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" Sulla rotta di Moby Dick "

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Pesca grossa

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“Chiamatemi Ismaele.
Qualche anno fa -non importa quando esattamente- avendo poco o nulla in tasca, e niente in particolare che riuscisse a interessarmi a terra pensai di andarmene un po’ per mare, e vedere la parte equatoriale del mondo”.

Le balene restino sedute
recensione di Giuseppe Pelosi



TESTI
Sog. e Sce.Tito Faraci    

Il libro

“E’ un modo che ho io di scacciare la tristezza, e regolare la circolazione. Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara; ogni volta che nell’anima ho un novembre umido e stillante; quando mi sorprendo a sostare senza volerlo davanti ai magazzini di casse da morto, o ad accodarmi a tutti i funerali che incontro; e soprattutto quando l’ipocondrio riesce a dominarmi tanto, che solo un robusto principio morale può impedirmi di uscire deciso per strada e mettermi metodicamente a gettare in terra il cappello alla gente, allora mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto.
Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un gran gesto filosofico Catone si butta sulla spada: io zitto zitto mi imbarco.”
Questo è l’inizio di uno dei libri più straordinari che siano mai stati scritti. Punto.

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Chi pesca chi?, disegni di Brindisi - (c) 2001 SBE

Chi è Moby Dick

Moby Dick è la balena bianca, la Sfinge di Edipo, la Natura cattiva con cui dialoga l’Islandese di Leopardi, è il colombre; è il rivo strozzato che gorgoglia, l’incartocciarsi della foglia riarsa, il cavallo stramazzato; è la diga del Vajont, l’incendio di Chicago, Pompei ed Ercolano; Moby Dick è Herman Melville, è John Houston, è John Henry Bonham.

Chi è Achab

Achab è l’uomo che non si arrende mai, Ulisse oltre le colonne d’Ercole (“infin che il mar fu sovra noi richiuso”), Beethoven il musicista sordo, è Don Chisciotte; è la pazzia, l’ossessione, la mania; è l’uomo di Maratona, gli Alpini che tornano dalla Russia, Armstrong sulla Luna; Achab è Herman Melville, è Gregory Peck, siamo noi.

Chi è Dylan Dog

Dylan Dog non è l’eroe di questa storia. Dylan Dog è Ismaele, il cronista, il testimone, l’unico sopravvissuto. E poi comunque lui non ci voleva essere, sul Pequod. Soffre persino di mal di mare. Dylan Dog, stavolta, è solo un personaggio a fumetti: può solo stare a guardare.

Chi è Tito Faraci

Un autore coraggioso, che si misura con miti immensi, letterari, cinematografici, fumettistici. Bisognerebbe rimproverarlo di ciò? Rimproverarlo perché come Achab sfida l’insfidabile? Perché affronta, temerario o incosciente, una sfida che sa di non poter vincere? No. Bisogna ringraziarlo perché ci regala un’altra volta Moby Dick. Questo Dylan Dog non può reggere il confronto, ma se convincerà qualche lettore ad affrontare il capolavoro, avrà raggiunto uno scopo alto; esattamente come questa piccola recensione. Accomunati a Faraci almeno nell’intento...



DISEGNI
Bruno Brindisi    

Chi è Bruno Brindisi

L’uomo che scende sulla rotta di Dino Battaglia. Altro bell’incosciente... Un grande disegnatore, che però qui risulta schiacciato da modelli e riferimenti più grandi di una balena, risulta schiacciato dal mito, mentre lui vorrebbe solo disegnare un fumetto; e, in definitiva, questo fa. Non gli rimproveriamo niente, né l’aver ben presente il maestro, né l’aver fatto denti alla balena, né il mancato capolavoro. Invece ringraziamo anche lui, per una balena spielberghiana, non priva, inevitabilmente, di una certa grandezza.



GLOBALE
 

Come è questo speciale?

Ci tocca sospendere l’incredulità di fronte a molte cose... Dobbiamo accettare il siero che fa passare a Dylan il mal di mare; mandar giù quella continua ricerca di battute tipica delle prime pagine, che forse vuol fare tanto marinaio, ma che in effetti cancella ogni possibile sensazione di realismo...; vedere l’improbabile essenza di Moby Dick, rappresentata come Myriam. e rivedere i morti che non sanno di esserlo...; credere che capodogli addestrati ad uccidere possano in qualche modo interessare a qualcuno, nell’era delle bombe atomiche...; constatare come il personaggio di Rachel sia stereotipato; insomma, ravvisare gli elementi più tipici del fumetto seriale, quella sana ingenuità che non solo non da fastidio, ma anzi, è proprio quello che cerchiamo, per il nostro ritorno all’infanzia. Solo che qui da un po’ fastidio: è Moby Dick quello di cui stiamo parlando... Troppe falle in questo Pequod. Eppure iniziative di questo genere, fumetti che rivisitano classici, ci sembrano sempre da sostenere; magari poi siamo noi a sbagliare, mettendoci a fare un impietoso confronto con l’originale: non è questo il senso di queste operazioni: qua non si creano capolavori, qua si fa sana divulgazione.
 

 


 
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