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| Parola d'autore |
Molta la carne al fuoco in questo numero: un lungo intervento di Vincenzo Beretta sul carattere del Martin Myst�re di oggi, rispetto a quello del passato, tratto dal newsgroup it.arti.fumetti.bonelli e la replica di Federico Memola (tratta dalla posta del sito ufficiale di Jonathan Steele) alle critiche rivolte alla sua nuova creatura.
Cominciamo con il fare una premessa importante: Martin Myst�re e' cambiato, e' vero. Io me ne sto accorgendo proprio ora, e per un motivo molto semplice: sto scrivendo il secondo "Nathan Never & Martin Mystere", e il Martin del futuro non e' quello del 1999, ma quello del 1987. Questo "secondo Martin" si e' quindi evoluto indipendentemente per cinque anni, e il succo del discorso e' che i due "Martin" ora sono diversi. La storia, come nel primo incontro, si apre e si chiude ai giorni nostri, con il Martin di "adesso", e, senza fare anticipazioni, posso dirvi che la chiave del prologo e dell'epilogo e' che il BVZM ne combina briosamente "una delle sue", una da Martin Mystere del 1999, di quelle che ormai Diana accetta con stoica rassegnazione. Nei dialoghi e nei comportamenti l'ho quindi tratteggiato esattamente come lo vediamo negli albi che sono in edicola ora. Ma quando poi sono passato al futuro mi sono reso conto che il personaggio che avevamo davanti non poteva essere lo stesso. Egli e' un Martin Myst�re che parte da come era psicologicamente nel 1987 (e ho riletto tutti gli albi di quel periodo), e che che ha avuto davanti a se' cinque anni di evoluzione psicologica senza l'apporto di figure chiave come Diana o Java, senza la possibilita' di affrontare finalmente i demoni del suo conflitto su Orloff, senza avere incontrato figure come Korg o Adam (e quindi essere entrato in contatto con le originali ideologie degli Uomini in Nero), e, soprattutto, catapultato in un mondo per lui completamente alieno (per non parlare del resto, ovvero della sua stessa natura, che non rivelero' per non rovinare la sorpresa a chi non ha seguito la saga...) Il risultato e' che egli si e' comunque "evoluto" ma necessariamente su un "binario" diverso dal BVZM del 1999. [Per fare un esempio banale e immediatamente visibile, il Martin del futuro va in giro su una "Ferrari" volante (idea che a Castelli e Serra e' subito piaciuta tantissimo!!] Questa e' stata la cosa che piu', personalmente parlando, mi ha fatto capire quanto Martin si sia cambiato negli ultimi anni... e personalmente trovo straordinario, mentre lo scrivo, vedere nello stesso albo a tutti gli effetti "due" Martin Myst�re, perfettamente coerenti con se' stessi eppure profondamente diversi. Castelli, che sta leggendo e approvando tutto quello che il Martin del futuro fa, ha commentato "Senza dubbio il 'nostro' e' stato piu' fortunato", ma una mia amica appassionata di Martin Myst�re, che sta seguendo la sceneggiatura, ha preferito commentare "Si', ma il Martin del futuro e' TROPPO FIGO!" Il resto lo decideranno i lettori ^___^) [Specifico subito qui, anticipando l'orrore cosmico che alcuni staranno per provare, che il Martin del futuro non e' diventato "Il Buon Vecchio Dark Knight" di Miller, "Il Buon Vecchio Zio Blade Runner" o altre cavolate. Egli e' e rimane * Il Detective dell'Impossibile *, ovvero logorroico, che spiega con gli occhi chiusi e il "mentone" puntando l'indice verso l'alto, ecc..., e che per puro caso si trova ad agire nel 2100... Inoltre, non dimentichiamolo, non ha problemi di eta', e non gli viene il fiatone :^) ATTENZIONE: Non che sia diventato un uomo d'azione o altro, ma semplicemente che quando corre per sfuggire ai proiettili non gli viene il fiatone, e nel futuro si corre di piu' tutto qui :))))] Fatto questo lungo prologo, passiamo a quanto avete scritto...
Shaggy:
VB:
Vincenzo Oliva:
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VO:
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VB: Cio' che volevo fare, insomma, era scrivere un Martin (era la mia prima storia) con quelle cose delle quali da lettore sentivo un po' la mancanza, e Castelli stesso mi disse che contava sull'apporto di nuovi sceneggiatori per dare alla serie quel * pizzico * in piu' di dinamicita' che lui, onestamente, non si sentiva portato per scrivere... Poi e' venuta Magic Patrol, e ho un po' abbandonato il BVZM, ma a tutt'oggi credo che la chiave per dare un minimo di dinamismo alle storie senza per questo tradire il Martin "moderno" sia comunque fare accadere sempre un pochino d'azione * intorno * a lui, senza che necessariamente egli si trasformi nel Kenau Reeves di "The Matrix" ogni volta che un cattivo spara. ^____^
VO:
VB:
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VB:
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VO:
VB:
VO:
VB:
VO:
VB:
E c'e' un'altra considerazione da fare, che in un certo senso
contraddice molto di cio' che abbiamo detto fin'ora: e cioe' che il
Quarto Gigante (e qui, seriamente, separiamo l'autore dal contenuto) a
sentire le lettere giunte in redazione e i commenti raccolti, e'
piaciuto davvero MOLTO proprio perche' era una specie di ritorno alle
origini. Molti commenti sono stati del tipo "Cavolo, i temi e le
avventure del MM di un tempo ma con la maturita' e la saggezza del
personaggio attuale! Che bello!"
Questo genere di commenti ci ha, sinceramente, lasciati un po' stupiti:
non ce li aspettavamo. Comunque, un secondo Mysterone sullo stesso stile
e' gia' in lavorazione (disegni di Filippucci) e, cosi' come questo
riprendeva la saga dei Kundingas, quello riprendera le fila della
"Citta' delle Ombre Diafane"... e vedremo cosa diranno i lettori :)))
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Giulio: A quanto detto aggiungo che ho 25 anni, leggo Tex ed altri fumetti cosiddetti diversi della Bonelli e che soprattutto, per capirci bene, sono entusiasta di Jonathan Steele. Vorrei allora capire se ho male interpretato questo concetto di semplicit� o, se cos� non �, perch� oggi si tende ossessivamente a creare e soprattutto pubblicizzare un prodotto avendo in mente un target preciso, senza fare magari lo sforzo di presentarlo come un lavoro per tutti. E ci� non vuol dire creare fumetti tutti uguali, ma anzi creare tanti tasselli unici in se stessi facenti parte per� di un solo mosaico. E questo perch�, secondo me, il linguaggio di un fumetto e pi� di ogni altro universale in tutti i sensi. Spero di non averti annoiato e di non aver scritto un delirio! Un saluto con tanta stima!
Federico Memola:
1) Il linguaggio semplice. Prima di tutto devo fare una precisazione, che molto probabilmente non ho fatto a Torino (mea culpa!). Io scrivo le storie di Jonathan con lo stesso spirito con cui scrivevo quelle di Zona X. La semplificazione di cui ho parlato si riferiva principalmente al fatto che in Jonathan Steele le storie avrebbero avuto sempre lo stesso protagonista, e non un gruppo di personaggi alla pari e nemmeno stabili. Questo perch� le serie di Zona X (e soprattutto La stirpe di Elan) erano strutturate come avventure a termine, cio� destinate a una conclusione. Ci� permetteva una struttura che non sarebbe ammissibile in una serie regolare (unica eccezione, quel capolavoro che � stato La storia del West di Gino D'Antonio, che per� � stata anch'essa pubblicata la prima volta all'interno di un'altra testata, ovvero la Collana Rodeo). Il fatto che la struttura di Jonathan Steele sia pi� lineare (o tradizionale, se preferisci), non significa che le storie debbano essere pi� ingenue, sono due discorsi diversi.
2) Il target. Anche qui sgombriamo subito il campo da un equivoco. Fare storie per ragazzi non significa fare storie per cretini, come molti invece pensano. Questo pregiudizio nasce a mio parere da due elemnti. Il primo � la concezione di "ragazzo", rimasta quella di svariati anni fa (potremmo discutere a lungo sul perch� certe tradizioni si tramandino immutate negli anni). la seconda, ben pi� grave, � l'atteggiamento dei media oggi nei confronti degli adolescenti. Mi spiego: oggi la preoccupazione pi� grande, di medici, sociologi e psicanilisti, � quella di censurare e semplificare ogni prodotto che potrebbe suscitare nei bambini e adolescenti dubbi e problemi, e tutto ci� si riflette, in un modo o nell'altro, nei mezzi di comunicazione. Ebbene, io non voglio certo insegnare il mestiere a tutta questa gente, ma un dubbio mi sorge: ai miei tempi (e io ho solo poco pi� di trent'anni!) mi avevano insegnato che affrontare dubbi e problemi fa parte della crescita e della maturazione di un individuo. E allora? E allora io sono cresciuto leggendo e guardando prodotti per ragazzi fatti in un certo modo (e che oggi sarebbero irrimediabilmente censurati!), ed � proprio lo spirito che trovavo in quei fumetti che voglio cercare di trasmettere ai ragazzi di oggi.
Questo, a mio giudizio, significa scrivere avventure "leggere", scorrevoli e divertenti, ma non ingenue o superficiali. Se continuerai a seguire Jonathan, probabilmente ti accorgerai di due cose. La prima � che le avventure sono semplici e fini a se stesse solo apparentemente, mentre in realt� nascondo una trama piuttosto complessa che emerger� poco a poco. La seconda � che ci sono temi ricorrenti nelle storie, temi a cui tengo molto e che, sotto aspetti diversi, ho affrontato anche nelle storie pubblicate su Zona X: la crescita, la difficolt� nei rapporti interpersonali, il senso di responsabilit�, e altri ancora. Temi che mi stanno a cuore e a cui non intendo rinunciare. Poi devo tenere conto per chi sto lavorando, ovvero la sergio Bonelli Editore, e quindi non posso far prevalere questi temi sull'avventura. Ma di certo (almeno questa � la mia intenzione), le mie storie hanno due piani di lettura, uno universale (la trama avventurosa) e uno pi� nascosto, che pu� scoprire chi vi � interessato. Detto ci�, ribadisco che il pubblico che io intendo raggiungere (ma per mia scelta filosofica, non per ordini superiori) � quello dei ragazzi, poi � chiaro che il fumetto pu� essere letto da chiunque a qualunque et�.
Alessandro:
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