esaurisce, ovviamente, in un percorso, del tutto casuale, di acquisizione della consapevolezza della propria identità e natura.

La "perdita dell'innocenza" consumata nello spazio di una vignetta - quanto tempo avrà impiegato l'angelo più bello a peccare di superbia? - restituisce di certo alla nostra Gea un nemico temibile, e crea le premesse dell'inasprirsi di un conflitto ineluttabile ed epico… tuttavia il vero valore di questo personaggio risiede piuttosto nelle eco, distorte e no, che la sua figura riesce a far risuonare all'interno dell'albo. A partire da quella delicata bellezza, pulita e incorrotta, in chi è presentato come Figlio di Satana… che richiama con immediatezza e per contrapposizione il giovane Paco, dal volto segnato dal marchio di una dannazione non meno infinita solo perché terrena. Un altro angelo caduto, stavolta, dal cielo della presunta perfezione umana. Un marchio, il suo, sicuramente ben più spaventoso, nell'immaginario collettivo, di un paio di ali posticce e, a ben vedere, innocue corna.

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La "caduta" di Angelo, la consapevolezza di Ahriman
disegni di L.Enoch (c) 2003 SBE

Un gioco di rimandi mai banale o scontato come appare evidente anche sul finire dell'albo quando Enoch scioglie la duplicità di Angelo/ Ahriman perfezionando, apparentemente, quell'assonanza simbolica che si è mantenuta - intenzionalmente - per tutto l'albo, in realtà riconsegnando Ahriman ad un'appartenenza che lo priva di ogni aura di eterno castigo.

Il brutale atto di ripudio consumato ai danni del piccolo Spike, e indirettamente esteso a tutta la bizzarra famiglia che l'aveva accolto - stupisce, in tutta onestà, il mancato parricidio -, lungi dal realizzare una presunta natura demoniaca del personaggio ne sancisce, infatti, più semplicemente, la compiuta riappropriazione delle radici naturali e culturali. E consente, ancora una volta, all'autore di sottolineare come anche la contrapposizione frontale e distruttiva appartenga, possa appartenere, all'incontro con il Diverso specialmente se una delle due culture, o parti, riconosce come suoi principali valori fondanti la sopraffazione e l'annientamento e manca di qualsiasi disponibilità all'intesa. Tra le tante opzioni sicuramente la più sanguinosa e deleteria.

Le fa da immediato contraltare il ponte virtuale tra le "madri", con i loro bimbi, e i papà-satiri, un ponte ad unire individui diversi, culture diverse, mondi diversi. Un gradito ritorno (vedi albo n.2) per un messaggio di speranza e ottimismo in perfetto stile enochiano ;-). Ma anche - ci pare - per chi ricorda le polemiche cui "Il corteo di Dioniso" diede il via, un piccolo sassolino che l'autore si toglie dalla scarpa ;-). Un buffetto scherzoso che non esitiamo ad accettare dopo esserci commossi e insieme indignati davanti alla sofferenza, aver tanto riso con gli impareggiabili pesanti e una scatenatissima Gea, aver partecipato al dolore per le vite spezzate e ancora riso...

Merito di una solida sceneggiatura, lontana da ogni tentazione retorica, capace di intrecciare con semplicità le sequenze più dolorose e intime - raccontate con delicatezza, quasi con brusco pudore - con le scene di segno diametralmente opposto, spassose e divertenti, infarcite di battute salaci a suscitare una risata catartica, liberatoria. E che nei momenti topici non esita ad affidarsi completamente alla forza emotiva ed evocativa delle splendide immagini, abbandonando talvolta le parole e implicitamente concedendo al lettore di ricostruire, "scrivendone" le battute -personalissime - il flusso dei pensieri e delle emozioni dei personaggi rappresentati.

Le perplessità attengono ad elementi del tutto secondari: disturba la plateale indifferenza di una quindicenne, per quanto eccentrica e abituata a tutto, davanti allo scempio dei cadaveri all'interno del suo stabile, solo in parte, in questa circostanza, giustificabile sulla base di una sorta di "deviazione professionale"; ridondante la spiegazione data da Thorwald sulla filosofia dei pesanti, essendo esplicitata dai fatti e ripresa poi dalle parole di Leo. E considerando la penuria di giovani arconti nel mondo di Gea, ci lascia quantomeno dubbiosi quel provvidenziale cadavere abbandonato tra le rovine del carrozzone …



DISEGNI
Luca Enoch    

Non rinuncia, Enoch, a stupire il lettore. Lo anticipa, nelle prime pagine, quel piombare ad ali spiegate del grifone - niente più di un ombra poco sopra - addosso ai due cacciatori. Una figura maestosa che, nel suo superbo volteggiare e dominare la città e le vignette, riesce ad appagare con immediatezza gli occhi del lettore.

Difficile, altresì, resistere al fascino ambiguo del giovane arconte naturalmente altero nel portamento, quasi sprezzante nelle pose annoiate ed insieme tenero e protettivo negli affetti, esposto, vulnerabile. Ignaro e confuso in quel breve, intenso sguardo scambiato con una consapevole e disorientata Gea…

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Gea e Angelo: temibili, e ancora ignari, avversari
disegni di L.Enoch (c) 2003 SBE

E sono proprio queste le immagini che colpiscono nel profondo. Quelle nelle quali Enoch sceglie di affidarsi ai volti, agli sguardi, agli atteggiamenti lasciando che siano loro, con semplicità, a raccontare gli stati d'animo, i sentimenti, le situazioni… Senza indugiarvi, come sarebbe facile, quasi con ruvida discrezione, a suggerire più di quanto non dicano le parole.

Ovviamente sono le sequenze più dolorose quelle che rimangono maggiormente impresse ma … come sfuggire, ad esempio, alla carica tagliente della vignetta a pag. 51 che racconta la banale quotidianità di una giornata lavorativa all'interno della Freak Parade? A quell'immagine un po' defilata di Zek, costretto nelle vesti di un insolito tritone, mentre in pausa, le spalle curve, un telo a cingergli i fianchi, fuma una sigaretta aspettando il nuovo turno di "visitatori?


GLOBALE
 

Un albo importante, "Il figlio del tuono", nel suo anticipare, con l'inserimento del giovane arconte, l'innalzarsi del tono dello scontro. E nel suo mostrare, a distanza di otto numeri - quasi a metà strada nelle intenzioni dell'autore - una Gea dall'"aria diversa", per usare le parole divertite del pesante, parte a pieno titolo della casta dei baluardi, non più semplice novellina ma membro importante, dall'apporto fondamentale.

Tuttavia solo apparentemente il piano più immediato, legato all'evoluzione dell'impianto generale, domina la narrazione. Gli si salda con naturalezza l'altro meno intuitivo, sempre presente, solo a prima vista secondario, che è il contesto sociale di riferimento - nelle sue spinte contraddittorie - delle singole avventure. Quel piano su cui Enoch si muove, albo dopo albo, per rivolgere al lettore l'invito a percorrere altre strade nel confrontarsi con una "realtà", quella di Gea, che si conferma specchio non di rado sgradevole della nostra società.

Un invito che di certo non ha deluso chi, ancora una volta, l'ha accolto.

Vedere anche la scheda della storia.
 

 


 
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