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Sog. e
Sce. Luca Enoch |
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Invisibili. Tali sono le entità intrusive che Enoch raccoglie
intorno all'ambiguo Mortimer, splendido personaggio volutamente
irrisolto - scaltro imbonitore o buon padre di famiglia? - fin
quasi alla fine della narrazione. Invisibili nonostante il loro
dignitoso e rassegnato esibire una "diversità" inaccettabile nel
suo proporsi come reale. E che, paradossalmente, per essere ignorata
deve mostrarsi, diventare attrazione solleticando la curiosità morbosa,
crudele non meno che scettica, di chi in essa trova conferma della
propria "normalità".
Zek tritone per
necessità disegni di L.Enoch (c) 2003
SBE
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Il "dietro le quinte" del carrozzone della Freak Parade è uno
"spettacolo" per pochi, per chi accetta di confrontarsi, varcando confini
arbitrari e, in realtà, indefiniti, con la "quotidianità" del Diverso
scoprendo che le differenze non di rado sono sfumate (sfumano) e -
a volerlo - impercettibili: uno stesso dolore di fronte al mistero della
morte, uno stesso gioioso stupore davanti ad una nuova vita. E al curioso
lettore, che osserva da sotto il lembo del tendone che
Enoch tiene sollevato,
non rimane che fare proprio il tono spesso beffardo dell'autore ma altresì
chinare il capo di fronte ai silenziosi drammi che si consumano all'interno
di una comunità di… non-esistenze.
Non è senza ironia, - riteniamo - che Enoch affida alle cure proprio
di questi "ultimi tra gli ultimi" l'acerbo, e inconsapevole, Figlio del
tuono, icona vivente di una superiore perfezione segnata dallo stigma della
dannazione eterna. Colui che appare essere il prescelto per un rito destinato
a portare la distruzione, e non la salvezza, sulla Terra.
Tuttavia l'autore gioca a carte scoperte come rivela una cover a dir
poco spettacolare che introduce degnamente il personaggio anticipandone,
nell'aspetto e nella posa, tutta la contraddittoria duplicità. E Angelo/
Ahriman interpreta ottimamente, nel corso della narrazione, l'impegnativo
ruolo affidatogli che non si esaurisce, ovviamente, in un percorso, del
tutto casuale, di acquisizione della consapevolezza della propria identità
e natura.
La "perdita dell'innocenza" consumata nello spazio di una vignetta - quanto
tempo avrà impiegato l'angelo più bello a peccare di superbia? - restituisce
di certo alla nostra Gea un nemico temibile, e crea le premesse dell'inasprirsi
di un conflitto ineluttabile ed epico… tuttavia il vero valore di questo
personaggio risiede piuttosto nelle eco, distorte e no, che la sua figura
riesce a far risuonare all'interno dell'albo. A partire da quella delicata
bellezza, pulita e incorrotta, in chi è presentato come Figlio di Satana…
che richiama con immediatezza e per contrapposizione il giovane Paco,
dal volto segnato dal marchio di una dannazione non meno infinita solo
perché terrena. Un altro angelo caduto, stavolta, dal cielo della presunta
perfezione umana. Un marchio, il suo, sicuramente ben più spaventoso,
nell'immaginario collettivo, di un paio di ali posticce e, a ben vedere,
innocue corna.
La "caduta" di Angelo, la
consapevolezza di Ahriman disegni di L.Enoch (c) 2003
SBE
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Un gioco di rimandi mai banale o scontato come appare evidente
anche sul finire dell'albo quando Enoch scioglie la duplicità di Angelo/
Ahriman perfezionando, apparentemente, quell'assonanza simbolica che
si è mantenuta - intenzionalmente - per tutto l'albo, in realtà
riconsegnando Ahriman ad un'appartenenza che lo priva di ogni aura
di eterno castigo.
Il brutale atto di ripudio consumato ai danni del piccolo Spike,
e indirettamente esteso a tutta la bizzarra famiglia che l'aveva accolto
- stupisce, in tutta onestà, il mancato parricidio -, lungi dal realizzare
una presunta natura demoniaca del personaggio ne sancisce, infatti, più
semplicemente, la compiuta riappropriazione delle radici naturali e
culturali. E consente, ancora una volta, all'autore di sottolineare come
anche la contrapposizione frontale e distruttiva appartenga, possa appartenere,
all'incontro con il Diverso specialmente se una delle due culture, o parti,
riconosce come suoi principali valori fondanti la sopraffazione e l'annientamento
e manca di qualsiasi disponibilità all'intesa. Tra le tante opzioni sicuramente
la più sanguinosa e deleteria.
Le fa da immediato contraltare il ponte virtuale tra le "madri", con
i loro bimbi, e i papà-satiri, un ponte ad unire individui diversi,
culture diverse, mondi diversi. Un gradito ritorno (vedi albo
n.2) per
un messaggio di speranza e ottimismo in perfetto stile enochiano ;-).
Ma anche - ci pare - per chi ricorda le polemiche cui "Il corteo di
Dioniso" diede il via, un piccolo sassolino che l'autore si toglie dalla
scarpa ;-). Un buffetto scherzoso che non esitiamo ad accettare dopo
esserci commossi e insieme indignati davanti alla sofferenza, aver tanto
riso con gli impareggiabili pesanti e una scatenatissima Gea, aver partecipato
al dolore per le vite spezzate e ancora riso...
Merito di una solida sceneggiatura, lontana da ogni tentazione retorica,
capace di intrecciare con semplicità le sequenze più dolorose e intime -
raccontate con delicatezza, quasi con brusco pudore - con le scene di
segno diametralmente opposto, spassose e divertenti, infarcite di battute
salaci a suscitare una risata catartica, liberatoria. E che nei momenti
topici non esita ad affidarsi completamente alla forza emotiva ed evocativa
delle splendide immagini, abbandonando talvolta le parole e implicitamente
concedendo al lettore di ricostruire, "scrivendone" le battute -personalissime
- il flusso dei pensieri e delle emozioni dei personaggi rappresentati.
Le perplessità attengono ad elementi del tutto secondari: disturba la
plateale indifferenza di una quindicenne, per quanto eccentrica e abituata
a tutto, davanti allo scempio dei cadaveri all'interno del suo stabile,
solo in parte, in questa circostanza, giustificabile sulla base di una
sorta di "deviazione professionale"; ridondante la spiegazione data da
Thorwald sulla filosofia dei pesanti, essendo esplicitata dai fatti e
ripresa poi dalle parole di Leo. E considerando la penuria di giovani
arconti nel mondo di Gea, ci lascia quantomeno dubbiosi quel provvidenziale
cadavere abbandonato tra le rovine del carrozzone …
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Luca Enoch
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Non rinuncia, Enoch, a stupire il lettore. Lo anticipa, nelle
prime pagine, quel piombare ad ali spiegate del grifone - niente
più di un ombra poco sopra - addosso ai due cacciatori. Una figura
maestosa che, nel suo superbo volteggiare e dominare la città e le
vignette, riesce ad appagare con immediatezza gli occhi del lettore.
Difficile, altresì, resistere al fascino ambiguo del giovane
arconte naturalmente altero nel portamento, quasi sprezzante nelle
pose annoiate ed insieme tenero e protettivo negli affetti, esposto,
vulnerabile. Ignaro e confuso in quel breve, intenso sguardo scambiato
con una consapevole e disorientata Gea…
Gea e Angelo: temibili, e ancora
ignari, avversari disegni di L.Enoch (c) 2003
SBE
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E sono proprio queste le immagini che colpiscono nel profondo.
Quelle nelle quali Enoch sceglie di affidarsi ai volti, agli sguardi,
agli atteggiamenti lasciando che siano loro, con semplicità, a
raccontare gli stati d'animo, i sentimenti, le situazioni… Senza indugiarvi,
come sarebbe facile, quasi con ruvida discrezione, a suggerire più di
quanto non dicano le parole.
Ovviamente sono le sequenze più dolorose quelle che rimangono maggiormente
impresse ma … come sfuggire, ad esempio, alla carica tagliente della vignetta
a pag. 51 che racconta la banale quotidianità di una giornata lavorativa
all'interno della Freak Parade? A quell'immagine un po' defilata di Zek,
costretto nelle vesti di un insolito tritone, mentre in pausa, le spalle curve,
un telo a cingergli i fianchi, fuma una sigaretta aspettando il nuovo turno di
"visitatori?
Un albo importante, "Il figlio del tuono",
nel suo anticipare, con l'inserimento del giovane arconte, l'innalzarsi
del tono dello scontro. E nel suo mostrare, a distanza di otto numeri
- quasi a metà strada nelle intenzioni dell'autore - una Gea dall'"aria
diversa", per usare le parole divertite del pesante, parte a pieno
titolo della casta dei baluardi, non più semplice novellina ma membro
importante, dall'apporto fondamentale.
Tuttavia solo apparentemente il piano più immediato, legato all'evoluzione
dell'impianto generale, domina la narrazione. Gli si salda con naturalezza
l'altro meno intuitivo, sempre presente, solo a prima vista secondario,
che è il contesto sociale di riferimento - nelle sue spinte contraddittorie
- delle singole avventure. Quel piano su cui Enoch si muove, albo dopo albo,
per rivolgere al lettore l'invito a percorrere altre strade nel confrontarsi
con una "realtà", quella di Gea, che si conferma specchio non di rado sgradevole
della nostra società.
Un invito che di certo non ha deluso chi, ancora una volta, l'ha accolto.
Vedere anche la scheda della storia.
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