

Apocalisse Zombie
Scheda IT-LSTR-27
- Fattore Z, Il
sola contro gli Zombie
Come un horror movie
Il primo pensiero a lettura terminata è stato: "A me è piaciuta". Francamente, un pensiero stupito laddove si consideri che nella sua ormai lunga militanza bonelliana Giovanni Gualdoni non si è certo conquistato sul campo i gradi dell'acquisto a scatola chiusa. Anzi: all'acquisto ha contribuito unicamente il voler ancora - irrazionalmente - concedere credito a una testata che, dopo l'ottima partenza, e fatti salvi i lampi forniti da Paola Barbato e Alessandro Bilotta, virata la boa del primo anno ha rapidamente imboccato la china dell'imbolsimento e del più impiegatizio timbrare il cartellino.
Prima di adombrare equivoci è bene però intendersi: questa storia non
è un capolavoro e non è priva di difetti. I suoi bravi difetti li ha,
invece; ma ancora è una buona storia e si legge con piacere. È una
storia semplice, senza grandi significati nascosti, che mette in scena
un classicissimo horror movie; o, se preferiamo, una storia in tutto e
per tutto derivata.
Punto di forza della storia è certamente il
fatto che la genesi e le cause dell'apocalisse zombie non vengano
spiegate in alcun modo: si inizia in medias res e in medias res si
termina, senza che noi si sappia di più sull'origine della catastrofe
che scorre sotto i nostri occhi.
Un primo "difetto", che per altro e non a caso condivide con tanto
cinema hollywoodiano (e non solo B movies...), è senza dubbio di
presentare un/una protagonista, persona comune come può esserlo
ciascuno di noi, che sotto la pressione degli eventi si trasforma in
una sorta di eroe/eroina simil marvelliano/a. Nella fattispecie,
La psicologia dei personaggi ha lo spessore di una pellicola
cinematografica, il che alla fin fine non disturba nell'economia di
un'apocalisse zombie. In qualche modo, perfino, in un mondo oramai al
collasso e con ciascuno perfettamente eleggibile per la zombizzazione
potremmo vedervi la realtà del nostro mondo che, mimetica, già (si)
riflette (in) quella della marea ex umana degli zombie. Non è così,
chiaramente: difficile immaginare che Gualdoni riesca a drammatizzare
una simile scelta sulle sue pagine, ma ancora resta una lettura
possibile.
I dialoghi sono troppo spesso prolissi, forzati; oppure ancora banali,
quando non si perdono in precisazioni inutili o chiarimenti
ridondanti. O non scivolano in un tono isterico - hollywoodianamente
isterico.
Qualche difetto e parecchi pregi
Tuttavia un racconto non è solo i suoi difetti, e i difetti di un
racconto si possono accantonare se i pregi sono in grado di farli
dimenticare o passare in secondo piano.
Quell'occasionale eccesso didascalico che traspare da alcuni dialoghi
non diventa mai spiegazionismo bonelliano, e di questi tempi (decenni
ormai...) è oro colato. Punto di forza della storia è certamente il
fatto che la genesi e le cause dell'apocalisse zombie non vengano
spiegate in alcun modo: si inizia in medias res e in medias res si
termina, senza che noi si sappia di più sull'origine della catastrofe
che scorre sotto i nostri occhi.
Fatta la tara all'abito hollywoodiano cucito addosso alla
protagonista, la storia si dipana con il giusto ritmo - al punto
giusto concitato - e un crescendo emozionale che non lascia il tempo
di annoiarsi. E pazienza se ad esempio il personaggio di
Siamo miglia lontani dal recentissimo albo zombesco di Lukas, ma
leggiamo un'onesta e piacevole avventura. Non più di questo, ma
neppure meno. E certo dalla collana delle Storie ci si aspetterebbe di
più, è giusto rammentarlo; però spesso si è letto di meno.
I disegni di Marco Bianchini, sebbene magnificenti e sontuosi nella
veste grafica, non riescono a liberarsi del tutto di un retrogusto in
qualche modo dilettantistico e ingessato che spira dalle fisionomie ed
espressioni dei volti, dalle posture e dalle sequenze dinamiche.
Nonostante questo danno corpo all'impianto fondamentalmente realistico
della storia, e la livida colorazione usata rende tutta l'atmosfera
del racconto impregnata di un forte senso di presagio apocalittico.
Una volta avrebbe strappato la sufficienza piena, ma il nostro
mestiere non è dar voti ;-)
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