Bonelli nell'età neobarocca


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Il neobarocco e il fumetto

L’intero universo dei supereroi americani, dagli anni Sessanta in poi, presenta caratteristiche chiaramente neobarocche riassumibili in evidenti contrassegni: demolizione del ruolo classico dell’eroe; compiacimento grafico esibito e fine a se stesso; convulsioni narrative con conseguente perdita del centro della narrazione. Si pensi, in particolare, ai "supereroi con superproblemi" della Marvel, di cui è prototipo l'Uomo Ragno (ideato da Stan Lee e Steve Ditko nel 1962). Si pensi alle caratterizzazioni estreme di Jack Kirby o all’ipertrofia attribuita a tutti gli eroi Marvel e DC negli anni Novanta. O si pensi alla raffigurazioni dell'Uomo Ragno di Todd McFarlane.

Lo Spider-man di Todd McFarlane

(c) Marvel Comics

Lo Spider-man di Todd McFarlane<br><i>(c) Marvel Comics</i>
Rappresentazioni, quelle dell'autore canadese, in cui gli elementi figurativi sopravanzano i contenuti narrativi. Le decorazioni spadroneggiano incontrastate, in particolare quelle riferite ai dettagli della tela del Ragno che invadono il campo della scena principale sino quasi a soffocarla. Un inesauribile proliferare di nodi che non hanno senso ma solo il fine di sconvolgere la scena in un disordine figurativo che ha come risultato il riempimento della tavola, come se si volesse esorcizzare per sempre un inconscio horror vacui. E come non citare l’intrigata e interminabile saga del clone che coinvolse l’Uomo Ragno alla fine degli anni Novanta? L’avventura basa i suoi contenuti barocchi sull'estenuante ribaltamento dei ruoli e delle identità fra Peter Parker e il suo clone, creato dallo Sciacallo (Jackal), dietro cui si cela Miles Warren scienziato e professore di chimica dello stesso Peter. Ideata per suscitare scalpore e rinnovato interesse nei confronti della serie, l'avventura ebbe come principale effetto quello di sconvolgere i lettori con una sarabanda di identità che si rubano i ruoli sulla scena, complicata da intricate contorsioni narrative.
E, visto che abbiamo parlato di McFarlane, è doveroso includere, in una rassegna del neobarocco supereroistico, tutta la Image Comics, di cui l'autore canadese sarà uno dei fondatori, casa editrice che privilegia l'eccesso delle immagini sulla sostanza delle storie.

Il neobarocco e il fumetto italiano

In Italia è Manara, assieme allo sceneggiatore Pisu, forse il primo a realizzare un’opera con evidenti connotazioni neobarocche. In Alessio, il Borghese rivoluzionario sono spezzettati, per essere offerti, svelati, al pubblico i meccanismi costituenti la narrazione e la sceneggiatura.

Alessio, eroe senza volto
alteralter, novembre 1977, pag. 62

(c) 1977 Milano Libri Edizioni

Alessio, eroe senza volto<br>alteralter, novembre 1977, pag. 62<br><i>(c) 1977 Milano Libri Edizioni</i>
Anche nella saga di H.P. e Giuseppe Bergman, Milo Manara lavora giocando con il personaggio come con una marionetta. L'autore si diverte a scomporre i meccanismi narrativi per offrirli alla curiosità del lettore. Il dispiego della sceneggiatura si arricchisce di riflessioni, contestuali al racconto ma nello stesso tempo esterne, sul significato della vicenda in sé, ma anche sulla sostanza della narrazione. Sono questi ingredienti neobarocchi che Manara utilizzerà con effetti (per il tempo) rivoluzionari.

Bonelli e il neobarocco: una inesorabile concessione

Dylan Dog è uno dei primi esempi, in Italia, di gusto neobarocco trasferito al fumetto popolare e seriale. L’uso frequente della citazione, la proposta di finali aperti o che riportino la situazione allo stato iniziale della narrazione, il ribaltamento dei ruoli tradizionali (i mostri che divengono vittime, le persone "perbene" che esprimono caratteristiche interiori mostruose) sono le più evidenti caratteristiche neobarocche del fumetto ideato da Tiziano Sclavi.
Con l'eccezione di Dylan Dog le tendenze più palesemente neobarocche, che proliferano intanto nel fumetto, stentano a farsi largo nel seriale bonelliano che difende una tradizione la quale, in larga parte, si basa sulla centralità della narrazione e sulla positività di un unico personaggio che è poi quello che dà la denominazione alla testata.
Le avvisaglie di neobarocco che fanno capolino in casa Bonelli appaiono dunque piuttosto mascherate, mentre quel gusto esplode in maniera eclatante in tutti gli aspetti della cultura.
Per restare in un contesto europeo, il gusto neobarocco divampa senza limite nelle storie dei sedicenti Humanoïdes Associés. Autori quali Philippe Druillet, Jean Giraud (Moebius), Enki Bilal portano una ventata anarchica e innovativa che stravolgerà la concezione tradizionale del fumetto, influenzando nettamente anche la produzione statunitense.
Nel contempo personaggi come Ken Parker e Martin Mystere, senza sfociare in un evidente neobarocchismo, procedono a un riassestamento del centro narrativo alla ricerca di nuovi equilibri che non siano più quelli tradizionali. Ancora l'attenzione si concentra sulla personalità del protagonista, eppure le storie offrono sfaccettature maggiormente variegate, si aprono a lunghissime citazioni, mettono in piazza i meccanismi della narrazione, realizzando così effetti subdolamente neobarocchi.
Effetti che si sono isteriliti con il passare del tempo stravolgendo Martin Mystere in una trasfigurazione contrassegnata da un barocchismo detereriore. L'uso per la citazione e per l’autocitazione sono diventati elemento soffocante per lo stesso sviluppo narrativo. Il personaggio (il Buon Vecchio Zio Marty) è divenuto una citazione di se stesso che il lettore avverte come inanimata, ora ingombrante ora pretestuosa. L'eccesso di ironia nei confronti dei meccanismi narrativi causa aspetti parodistici, a volte fuori luogo, in cui i personaggi di contorno assumono connotazioni di vere e proprie macchiette.
Ma è con le recenti miniserie che la Bonelli ha ceduto apertamente agli effetti del neobarocco. E, più che una temporanea concessione, pare che si tratti di una apertura a trecentosessanta gradi.
Il Caravan di Medda è il prodotto che include le più significative caratteristiche neobarocche. In Caravan si verifica lo spostamento della narrazione in una pluralità di luoghi narrativi i quali non risultano assolutamente strategici rispetto a un punto unico che leghi le diverse coordinate del racconto. In effetti non esiste un vero e proprio centro narrativo in quanto l'intera serie si basa su un evento che è un evidente pretesto. Medda costruisce una realtà coerente (addirittura "verista", è stato detto nella critica al n. 9), la utilizza per trasmettere il proprio messaggio e poi la dissolve mostrando in maniera spregiudicata al lettore il nulla su cui era costruita la propria finzione.

Scusate abbiamo scherzato...
Caravan 12, p. 95

(c) 2010 Sergio Bonelli Editore

Scusate abbiamo scherzato...<br>Caravan 12, p. 95<br><i>(c) 2010 Sergio Bonelli Editore</i>
Policentrismo narrativo, esasperazione della finzione ed esibizione sfrontata dei meccanismi narrativi sono i gli elementi neobarocchi su cui Medda costruisce la serie.
Ma, assieme a Caravan (come esempio di atteggiamenti imprevisti in casa Bonelli) è obbligatorio citare l'ambiguo e doloroso episodio conclusivo della serie Jan Dix di Carlo Ambrosini, quale vivido esempio di una tendenza stilistica che punta a sconvolgere e disorientare la mente e l'animo del lettore.

La malvagità degli eroi

Un mutamento significativo rispetto a un centro ideologico compiuto e positivo, attorno a cui avevano un tempo gravitato i personaggi Bonelli, nella direzione di una periferia di valori confusi se non addirittura connotati da pura malvagità, è ulteriore indice della svolta neobaracca della Bonelli che trova rispondenze in alcune ultime miniserie. Il Greystorm di Serra, ad esempio, è caratterizzato dall'enigmaticità caratteriale del protagonista che si trasforma, numero dopo numero, in inquietante malvagità, assolutamente inconsueta per un "eroe" bonelliano. Elementi neobarocchi si riscontrano nell'esibita contaminazione dello stile del fumetto moderno con un genere e uno stile (quello del romanzo di fine Ottocento, Verne) assolutamente estraneo, con le conseguenti esplicite ed implicite citazioni. La stessa copertina appariscentemente curata, allusiva di altre epoche ed altri stili, le decorazioni grafiche, il font utilizzato, il capitoletto a inizio storia che collega i vari capitoli narrativi a fumetti, sono propri di un gusto citazionista e decorativo. Anche se in Greystorm si presentano elementi narrativi molto tradizionali questi sono però mixerati in un contenitore assolutamente neobarocco.

Greystorm 1
copertina di GianMauro Cozzi

(c) 2009 Sergio Bonelli Editore

Greystorm 1<br>copertina di GianMauro Cozzi<br><i>(c) 2009 Sergio Bonelli Editore</i>
Per quanto i personaggi di Luca Enoch non facciano testo nel contesto bonelliano, in quanto strutturalmente atipici, si deve osservare come, a differenza della positiva Gea, Lilith, l'assassina, varchi i limite del tempo recando con sé un patrimonio interiore, seppure non volutamente malvagio, però assolutamente amorale.
Anche nella serie ultima arrivata, Cassidy vaga in un orizzonte morale assolutamente indefinito,in cui i valori del protagonista, ammesso che esistano, sono assolutamente eccentrici rispetto a quelli della società civile. La struttura narrativa, evidentemente "hard boiled", di Cassidy, un probabile finale espiativo (che al momento si intravede appena) e i pochi numeri al momento pubblicati, impediscono di collocare la serie, definitivamente, in contesto neobarocco. Purtuttavia si registra la presenza di valori assolutamente disomogenei rispetto ai tradizionali bonelliani.
Al di fuori della sfera Bonelli il gusto neobarocco trova in John Doe la sua più significativa espressione. E' un fumetto, quello pubblicato dalla Editoriale Aurea, contraddistinto da un palese e autocompiaciuto uso della citazione, da effetti narrativi roboanti e circolari, in cui i centri narrativi si sovrappongono e si sostituiscono più volte nel corso della serie.

Quale significato dalla lezione

La Sergio Bonelli Editore non si rappresenta come avveniristico precursore di tendenze neobarocche. In determinate testate sono comparse evidenti caratteristiche neobarocche, però inserite con cautela, mimetizzate fra gli elementi più tradizionali. Attualmente pare che l'editore abbia ceduto senza riserve a un certo gusto o forse pone limiti meno severi ai propri autori, i quali, conseguentemente, inseriscono nelle storie, con generosità, gli elementi che più si avvicinano alla forma culturale dominante che è quella neobarocca.
Il gusto neobarocco è evidente in quel che ci circonda ed ha invaso e travolto i media in maniera irreversibile.
Che ci piaccia o meno siamo immersi nel neobarocco che è il risultato estetico della nostra storia. Percepiamo il gusto neobarocco quotidianamente, anche se magari gli attribuiamo nomi diversi (ad esempio il termine più generalista: "postmoderno"). E' neobarocca la ricerca della sperimentazione e della novità ma anche l'indugiare sugli eccessi, lo studio dell'effetto a sorpresa. Una civiltà che ha espresso oramai tutto si sente sempre più affascinata da soluzioni culturali inesplorate. Ma quasi tutti i sentieri sono stati percorsi e le nuove strade che vengono battute hanno il fondo selciato di bizzarrie. Mano mano che nuove soluzioni vengono rinvenute ogni creatività, anche la più fertile, fa fatica ad escogitare effetti che possano ancora sorprendere. Allora si cade nella maniera, nell'abbaglio effimero, nell'effetto che stupisce solo per un attimo, nella decorazione superficiale e di contorno, un po' come le cornici barocche così ricche di orpelli e di volute da sopraffare l'immagine del dipinto che avrebbero dovuto semplicemente incorniciare. Questo vuoto decorativo privo di contenuti si impadronisce facilmente delle forme culturali popolari di comunicazione, le più suscettibili, per la natura dei loro fruitori, a essere sedotte da effetti sorprendenti ma vacui.
E il fumetto, che rientra a buon diritto nelle forme artistiche e di comunicazione popolare e di massa, sicuramente non è stato e non è immune da una contaminazione neobarocca degenerata nella leziosità e nella maniera fine a se stessa.
E' lasciata all'attenzione degli analisti, ma anche alla cura del lettore, distinguere l'eccellenza del neobarocco dal goffo manierismo: il primo va premiato il secondo, implacabilmente, bocciato.